Una perenne campagna elettorale sta logorando il Paese
- di: Redazione
La situazione della politica italiana, se giudicata da un alieno giunto da una lontanissima galassia, apparirebbe ridicola se non fosse tragica. Non che, dalle nostre parti, accadano cose esclusivamente riconducibili all'italico sistema politico, ma è che, da noi, tutto viene drammatizzato, nel senso letterario (e non letterale) del termine. Tutto quello che accade sotto il nostro sole è sempre pretesto per proseguire nello sport nazionale: la campagna elettorale, che in Italia corrisponde, al secondo, al tempo che intercorre tra la fine di una consultazione e la data fissata per la successiva.
La politica italiana si traduce ormai da troppo in un'infinita campagna elettorale
Non ci sono tempi morti: la macchina da ripresa parte subito e coloro che ritengono di dovere essere protagonisti fanno di tutto per essere sempre al centro dell'inquadratura. Spesso, con tanti saluti ai contenuti. E non ci si illuda che questo accade solo per personaggi di secondo piano, perché ormai è Barnum perenne, senza che mai qualcuno dica: ragazzi, fermiamoci prima di cadere nel ridicolo.
Ma è difficile perché ogni occasione appare la migliore per mettersi in mostra. Capiamoci, non è che in altri Paesi accadano cose molto diverse. Negli Stati Uniti, nel momento in cui viene ufficializzata la vittoria di un candidato alla Casa Bianca, si comincia già a pensare alle elezioni di medio termine, che si svolgono esattamente due anni dopo.
In Italia però è leggermente diverso perché le elezioni politiche sono inframezzate dagli appuntamenti amministrativi che, a seconda del risultato, quindi a posteriori, vengono santificati o minimizzati. E' ''l'Italia del nostro scontento'' dove tutto va male se favorisce gli avversari e questo è un ciclo continuo, perché di tempi morti la politica non ne prevede proprio.
La campagna elettorale per le politiche dell'anno prossimo (sempre che venga rispettata la scadenza naturale) è partita da tempo, senza risparmiare colpi bassi. Ormai ci dovremmo avere fatto l'abitudine eppure ci sorprendiamo ogni volta dello scadimento degli argomenti della nostra politica, dove si specula su tutto, senza chiedersi se è lecito o no, se è giusto o no. E chi se ne frega se tutto questo mette a rischio un piano (il Pnrr) su cui tutta l'Italia punta per sperare di uscire dalla crisi.
D'altra parte, cosa ci si potrebbe attendere di diverso da un Paese che non riesce ancora a dare delle regole che, ad esempio, impediscano a chi viene eletto in un partito di cambiare casacca al primo stormire di fronde? Il caso dei Cinque Stelle è paradigmatico perché, da partito egemone che erano nel 2018, oggi sono disintegrati per effetto del loro peccato originario, quello di essere un collettore del disagio della gente, ma senza proporre una base ideologica nella quale riconoscersi. La variegata compagine non ha saputo fare tesoro di questa peculiarità, dando a tutti l'illusione che quel ''uno vale uno'' fosse realtà e non una frase utilizzata per abbindolare il popolo elettore.
Quando si sono accorti che il potere è bello, non riuscendone ad ammortizzare la perniciosa seduzione che colpisce chi ne gode per la prima volta, hanno pensato di essere titolati ad accaparrarsene quanto più possibile. Domani qualche politologo più attento al quadro generale e non al particolare riuscirà a tracciare la parabola di un partito che perde i pezzi per strada, spesso con motivazioni che sfuggono alla comprensione delle persone normali, tra ammiccamenti ed allusioni che sono chiarificatrici solo pochi iniziati.
Così un movimento che doveva determinare la catarsi del Sistema s'è fatto Sistema esso stesso. Con tanti cari saluti alla nostra povera Italia.