Anche Brembo vola in Olanda. Per pagare meno tasse? No, per la "crescita globale"

- di: Redazione
 
L'imposizione fiscale nei Paesi Bassi, e il regime complessivo che l'accompagna, è, per così dire, molto attrattiva, diventando, per le casse dello Stato olandese, un bancomat che si rimpingua anno dopo anno grazie alla migrazione di decine e decine di società, gruppi e conglomerati che, fatti due conti, sanno che lì risparmieranno.

Da questo punto di vista l'Italia è un forte contributore del fenomeno della 'emigrazione fiscale', tanto che oramai la maggior parte delle più importanti (in termine di utili) società del Paese hanno deciso di piantare le tende nella accogliente Olanda, non certo per godere della vista di tulipani e mulini a vento.

Davanti a questa che è innegabilmente una scelta di opportunità (se posso risparmiare sulle tasse, perché non farlo?), si possono dare tutte le spiegazioni di questo mondo, a patto che siano credibili e non invece uno schermo morale che si vuole alzare per evitare giudizi non positivi. Eppure accade ancora, come nel caso di Brembo, eccellenza italiana nel mondo per quanto riguarda i sistemi frenanti, che presenta una decisione che ha precise motivazioni (tutte rispettabili), come quella di spostare la sede legale in Olanda, come fosse quasi un regalo al Paese e un riconoscimento all'italico orgoglio, motivandola come una accelerazione alla ''crescita globale del Gruppo''.

Anche Brembo vola in Olanda per la "crescita globale"

Ci sta anche che questa ricollocazione geografica, per abbracciare il diritto olandese, possa avere delle positive ricadute logistiche, ma di certo a prevalere sono le motivazioni meramente di risparmio, a fronte della sottolineata volontà di rafforzare Brembo sul fronte del mercato globale dell'automotive, come si legge nel comunicato del gruppo. Brembo precisa, comunque, che ''la residenza fiscale così come tutte le attività e le persone rimarranno in Italia'', così come le azioni continueranno ad essere quotate su Euronext Milan di Borsa Italiana.

Comunque, ci tengono a precisare i piani alti della società, l'operazione ''consente a Brembo di rafforzare la propria vocazione internazionale e di avvalersi di una solida base per un ulteriore sviluppo su scala globale, preservando al contempo la propria identità italiana e la storica presenza in Italia''.

Brembo, lo scorso anno, ha registrato un soddisfacente stato di salute, avendo generato ricavi netti pari a oltre 3,6 miliardi di euro, cioè + 30,7% rispetto ai 2,8 miliardi di euro dell'anno precedente.

A fronte di un ''percorso di crescita'' che ha consentito a Brembo di acquisire una ''dimensione sempre più globale, con uno sviluppo del fatturato concentrato principalmente in Nord America, Europa e Cina'', ecco che lo spostamento della sede legale nei Paesi Bassi viene spiegato con la volontà di creare le condizioni idonee per la crescita futura di Brembo, anche per linee esterne, ''a vantaggio dei suoi azionisti e stakeholder''. Ma, a svelare l'obiettivo vero dell'operazione è leggere, nel comunicato di Brembo, che grazie allo spostamento della sede legale ''beneficerà di un ordinamento giuridico in grado di valorizzare la dimensione globale del business raggiunta dal Gruppo''. Insomma, un modo elegante di dire che si va laddove si risparmia: bastava spiegarlo...

Brembo ha un bel dire, per bocca del sua presidente esecutivo, Matteo Tiraboschi (nella foto), che ''l'operazione non incide invece sul business, l’identità, la cultura e la presenza di Brembo in Italia e nelle aree del mondo dove operiamo''. La sostanza rimane ed è la stessa che ha portato decine di realtà italiane, quelle che, pomposamente definiamo eccellenze, a salire sul primo aereo per Amsterdam. L'elenco è lunghissimo e comprende il Gotha dell'economia italiana. Brembo diventerebbe la settimana società del FTSE MIB con un ISIN che inizia per NL (la sigla dei Paesi Bassi), insieme a Campari, Iveco, Stellantis, Ferrari, CNH Industrial, STM.

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