Parigi 2024, Boxe: no ai mondiali perché "non donna", sì invece ai Giochi e domani incontra un'italiana

- di: Redazione
 
Qui non si tratta di eguaglianza tra i generi, sulla quale Italia Informa, da sempre, conduce le sue battaglie per cancellare ogni disparità.
Il discorso, nel caso dell'atleta algerina lo scorso anno non ammessa ai mondiali di boxe, ma che incrocerà i guantoni con una pugile italiana a Parigi 2024, è del limite tra intelligenza e follia, tra la capacità di fare funzionare i neuroni o lasciarli all'ammasso del conformismo, del corretto politicamente, anche quando corretto non è.
Imane Khelif, ha 25 anni, è di nazionalità algerina e, per non cadere nella banalizzazione del problema, è anagraficamente parlando donna, anche se in molti - basandosi non si sa bene su quali fonti, che non sia il suo aspetto fisico - la definiscono transgender, facendo capire che ha ultimato la transizione dal sesso con cui è nata.
Da anni combatte da donna nel ring ed ha anche un ottimo record.

Parigi 2024, Boxe: no ai mondiali perché "non donna", sì invece ai Giochi

E allora perché il fatto che domani sfiderà l'italiana Angela Carini in un incontro per la categoria welter sta scatenando un putiferio?
Non per motivi regolamentari, perché Imane Khelif, come peraltro la taiwanese Lin Yu-tin, sono state ritenute idonee a combattere con avversarie donne e nemmeno perché a guardarle di femminile hanno poco, a cominciare dalla complessione fisica.
E' che lo scorso anno i test prima dei Mondiali, per accertare quanto testosterone (secreto, negli uomini, dai testicoli e nelle donne dalle ovaie e dalla corteccia surrenale, ma in quantità molto inferiore) fosse nel loro organismo, diedero esito negativo poiché a tutte e due fu riscontrato una presenza anomala, in termini di quantità, dell'ormone.
Quest'anno invece quel quadro è mutato e quindi le due atlete sono state autorizzate a combattere. Ma questo non toglie nulla al fatto che il loro fisico tendenzialmente dovrebbe metterle in condizioni di prevalere su avversarie ''semplicemente donne''.

Non è una vicenda nuova nello sport. Nell'atletica leggera, ad esempio, prima di essere fermate e riammesse solo per distanze in cui il testosterone non ha effetti sulle prestazioni, hanno ottenuto record e vittorie in competizione mondiali. Come la sudafricana Carsten Semenya, due volte campionessa olimpica e tre volte campionessa mondiale negli 800.
Il caso di Imane Khelif è ancora più sintomatico della delicatezza del problema perché è fisicamente prestante, molto più di qualsiasi altra avversaria affronti, anche se non è detto che alla fine la forza debba necessariamente prevalere sulla tecnica (Ray Sugar Leonard insegna: la sua agilità ebbe la meglio sulla enorme potenza di Carlos ''mani di pietra'' Duran, Marvin ''Marvelous'' Hagler , Wilfred Benitez e Floyd Mayweather sr).

Ma le differenze nello sviluppo sessuale non fanno automaticamente diventare Khelif e Lin, per essere crudi, ''ex uomini'', fermo restando che di femminile, almeno secondo i canoni tradizionali, non hanno molto.
Fatto sta che quel che lo scorso anno non era stato loro consentito, oggi lo è, ben sapendo che il caso sarebbe esploso.
Le reazioni sono arrivate e continuano anche in queste ore, anche se molte poggiano su una condizione - quella di transgender - che manca di ufficialità.

Eugenia Roccella, ministra per la Famiglia, dice che sorprende il fatto che ''non vi siano, a livello internazionale, criteri certi, rigorosi e uniformi, e che proprio alle Olimpiadi, evento simbolo della lealtà sportiva, possa esserci il sospetto, e assai più del sospetto, di una competizione impari e persino potenzialmente rischiosa per una dei contendenti".
Che è poi il nodo cruciale della questione, cioè l'evidenza che la diversa complessione fisica (e con essa della massa muscolare) agevoli atlete, che sino a pochi mesi avevano un tasso di testosterone oltre i massimi, nei confronti di contendenti normodotate almeno secondo i parametri femminili.
Angela Carini, prossima avversaria dell'algerina, dà una risposta che farebbe la felicità di Maurizio Ferri, quello del ''non capisco, ma mi adeguo''. "Io - dice Angela - devo adeguarmi a quello che ha deciso il Cio, quindi domani andrò sul ring e darò tutta me stessa".

E sarà un incontro difficile, come si capisce dalle reazioni di chi ha incontrato l'algerina e che si porta dietro il ricordo di colpi durissimi, molto più duri di quelli mai scambiati in incontri donna-donna.
Dire, come hanno fatto tanti esponenti politici, tutti di uno schieramento e non solo di un partito, che domani un uomo picchierà una donna non è corretto. Forse nei fatti è così, ma non per il Comitato internazionale olimpico che appena ieri ha spiegato l'arcano che aleggia intorno alle sue determinazioni.
''Sono donne nel loro sport - ha spiegato Mark Adam, portavoce del Cio - e abbiamo stabilito che si tratta di donne. Queste atlete hanno gareggiato più e più volte prima di Parigi per molti anni, non sono arrivate all’improvviso. Hanno gareggiato a Tokyo nel 2021. Si tratta di atlete che hanno boxato da sempre con le donne e che rispettano tutte le regole di ammissibilità previste da questi Giochi. La federazione deve stabilire delle regole per garantire che ci sia equità ma, allo stesso tempo, ci sia la possibilità per tutti di partecipare. Questo è un equilibrio difficile''.

La faccenda era anche giunta all'attenzione del Coni, che si era mosso per tempo, pur con discrezione vista la materia. Giovanni Malagò, presidente del nostro Comitato olimpico, ha spiegato che ''il Cio ci ha assicurato che sono state fatte verifiche ormonali e scientifiche e che pertanto Imane Khelif può gareggiare da donna".
E allora perché l'esclusione dai mondiali dello scorso anno?
Spiegazione banale: i parametri adottati dell'International Boxing Association (che nel 2023 non accettò l'algerina e la taiwanese ai Mondiali), in presenza di cromosomi XY, non ne consentivano l'ammissione ''garantire integrità e equità della competizione''.
E a Parigi 2024 perché sì? Perché il sistema di valutazione della Paris 2024 Boxing Unit è del CIO.
Quindi, un motivo meramente organizzativo-amministrativo ha creato una diseguaglianza sin troppo manifesta. Come vedranno coloro che domani assisteranno, attorno al ring o da casa, all'incontro nella speranza che sia normale e non la celebrazione di un'ingiustizia della quale Imane Khelif (come Lin Yu-tin) non ha alcuna responsabilità e non meritano gli attacchi che già la stanno colpendo.
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