Brescia, la nuova sfumatura sulle toghe rosse

- di: Barbara Bizzarri
 

C'è molto, molto di ipocrita nel continuo invito alle donne perché denuncino stalker, assassini in fieri, picchiatori di tutti i generi e di tutte le età: inviti che poi, puntualmente, si traducono nell’ennesimo delitto, perché lo Stato che assegna la scorta a uno scriteriato senza cervello né coscienza civica che, contro ogni normativa di legge e ogni buonsenso ha, guarda un po’ il caso, un fucile pronto all’uso e a portata di mano per uccidere un’orsa, specie protetta e teoricamente tutelata (c’è nessuno???), è lo stesso che invita le vittime di abusi, quando finalmente riescono a varcare la fatidica soglia del Commissariato o di una qualsiasi stazione di polizia, ad avere pazienza, a lasciar perdere, oppure a sentirsi dire che non si può fare niente. Loro la scorta non la meritano, evidentemente. A questo lassismo totale, a questa ennesima presa in giro si è aggiunta da poco anche la “conformazione culturale”, grazie alla fanfaronata (appena approdata al CSM) di un Pubblico Ministero in quel di Brescia la cui unica, evidente missione, è demolire il diritto.

Brescia, la nuova sfumatura sulle toghe rosse

Una donna originaria del Bangladesh e cittadina italiana ha denunciato il marito per maltrattamenti: dato che, spesso, in certi contesti ci si sposa anche fra parenti, è stata venduta al cugino per 5mila euro. Meno di una Panda usata, nella solita storia aberrante di un matrimonio combinato in una società per cui se la donna non è sposata e madre vale meno di zero. In tutto ciò, ovviamente, il cugino-coniuge la tratta come una proprietà di poco valore. Minacce, botte, insulti, obbligo di indossare abiti islamici. Eppure, secondo il Pm, questa sequela di crimini è frutto di un “impianto culturale” e, in quanto tale, non punibile. Da qui la richiesta di assoluzione, rigettata dal Gip. La sentenza è attesa fra un mese. Intanto, come prevedibile, la Procura di Brescia tace sull’ennesimo, sconcertante delirio che sta trascinando l’Italia in un nuovo oscurantismo, e non risulta che il Pm in questione sia stato mandato a zappare, cosa che probabilmente potrebbe fare meglio e con più costrutto rispetto alle sconcezze che ha avuto il coraggio di sostenere in tribunale.

Di certo, non è il solo che si dimostra palesemente indegno del suo mestiere (Palamara docet): sono ancora troppe le sentenze assolutorie nei confronti di stupratori e molestatori di donne e bambini. Sarebbe interessante sapere quanti siano i magistrati in linea con il suo pensiero ma, a giudicare dai verdetti, sicuramente parecchi. Ogni giorno si riportano casi di uomini violenti e violentatori rimessi in libertà con sentenze folli che di fatto legittimano maltrattamenti e coartazioni, spacciando le violenze contro le donne come caratteristiche culturali, consuetudini derivate dal contesto di provenienza, come quel giudice, anche in questo caso una donna, a significare quanto siano sempre le peggiori nemiche delle altre donne, che ha assolto un immigrato sostenendo che "nel suo Paese di provenienza lo stupro non è reato" e perciò l'imputato non sapeva di commettere un crimine. Ma se è vero, ed è vero, che ignorantia legis non excusat, e che in ogni caso considerare una violenza carnale “normale” e accettabile è da delinquenti acclarati da cacciare in galera sine die, ebbene, questi miserrimi rappresentanti della Legge dovrebbero essere tutti licenziati in tronco.

Invece, la giustizia de’ noantri, con un ineguagliabile calembour di quelli che le sono propri, fissa un altro pericolosissimo precedente atto ad avallare ogni tipo di nefandezza con la scusa della conformazione culturale, l’ultimo tassello per trasformare definitivamente l’Italia in un Far West dove ogni criminale può avere la certezza di farla franca, come e più di ora. Donne lapidate? Conformazione culturale. Stupri a qualsiasi ora del giorno e della notte? Conformazione culturale. Bambine di otto anni date in spose a vecchi, rispetto a loro, quarantenni? Conformazione culturale. Zoofilia, incesto, e via di orrore in orrore? Tutto giustificato in nome della conformazione culturale: vuoi che non esista una qualche tribù in cui sia obbligatorio sposare la propria sorella oppure, chissà, una capra, e magari pestarla a sangue come hanno fatto i delinquenti di Anagni, scivolando in un abisso che, si spera, li scruti a lungo bene in faccia? Non sarebbe più semplice asserire, non vogliamo più fare il nostro lavoro, ovvero amministrare la giustizia, perché è tanto più comodo e remunerativo vivere così, col sole in fronte? Tanto chi può, chi conta, chi si è già riempito le tasche di soldi se ne va, oppure è già scappato, e che la plebe inchiodata nelle città, prossime prigioni a tempo dove si rischia già la pelle ogni giorno, si arrangi. In effetti, aspettarsi ancora un minimo di onestà intellettuale è fin troppo ingenuo in un paese, volutamente minuscolo, che diventa giorno dopo giorno e da almeno tre anni sempre più simile a un lager a cielo aperto.

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