Assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo delle competenze; gestire, preservare e trasmettere la conoscenza, sia esplicita che tacita, delle organizzazioni; governare la crescente domanda di sviluppo professionale da parte dei collaboratori. È attraverso queste lenti che Assolombarda ha presentato, oggi, una approfondita ricerca dedicata alle Academy aziendali, alla luce della progressiva diffusione di tali realtà tra le aziende associate, anche di piccole e medie dimensioni. La ricerca analizza le “buone pratiche” di 15 imprese per ricostruire lo stato dell’arte e le prospettive di evoluzione futura delle Academy aziendali.
Assolombarda: "Scuole di competenze e valori d’impresa per arginare gap tra domanda e offerta di lavoro"
“In un mercato del lavoro che cambia, l’investimento sulle persone, sulle competenze e sui nuovi modelli manageriali ed organizzativi è fondamentale per la crescita del capitale umano all’interno delle aziende - ha dichiarato la vicepresidente di Assolombarda con delega a Università, Ricerca e Capitale Umano, Monica Poggio -. Non sorprende, dunque, che le Academy aziendali si stiano diffondendo nel nostro territorio, sia nelle grandi imprese che nelle PMI. È un segnale di intraprendenza finalizzato a sviluppare ed aggiornare le competenze dei collaboratori che, allo stesso tempo, contribuisce a qualificare il capitale umano del nostro Paese a supporto della crescita economica. È sotto gli occhi di tutti che la rapidità di cambiamento delle tecnologie e delle competenze richieda alle imprese di collaborare con il sistema educativo per costruire l’occupabilità delle nuove generazioni. Con la riforma del ‘4+2’ e la previsione di professionisti aziendali come docenti, le Academy possono così diventare un partner privilegiato delle scuole. Molte sono le Academy che, per rispondere alle esigenze di formazione in ingresso, upskilling e di engagement dei collaboratori, sono diventate ‘attori a tutto campo’, dialogando con il sistema formativo. alla ricerca, d’altra parte, emerge un quadro poliedrico. Le imprese interessate a sviluppare una propria Academy possono pertanto trovare buone pratiche a cui ispirarsi per strutturarla in base alle proprie finalità organizzative e di cultura aziendale”.
Negli effetti, le Academy aziendali si configurano come delle vere e proprie «lifelong» e «life-wide» schools, visto il focus sempre più ampio e la funzione sempre più profonda cui assolvono, che va dall’aggiornamento tecnico e della crescita dei collaboratori, fino a una prospettiva che attiene anche alle soft-skills, all’approccio al lavoro, alla cultura d’impresa. Il tema delle Academy aziendali, racconta la ricerca, è tornato al centro dell’attenzione per una serie di ragioni: l’ulteriore salto tecnologico verso piattaforme digitali che consentono sia una gestione sempre più efficace di percorsi in formato ‘blended’ sia esperienze formative sempre più immersive; il definitivo affermarsi del paradigma della ‘learning organization’ in cui i processi di generazione, condivisione e sviluppo di conoscenze e competenze diventano la fonte primaria di vantaggio competitivo; la necessità di assicurare ai propri collaboratori un aggiornamento continuo delle competenze, sia dal punto di vista tecnico, sia per favorire l’attrazione e la retention dei talenti.
Nell’analisi emergono tre tratti distintivi: l’attenzione alle persone, l'espansione oltre i confini aziendali e il ruolo nell'innovazione e nel cambiamento. Queste realtà si configurano come veri e propri centri di apprendimento lungo tutto l'arco della vita professionale, influenzando non solo l'organizzazione stessa ma anche la rete di partner e fornitori. Le Academy sono vitali nell'affrontare lo skill shortage, collaborando con istituzioni, fornitori e comunità. Lo sviluppo delle Academy aziendali si in quadra in uno scenario secondo cui l’Italia si colloca ancora lontano dall’obiettivo del Consiglio europeo per il 2025 che, per i 25-64enni, fissa un minimo per il tasso di partecipazione alle attività di istruzione e formazione pari al 47%. Ancora, la quota di laureati di cui può disporre il mercato del lavoro italiano è ancora troppo bassa rispetto al panorama europeo: l’incidenza dei laureati sulla popolazione di 25-64 anni e 30-34 anni è pari al 21,6% e al 29,2% nel 2023. La Lombardia presenta tassi migliori della media nazionale (rispettivamente il 23,5% e il 33,7%) ma ancora troppo distanti dai benchmark oltre confine (ad esempio, in Catalunya l’incidenza di laureati tra i 30 e i 34 anni sfiora il 57% nel 2023). Attraverso l’indagine Excelsior le imprese segnalano difficoltà di reperimento di alcune figure professionali: nella top 4 sono presenti operai specializzati (63,6%), professioni tecniche (52,2%), conduttori d’impianti (49,9%) e professioni high skilled (46,5%).
L’attività di ricerca è stata coordinata da Luca Quaratino, ricercatore in Organizzazione Aziendale, Università IULM, in collaborazione con Marco Leonzio, professore a contratto in Organizzazione d'impresa, Università IULM e Samuele Maccioni - Dottorando, Università Milano-Bicocca. Si ringrazia per gli studi di caso e i contributi le aziende: Accenture, Accor, Agrati, Bosch TEC, Coca-Cola HBC Italia, Dompé, FANUC Italia, Fastweb, Gruppo CAL – Logical Job, ITP, NTT Data, Pirelli, Rold, Sirti, Zucchetti.