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Mercati asiatici in forte calo, Tokyo -3,07%. Timori commerciali e attesa per i dati sull’inflazione USA

- di: Matteo Borrelli
 
Mercati asiatici in forte calo, Tokyo -3,07%. Timori commerciali e attesa per i dati sull’inflazione USA
Le principali borse asiatiche hanno registrato significative perdite nella giornata odierna, influenzate dalle preoccupazioni per le tensioni commerciali globali e dall’attesa per i prossimi dati sull’inflazione negli Stati Uniti.

Andamento delle principali borse asiatiche
Tokyo: L’indice Nikkei 225 ha chiuso in ribasso del 3,07%, riflettendo le preoccupazioni degli investitori riguardo alle politiche commerciali statunitensi e al loro potenziale impatto sull’economia giapponese. 
Shanghai: L’indice Composite ha aperto la seduta in calo dello 0,40%, attestandosi a 3.374,66 punti, mentre Shenzhen ha registrato una diminuzione dello 0,56%, chiudendo a 2.079,85 punti. 
Hong Kong: L’Hang Seng ha subito una flessione del 3,52%, chiudendo a 22.884,48 punti, con gli investitori preoccupati per le possibili ripercussioni delle tensioni commerciali sulla regione. 
Seoul: Il KOSPI ha registrato una perdita dello 0,73%, chiudendo a 2.621,75 punti, influenzato dalle incertezze globali e dalle tensioni commerciali. 
Mumbai: L’indice BSE Sensex ha chiuso in calo dell’1,37%, riflettendo le preoccupazioni degli investitori riguardo all’impatto delle politiche commerciali globali sull’economia indiana. 
Sydney: L’S&P/ASX 200 ha registrato una diminuzione dello 0,11%, chiudendo a 8.511,4 punti, con il mercato australiano influenzato dalle tendenze negative globali. 

Mercato valutario e obbligazionario

Sul fronte valutario, l’euro è rimasto sostanzialmente invariato rispetto allo yen giapponese, con un modesto aumento dello 0,04%. Analogamente, l’euro ha mostrato una variazione trascurabile nei confronti del renminbi cinese (-0,11%) e del dollaro di Hong Kong (-0,08%). 
Per quanto riguarda il mercato obbligazionario, il rendimento dei titoli di Stato decennali giapponesi si è attestato all’1,37%, mentre quello dei corrispettivi cinesi è stato dell’1,78%. 

Materie prime: focus sull’oro

Il prezzo dell’oro ha registrato una flessione dello 0,4%, attestandosi a 2.864,33 dollari l’oncia alle 04:59 GMT. Nonostante un aumento del 2,2% nel mese di febbraio, il metallo prezioso è in procinto di segnare la sua maggiore perdita settimanale dal novembre scorso, con un calo del 2,5% nell’ultima settimana. 
La recente debolezza dell’oro è attribuibile a un rafforzamento del dollaro USA e all’attesa degli investitori per i dati sull’inflazione statunitense, che potrebbero influenzare le future decisioni di politica monetaria della Federal Reserve. Yeap Jun Rong, stratega di mercato presso IG, ha osservato: “Mentre l’oro è considerato un bene rifugio, l’incertezza sul fronte commerciale potrebbe portare a ulteriori prese di profitto, in un contesto di rafforzamento del dollaro USA”. 

Cosa può accadere 

Gli investitori globali sono in attesa dei dati sull’Indice dei Prezzi della Spesa per Consumi Personali (PCE) negli Stati Uniti, previsto per oggi. Questo indicatore, preferito dalla Federal Reserve per monitorare l’inflazione, potrebbe fornire indicazioni sulle future mosse di politica monetaria. 
Inoltre, le tensioni commerciali globali, accentuate dalle recenti dichiarazioni del presidente americano Donald Trump riguardo all’imposizione di dazi su beni importati da Cina, Messico e Canada a partire dal 4 marzo, continuano a influenzare negativamente il sentiment degli investitori nei mercati asiatici. 

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