Azimut Holding celebra il ventennale dalla quotazione raddoppiando, con la promozione di una nuova Fintech bank quotata, tramite uno spin off parziale della Rete di Consulenti Finanziari in Italia, cui sarà assegnato ogni anno il 2% del capitale nei primi 5 anni (totale 10%). Azimut Holding avrà dalla nuova realtà la garanzia per 20 anni dei ricavi prodotti dalle masse esistenti all’atto del conferimento e si avvarrà dei servizi bancari della nuova società, che a sua volta finirà sul mercato, come Pietro Giuliani, Presidente del Gruppo Azimut, ha spiegato illustrando ai giornalisti il progetto. “Siamo onorati di occupare il terzo posto come creazione di valore tra tutti i titoli dell’indice FTSE MIB. Un azionista che avesse investito all’atto della quotazione nella nostra società avrebbe visto il suo investimento iniziale moltiplicarsi per circa 15 volte. La cessione al mercato di una parte della rete di CF in Italia tramite spin off in una Fintech Bank consentirà agli azionisti di Azimut Holding di accrescere il valore delle proprie azioni grazie alla generazione di utili legati al margine di interesse ad oggi non ricompresi nel perimetro della società”. Paolo Martini sarà l’amministratore delegato della nuova realtà, che avrà all’avvio almeno 20 miliardi di masse in gestione a cui fanno riferimento circa 1.000 consulenti finanziari e sarà caratterizzata da un forte orientamento alla crescita.
Azimut Holding, Pietro Giuliani: "Creiamo valore con la Fintech bank"
Ing. Giuliani, qual è la filosofia generale che è dietro questa decisione? Quali gli obiettivi della ‘new bank’ di Azimut?
L’obiettivo per la nuova banca è di raggiungere 160 milioni di utile netto già nel primo anno. Il progetto prevede che circa metà della nostra rete di consulenti finanziari confluisca in una nuova banca che verrà quotata. Ci immaginiamo che il mercato ci riconosca gli stessi multipli delle banche del settore quotate che sono 12-14 volte l’utile per un valore finale tra 1,8 e 2,2 miliardi. La nuova realtà, indipendente dal Gruppo Azimut, potrà includere nell’azionariato anche partner bancari/finanziari e avrà all’avvio almeno 20 miliardi di masse in gestione a cui fanno riferimento circa 1000 consulenti finanziari e sarà caratterizzata da un forte orientamento alla crescita. In 5 anni verrà assegnato il 10% del capitale sociale (2% all’anno) della nuova banca ai consulenti finanziari già in struttura e a quelli che entreranno nella nuova realtà dal mercato, secondo il modello fondato sulla partnership e sulla partecipazione dei consulenti finanziari all’azionariato che ha caratterizzato Azimut nei suoi 34 anni di storia e che continuerà a farlo anche in futuro.
Sono già stati avviati contatti con altri istituti bancari?
I contatti ci sono e c’è molto interesse. Faremo la banca con il primo istituto che si farà avanti con un’offerta seria, coerente con l’operazione e i valori sopra descritti. Azimut manterrà una quota del 10%, mentre il partner terzo potrà detenere tra il 15% e il 50% della nuova banca. Se dovesse essere invece un progetto stand-alone totale, cioè senza altri soci, venderemo tutto al mercato. Il nostro obiettivo però è quello di andare molto veloci: 6-9 mesi. Quindi disponibilità a fare anche tutto da soli.
Dovrete acquistare una licenza bancaria
Sì, dopo aver ottenuto le necessarie autorizzazioni dalle autorità competenti, verrà acquistata una licenza bancaria e la società andrà in quotazione. La banca non listata inizia il processo di quotazione e gli conferiremo, quando si quoterà, il ramo di azienda costituito dai CF.
Il controvalore dell’operazione potrà arrivare agli azionisti tramite vendita del ramo al partner bancario e/o al mercato oppure direttamente tramite una scissione totale (come fece Fiat con Ferrari) o parziale.
Quindi Azimut Holding rimane indipendente e quotata in borsa?
Esatto, con il patto di sindacato in Timone Fiduciaria che mantiene il ruolo di azionista di riferimento. Azimut Holding, che continuerà ad operare senza una licenza bancaria, proseguirà la sua strategia di crescita secondo l’attuale modello di business del Gruppo. Ciò include le attività di distribuzione in Italia (con gli 850 Consulenti Finanziari, centrali per il nostro modello di business ed in numero superiore a quando ci siamo quotati 20 anni fa), l’intera piattaforma globale di asset management (mercati pubblici e privati), la partnership con UniCredit, tutto il perimetro internazionale, tutte le attività di Corporate Investment Banking e la maggior parte della attività di fintech.
Come sta andando la partnership con Unicredit?
Sta andando bene, è partita nel concreto da pochi mesi ed è una partnership con un orizzonte temporale di lungo periodo. Da gennaio è iniziato il collocamento sulla rete UniCredit di sette fondi della SGR irlandese che abbiamo costituito. Ma sui ‘numeri’ non posso dire nulla anche per ‘educazione istituzionale’, sono di loro pertinenza.
I prossimi passi quali saranno?
Azimut Holding presenterà nei prossimi mesi il nuovo piano strategico 2025-2029 che rimarrà ispirato alla crescita degli utili tramite incremento dei ricavi ed efficienza operativa. Il Gruppo evolverà il suo modello di business tradizionale in una piattaforma di investment solutions di nuova generazione – centrata su competenze globali di asset management e servizi di consulenza finanziaria evoluta. Sarà caratterizzata da una attivazione ed accelerazione tecnologica con una offerta costruita per i segmenti Personal Solutions, Global Wealth, Corporate e Institutional & Wholesale con una nuova organizzazione commerciale in Italia e nel mondo.
Avete appena lanciato un innovativo metodo di investimento, nato negli Usa, che si basa sull’acquisizione di partecipazioni di minoranza in Sgr alternative che a loro volta investono in asset illiquidi. Come pensate che il mercato europeo reagirà alla novità?
Questa strategia di investimento chiamata GP Staking è nata negli Stati Uniti ed è ancora poco conosciuta in Europa, per nulla in Italia, e quindi ci aspettiamo molto interesse. È un segmento sul quale siamo attivi attraverso Azimut Alternative Capital Partners (AACP), la nostra società statunitense lanciata nel 2019 che opera appunto acquisendo quote di minoranza in gestori, prevalentemente americani, nel segmento mid-market che operano nel private equity, private debt, infrastructure e real estate. Con il veicolo di investimento che abbiamo appena lanciato replichiamo questa strategia, con l’acquisizione di partecipazioni di minoranza di società che operano sui mercati privati, dando così anche ai nostri clienti l’opportunità di partecipare alla loro remunerazione.
Contestualmente alla recente comunicazione della vostra uscita da Kennedy Lewis Investment Management (Klim), avete preannunciato che potrebbe esserci un’altra operazione speciale simile. Ci potete dare qualche indizio in merito?
Kennedy Lewis Investment Management di cui abbiamo recentemente annunciato la cessione della nostra quota a Petershill at Goldman Sachs Asset Management, per un corrispettivo complessivo di 225 milioni di dollari, è stato il primo investimento di AACP. Quando siamo entrati in KLIM nel luglio 2020 la società aveva 2 miliardi di dollari di masse, oggi ne ha circa 14 miliardi. Con questa operazione abbiamo creato valore per i nostri azionisti e ribadito la validità del percorso intrapreso molti anni fa volto all’espansione internazionale e alla crescita negli investimenti alternativi, che costituiscono un’opportunità unica per i nostri clienti in termini di ampiezza di gamma prodotti e soprattutto risultati. Abbiamo fuori dall’Italia circa 35 società operative, parte delle 130 di cui abbiamo la maggioranza del capitale e 19 affiliate all’estero in cui siamo in minoranza, con assets in gestione e clienti il cui valore non è attualmente riflesso in quello dell’azione Azimut. Ma il valore c’è e dove opportuno potremo valutare di estrarlo attraverso la quotazione o una partnership strategica con nuovi investitori finanziari.
Volete continuare a crescere nel più ampio spazio dei Mercati Privati, sia negli Stati Uniti che a livello globale?
Sul segmento abbiamo superato gli 8 miliardi di euro di masse e oggi i private markets rappresentano il 13% delle masse gestite avvicinandoci all’obiettivo di almeno il 15% entro la fine del 2024. Il continuo slancio e interesse in questo campo è testimoniato da una piattaforma che vanta oltre 70 prodotti tra le varie asset class e più di 50 mila clienti investiti. Contiamo già 6 hub di gestione in Italia, Lussemburgo, Brasile, Turchia, Emirati Arabi e ovviamente Stati Uniti, culla di questa tipologia di investimenti su cui continueremo a puntare e a sviluppare le nostre competenze.
Più in generale, come procederà il percorso di internazionalizzane di Azimut? Il gruppo, che è già presente in 18 Paesi nel mondo – oltre che in Italia in Australia, Brasile, Cile, Cina (Hong Kong e Shanghai), Egitto, Emirati Arabi, Irlanda, Lussemburgo, Messico, Monaco, Portogallo, Singapore, Svizzera, Taiwan, Turchia e Usa – su quali mercati in particolare intendete puntare? Prevedete l’ingresso in nuovi Paesi o un ulteriore impulso in quelli nei quali siete già presenti?
Lo sviluppo internazionale resta uno dei nostri driver di sviluppo, oggi il 47% dei 95 miliardi di masse proviene proprio dall’estero dove contiamo oltre 450 mila clienti, dei quasi 700 mila totali.
Stati Uniti, Australia, Brasile e Turchia sono tra i principali mercati in termini di masse e la nostra volontà è quella di continuare a crescere in tutti i paesi dove siamo. Negli Stati Uniti siamo presenti nelle nostre tre principali aree di business: wealth management, private markets con Azimut Alternative Capital Partners e asset management tradizionale dove l’anno scorso abbiamo acquisito il 35% in Kennedy Capital Management LLC, società d’investimento indipendente specializzata in azioni statunitensi Small e Mid Cap e nella gestione di fondi comuni d’investimento servendo principalmente clienti istituzionali e HNWI.
L’ingresso in nuovi paesi dipende da eventuali opportunità che dovessero presentarsi.
E in Italia: possibili M&A o prevedete solo il modello di crescita organica?
Lato Rete continueremo a crescere sicuramente in modo organico e attraverso il reclutamento di professionisti da inserire in struttura.