Berlusconi: il malinconico crepuscolo di uno statista

- di: Redazione
 
Piaccia o no, Silvio Berlusconi è (stato) uno statista, a modo suo, ma lo è stato. Capace di portare ad uno stesso tavolo Est e Ovest del pianeta, ma anche di non capire che un rapporto stretto di amicizia personale, quale quella che lo lega a Vladimir Putin, è da lui sentito in modo così acriticamente viscerale tale da mettere al rischio il governo, almeno nella sua attuale configurazione.

Berlusconi: il malinconico crepuscolo di uno statista

Ieri Berlusconi, al seggio, accompagnato dal solido codazzo di addetti alla sicurezza e magnificatori di ogni sua azione, ha nuovamente espresso il suo giudizio su quanto sta accadendo in Ucraina, ribaltando la verità storica di quel Paese e, dovendo pure condannare qualcuno per la guerra, per farlo ha detto tutto il male possibile di Volodymyr Zelensky. Davanti ad una situazione complessa, come quella che sta determinando la distruzione di un Paese, si possono avere giudizi diversi, a seconda dalle prospettive per così dire di partenza. Ma quello che ha detto Berlusconi è andato ben oltre, puntando il dito contro il presidente ucraino e non formulando anche solo un blando appunto a quello che ha fatto Putin e alle decine di migliaia di morti che la crociata scatenata dallo ''zar'' sta causando.

Le bordate lanciate da Berlusconi hanno quindi avuto come bersaglio il solo Zelensky, descritto alla stregua di un pazzo guerrafondaio. Dimenticando che la guerra è la negazione della vita e cancellando la speranza di un popolo di restare sovrano in casa propria, Berlusconi si è lanciato in un pericoloso paragone tra l'Ucraina di oggi e i Paesi dell'Europa usciti devastati dalla seconda guerra mondiale, riducendo il tutto ad un mero patto commerciale. Lo ha fatto invitando Zelensky ad accettare gli aiuti economici dell'Occidente, un nuovo piano Marshall, in cambio rinunciando a porzioni del territorio nazionale. Anzi dichiarando lui un cessate il fuoco che, a sentire l'interpretazione di Berlusconi, sarebbe sostanzialmente una ammissione di colpevolezza, dal momento che il patron di Forza Italia non ha detto se altrettanto dovrebbero fare i russi di Putin, i ceceni di Kadyrov, i mercenari del gruppo Wagner di Prigozin.

E dalle parole di Berlusconi traspare anche l'apparente disprezzo per Zelensky, che non sempre sempre per nome, appellandolo come ''questo signore''. ''Bastava che cessasse di attaccare le due repubbliche autonome del Donbass e questo non sarebbe accaduto. Quindi giudico molto, molto negativamente il comportamento di questo signore''. Quindi, per lui, la colpa non è di chi ha istituito delle repubbliche riconosciute solo da Mosca e dai suoi vassalli e per la cui ''difesa'' ha scatenato una guerra, ma di chi ha cercato di riportarle alla piena sovranità nazionale. Pur se le minoranze russe non hanno avuto la tutela che spettava loro, l'invasione dell'Ucraina e la sua sistematica distruzione non possono essere cancellate. Ma non agli occhi di Berlusconi, per il quale Putin ha invaso l'Ucraina per sostituire il governo con ''persone perbene''. La ricerca della pace, per Berlusconi, passa quindi per una accettazione da parte di Zelensky delle sue colpe storiche, delle quali monda completamente Putin, forse memore della ''lettera dolcissima'' (parole di Berlusconi) con cui il leader di Forza Italia ha risposto alla sua di auguri.

Che la sortita del leader di Forza Italia abbia sorpreso gli alleati, ma anche i suoi, è evidente. Allo stesso modo è lampante che la coalizione su cui è nato questo governo, su un tema delicatissimo quale quello della politica estera non esiste più, spappolata dalle parole di un uomo che vive ancora come se venti e più anni non fossero passati e lui governasse il Paese, ad ogni livello e in totale solitudine nel comando. Anche se da Palazzo Chigi si è confermata la totale adesione alla causa ucraina, anche se i ministri forzisti non hanno nemmeno pensato di fare ricadere le conseguenze delle sortite di Berlusconi sul governo, è sin troppo evidente che Giorgia Meloni deve ribadire la coesione dell'esecutivo, magari mettendo da parte la diplomazia. Anche perché appare di tutta evidenza che i legami, vecchi e nuovi, di alcuni partiti con la Russia ''imperiale'' sognata da Putin non sono mai stati veramente tagliati. E questo certo contribuisce alla mancanza di dialogo con una importante porzione dell'Europa.
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