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Banche centrali, USA e prezzo del petrolio: cosa aspettarsi nell’ultimo quarto dell’anno

- di: Flora Dishnica, Investment manager di Pictet Asset Management
 
Banche centrali, USA e prezzo del petrolio: cosa aspettarsi nell’ultimo quarto dell’anno
La revisione del percorso sul 2024 ha avuto effetto immediato sulle attese di mercato, riducendo così i tagli prezzati a soli 85 punti base per il 2024 a fronte dei 120 punti base attesi a fine agosto. Durante la conferenza stampa il presidente Powell ha citato un concetto che, assieme alla revisione del percorso del prossimo anno, ha innervosito ulteriormente i mercati obbligazionari: il cosiddetto “tasso neutrale” potrebbe essere più elevato di quanto stimato nel breve termine.
Il tasso neutrale è una misura stimata del livello dei tassi reali di lungo termine, che sono tassi nominali depurati dall’inflazione attesa. Uno stato nel quale l’economia si trova in equilibrio, piena occupazione con inflazione costante. In sostanza, il livello prezzato dei mercati ora per il tasso reale a termine implicherebbe un’economia che viaggia a un potenziale di crescita più alto, traducendosi in rendimenti obbligazionari più elevati.
Infatti, nelle ultime settimane, il movimento al rialzo dei tassi di interesse nominali non è stato accompagnato dai rialzi delle attese sull’inflazione, che difatti rimangono ben ancorate.
L’andamento degli indicatori macroeconomici dell’ultimo mese corrobora, difatti, lo scenario virtuoso per l’economia statunitense, che sta dimostrando una tenuta superiore alle attese. Il mercato del lavoro è ancora solido, con oltre 260mila nuovi occupati creati a settembre, sopra il trend di rallentamento dei precedenti tre mesi. Allo stesso tempo, l’inflazione continua a rientrare, con segnali incoraggianti anche sulla componente salariale, che rallenta ulteriormente a settembre.

Banche centrali, USA e prezzo del petrolio: cosa aspettarsi nell’ultimo quarto dell’anno

La difficoltà della fase attuale risiede nell’incertezza sullo stato di rallentamento dell’economia. I dati dei prossimi mesi saranno cruciali sia per la Fed, che rimane in modalità data-dependent, che per i mercati. Le scorte dei risparmi in eccesso, accumulate durante la pandemia, sono ormai in esaurimento, e allo stesso tempo gli americani da questo mese riprendono a ripagare i prestiti studenteschi. I consumi saranno, dunque, osservati speciali, soprattutto essendo stati i pilastri della tenuta macro del 2023 e driver fondamentali dell’inflazione core.

In Europa le variabili macroeconomiche puntano a un rallentamento più evidente. La BCE, quindi, dovrebbe di fatto avere effettuato l’ultimo rialzo per questo ciclo alla riunione di settembre, nonostante si sia tenuta un po’ di flessibilità sul percorso dei tassi con la comunicazione post-incontro. La pressione sui tassi europei sembra dunque essere più un effetto trascinamento dagli USA che endogeno.
Infine, l’andamento del prezzo del petrolio desta un po’ di preoccupazione sul progresso dell’inflazione: riteniamo, però, che questa accelerazione sia stata prevalentemente guidata dal lato dell’offerta con considerazioni di natura geopolitica, che sembravano in via di indirizzamento tra USA e Arabia Saudita. Con gli ultimi, allarmanti, sviluppi del Medio Oriente questo aspetto potrebbe infastidire ulteriormente il mercato.

In questo contesto, le valutazioni dell’obbligazionario risultano molto interessanti, soprattutto dopo un movimento alquanto esagerato, in termini reali, a livelli veramente lontani da qualsiasi stima mai elaborata da fonti ufficiali o dal mercato. Queste considerazioni rendono l’asset class obbligazionaria un valido alleato per navigare i mesi finali dell’anno. L’azionario, dal canto suo, potrebbe godere dal sollievo dei corsi obbligazionari, per poi reagire più direttamente alle dinamiche di crescita in attesa dell’avvio della reportistica sugli utili trimestrali nelle prossime settimane.

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