Berlusconi: il lento crepuscolo di un leader

- di: Redazione
 
Piaccia o no, Silvio Berlusconi è stato un protagonista della vita politica italiana per quasi un trentennio. Piaccia o no, oppure nel bene e nel male, c'è riuscito disegnando un modo nuovo di fare politica, in cui il ricorso alle promesse è stato eletto a forma arte. Da quando decise di fondare Forza Italia, Berlusconi ha inondato la mente degli italiani (soprattutto quelli che si professavano convintamente liberali e gli altri che semplicemente ne invidiavano la ricchezza e le capacità imprenditoriali) con slogan che, un tempo immemorabile fa, sono rimasti appunto slogan, fermandosi sulla soglia della percezione e giammai della realizzazione.

Prosegue il lento declino di Silvio Berlusconi

Oggi l'abnormità di alcune di quelle promesse risalta evidente, perché solo una massa di persone che cercavano, come sempre, di migliorare la loro condizione poteva aspettarsi concretezza dall'ipotesi dl un milione di nuovi posti di lavoro, come di una burocrazia azzerata, di un ''nuovo miracolo italiano'', come se si potessero ricreare le condizioni dell'Italia d'inizio anni '60. Eppure questa scelta - di alimentare le illusioni della gente - non è mai scemata, anche se ha cambiato prospettiva. Oggi le formule magiche toccano il campo della pace, e anche in questo caso le parole di Berlusconi hanno colto nel segno, anche se nel senso sbagliato. Il presidente di Forza Italia, in questa ricorsa perenne del consenso, ha tolto, come si usa dire, la mani dal manubrio e, parlando spericolatamente della guerra in Ucraina, ha detto che lui la ricetta ce l'ha e consiste semplicemente in una iniziativa dell'Europa che convinca Zelensky ad accettare le richieste di Putin.

Per dirla senza tanti giri di parole, Berlusconi ha ribaltato i termini della vicenda, sostenendo che, se si vuole la pace, è l'Ucraina che deve accettare le ''domande'' (già, questo il termine usato, in un processo involontario - speriamo - di relativizzazione della colpa) di Putin, che a questo punto diventa innocente da ogni accusa che contro di lui è stata mossa dall'inizio dell'invasione.
Cercare di capire il motivo di dimostrarsi più putiniano dello stesso Putin è impossibile, a meno di dare credito al sospetto che il tempo - e la guerra criminale scatenata - non abbiano affatto attenuato la forte amicizia che legavano lo Zar a Berlusconi.

Cosa che, solo a masticare un poco di politica internazionale fa incombere delle ombre pesantissime sui rapporti tra Italia e Russia nel momento di massimo fulgore dello stesso Berlusconi. Perché, anche se dopo sono state in qualche corrette, le parole di Berlusconi sono un dileggio per l'intelligenza di chiunque, anche di coloro che sono apertamente e acriticamente schierati per la pace, ma mai potrebbero dire che a Putin bisogna dare quel che sogna, anche se ha aggredito, massacrato, distrutto. Parole che lui stesso, come detto, ha cercato di riequilibrare, ma il danno è ormai fatto e lo sconcerto per le sue affermazioni si sta diffondendo nel suo stesso partito, che tanto gli deve, ma mai al punto di consentirgli di schierarsi con l'invasore e non a difesa dell'invaso. Lo stesso Matteo Salvini, pur non riuscendo a pronunciare ''Putin'' nei suoi frequenti e puntuti interventi a favore della pace, ha avuto difficoltà a mettere sullo stesso piano i contendenti.

Ma Berlusconi lo ha persino superato. Ma, d'altra parte, lui ha una disperata convinzione di potere tornare protagonista e per questo s'è persino spinto a portare il partito sulla soglia della scissione. Cosa di cui non sembra avvedersi ritenendosi tanto importante da essere persino insostituibile, grazie ad una immortalità politica che lui solo ormai si riconosce. Per questo ha ripreso a cavalcare il suo cavallo di battaglia, l'anticomunismo, arricchendo la sua storia personale per l'ennesima volta. Come quando - solo pochi giorni fa - ha detto che il suo odio per i comunisti era scoppiato forse quand'era ancora in culla e che, appena dodicenne, andava ad affiggere manifesti contro i bolscevichi.

Una storiella che ha voluto condire con una pennellata di ulteriore odio, raccontando che, mentre lui era in cima ad una scala ad affiggere manifesti (la pratica di affidare a ragazzini questo compito era molto frequente nel 1948...), sotto cinque comunisti lo aspettarono per picchiarlo. Il commento lo lasciamo ad altri.
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