Brigitte Bardot è viva, vigile e soprattutto combattiva. La notizia del suo presunto decesso, diffusa dal blogger francese Aqababe, è rimbalzata sui social nel giro di pochi minuti, fino all’immediata smentita della diretta interessata: «Non so chi è quell'imbecille che ha lanciato questa fake news sulla mia scomparsa, ma sappiate che sto bene e che non ho nessuna intenzione di congedarmi».
È bastato un post su X per dissolvere l’ennesimo tentativo di funerale anticipato. E nel tono – duro, netto, sarcastico – c’è tutto il carattere di Brigitte Bardot, che non ha mai tollerato che altri scrivessero la sua storia al posto suo.
Blogger annuncia morte Brigitte Bardot, lei risponde “Imbecille”
Bardot, 91 anni, era stata ricoverata nei giorni scorsi a Tolone per un intervento definito “leggero” dalla sua segreteria. Da venerdì è di nuovo nella sua casa di Saint-Tropez, e il suo entourage aveva già rassicurato sulle condizioni di salute. Eppure, nel mondo iperveloce delle notizie mal verificate, questo è bastato a scatenare la “caccia alla necrologia”.
Chi la vorrebbe già un’icona da cartolina, immobilizzata nella memoria del cinema anni ’60, dimentica che Bardot è tutt’altro che una statua commemorativa. Da trent’anni è una militante quotidiana, radicale, viscerale in difesa degli animali: una vita pubblica diversa, ma non certo spenta.
Non è la prima “morte annunciata”
Non è la prima volta che Brigitte Bardot viene data per deceduta: accadde già nel 2016 e nel 2021, sempre in seguito a brevi ricoveri o controlli medici. L’attrice rispose allora come oggi: con disprezzo per la macchina della disinformazione e con un tono più simile al contrattacco che alla difesa.
È il destino di chi è stato un mito globale: ogni voce diventa un bollettino e ogni silenzio, un sospetto. Ma Bardot – al contrario di molte star più giovani – non accetta di essere trasformata in “oggetto narrativo” e reagisce personalmente, senza filtri, senza staff mediatori, senza diplomazia.
Da icona erotica a miliziana morale
L’immagine che il mondo conserva di lei è quella delle spiagge francesi, del biondo spettinato, dell’idea stessa di sensualità libera. Ma da oltre trent’anni Bardot ha voltato pagina: ha lasciato il cinema nel 1973 e ha scelto una battaglia civile che sente infinitamente più urgente di qualsiasi set.
La passione animalista è diventata la sua seconda carriera, l’unica su cui non ammette compromessi. E anche la linguistica della protesta di questa settimana – “imbecille” usato come parola giustiziera – sembra venire da lì: la difesa della propria dignità come difesa della vita stessa.
La fatica di restare vivi in pubblico
Gli allarmi sul suo stato di salute hanno scatenato una discussione, in Francia, non solo sulla tutela della privacy, ma su un tema crescente: l’ansia necrofila dei social, l’urgenza di essere i primi a “dare la morte” digitale. Per una donna che, nel bene e nel male, è simbolo vivente di un’epoca, il meccanismo è ancora più feroce: non la celebrazione della vita, ma la premura di annunciarne la fine.
Bardot non ci sta. E il suo messaggio – che sembra scritto più col polso che con la tastiera – è un altolà alla fretta del cordoglio prefabbricato.