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Chiusure Borse Asia: brindisi ai tagli Fed, ma futures europei cauti

- di: Matteo Borrelli
 
Chiusure Borse Asia: brindisi ai tagli Fed, ma futures europei cauti
La corsa dell’azionario tra yen sotto pressione, petrolio debole e oro in altalena.

In Asia è tornato il clima da rally di fine anno. Gli investitori stanno scommettendo su un primo taglio dei tassi della Federal Reserve già a dicembre, spingendo in alto gli indici della regione e riportando il dollaro un passo più indietro. L’azionario asiatico allargato si è mosso in deciso rialzo, con Tokyo a guidare il movimento e la Cina che prova a uscire, con fatica, dall’ombra del mattone.

Secondo i dati di chiusura delle principali piazze del continente, il Nikkei 225 ha chiuso in rialzo dell’1,28%, l’S&P/ASX 200 di Sydney ha segnato un +0,13%, mentre il DJ New Zealand ha perso lo 0,25%. In Cina lo Shanghai Composite è avanzato dello 0,29%, l’SZSE Component di Shenzhen ha ceduto lo 0,27%, l’indice China A50 ha guadagnato lo 0,07% e il DJ Shanghai lo 0,11%. A Hong Kong l’Hang Seng ha archiviato una seduta quasi piatta, +0,02%.

A nord del Taiwan Strait, la Taiwan Weighted è volata di 1,54%, sostenuta dall’universo chip e intelligenza artificiale, mentre a Seul il Kospi è salito dello 0,66%. Nel Sud-Est asiatico l’IDX Composite di Jakarta ha lasciato sul terreno lo 0,36%, il PSEi Composite di Manila ha perso lo 0,47%, mentre il VN 30 di Ho Chi Minh City è salito dello 0,19%. In Asia meridionale, l’indiana Nifty 50 ha chiuso a +0,07% e il BSE Sensex a +0,22%, con il Karachi 100 pachistano in rialzo dello 0,68%.

Tokyo accelera sui tagli Fed

La spinta principale arriva dal Giappone. A Tokyo gli investitori leggono le ultime indicazioni in arrivo dagli Stati Uniti come il segnale che il ciclo restrittivo della Fed è al capolinea: le probabilità di un taglio dei tassi a dicembre, ricavate dai futures sui Fed funds, sono salite bruscamente nelle ultime sedute.

A trarne vantaggio sono soprattutto le large cap esportatrici – dall’auto all’elettronica – che beneficiano di uno yen ancora debole, e il comparto tecnologico, che cavalca il tema AI dopo mesi di flussi concentrati sui campioni americani. A spingere il sentiment contribuisce anche la prospettiva che la Bank of Japan resti estremamente prudente in ogni ulteriore stretta sulla politica ultra-accomodante.

“Si sta consolidando l’idea che il picco dei tassi Usa sia alle spalle e che il 2026 si aprirà con una Fed più morbida”, osserva un gestore azionario a Tokyo, secondo cui “il ribilanciamento dei portafogli premia in questa fase i mercati che erano rimasti indietro rispetto a Wall Street”.

Cina ancora frenata dall’immobiliare

Ben più sfumata la fotografia della Cina continentale. Shanghai e Shenzhen chiudono in direzioni opposte, con piccoli movimenti, mentre gli indici che riuniscono i principali titoli A share segnano variazioni di pochi centesimi. Il tema che continua a dominare è quello dell’immobiliare: le nuove tensioni su alcuni grandi developer cinesi alimentano la diffidenza degli investitori esteri.

A Hong Kong, dove l’Hang Seng chiude praticamente invariato, l’attenzione resta puntata proprio sui real estate developers della Cina interna e sui colossi internet. Ogni notizia su possibili misure di sostegno viene passata al setaccio, ma per ora il mercato sembra scontare una postura ancora prudente da parte delle autorità.

“Gli investitori vogliono vedere segnali concreti di stabilizzazione del mattone, altrimenti la risalita della Borsa cinese resterà lenta e intermittente”, sintetizza un analista a Hong Kong.

Taipei, Seul e Mumbai agganciano il rally tech

Molto più netta la direzione a Taipei e Seul. La Borsa taiwanese, fortemente sbilanciata sui semiconduttori, ha messo a segno una delle migliori performance della giornata, con un rialzo superiore all’1,5%. Gli operatori continuano a ruotare sul tema intelligenza artificiale e data center, con gli ordini globali di chip avanzati che restano robusti.

In Corea del Sud, il Kospi guadagna terreno dopo la decisione della Bank of Korea di lasciare invariati i tassi, ma con un tono giudicato meno aggressivo: la banca centrale ha riconosciuto il rallentamento della congiuntura e l’allentamento di alcune pressioni inflazionistiche, aprendo la porta a una fase di maggiore flessibilità nel 2026.

A Mumbai, gli indici Nifty 50 e BSE Sensex restano vicini ai massimi storici. I futures su Nifty scambiati sulla piattaforma GIFT segnalano ancora un leggero margine di rialzo, dopo che l’indice ha chiuso la vigilia pochi punti sotto il record assoluto.

Più deboli le piazze periferiche: Jakarta e Manila pagano prese di profitto dopo il mini rally delle settimane precedenti, mentre Karachi resta sostenuta dal rientro di capitali domestici e dalla prospettiva di un rapporto più stabile con le istituzioni internazionali.

Valute asiatiche più forti, yen sorvegliato speciale

Sul fronte dei cambi, l’aria di Fed più dovish ha indebolito il dollaro Usa: l’indice che misura il biglietto verde contro un paniere di valute principali si muove leggermente al ribasso dopo due sessioni di forte calo.

Il rapporto dollaro/yen oscilla intorno a quota 156, una zona che resta comunque molto vicina ai livelli che in passato hanno spinto le autorità giapponesi a intervenire sul mercato. Il cambio euro/dollaro risale verso area 1,16, segnale che gli investitori stanno tornando gradualmente sulle valute ad alto rendimento e sugli asset europei.

Anche le valute emergenti asiatiche respirano: il won coreano si rafforza dopo la riunione della banca centrale, mentre la rupia indiana oscilla intorno a 89 per dollaro, sostenuta dai flussi in entrata sui mercati azionari domestici.

“Il messaggio che arriva oggi dai cambi è chiaro: il dollaro sta perdendo un po’ della sua aura di rifugio dopo mesi di tassi Usa molto restrittivi”, commenta un trader valutario a Singapore, secondo cui “se i dati macro non sorprenderanno al rialzo, il movimento potrebbe proseguire fino a fine anno”.

Petrolio debole e oro in altalena

Sul fronte delle materie prime, il petrolio resta sotto pressione. Il WTI viaggia poco sopra i 58 dollari al barile, mentre il Brent si muove in area 62 dollari, in leggero calo rispetto alla chiusura precedente. Il mercato guarda da un lato al rischio di eccesso di offerta nel 2026, dall’altro agli spiragli di un possibile accordo sul fronte geopolitico, che ridurrebbe il premio per il rischio incorporato nelle quotazioni.

L’oro si muove in modo più laterale: dopo aver testato nelle scorse settimane nuovi record oltre i 4.100 dollari l’oncia, il metallo giallo oscilla poco sotto quei livelli, stretto tra il calo dei rendimenti obbligazionari – che lo rende più attraente – e una minore domanda di beni rifugio in presenza di listini azionari in rialzo.

“La narrativa si è spostata dall’inflazione al ciclo dei tassi”, spiega un analista delle materie prime a Londra: “con il mercato che intravede i primi tagli Fed, il petrolio sconta il rischio di crescita più debole, mentre l’oro resta una sorta di assicurazione di lungo periodo”.

Futures europei cauti dopo il rally di novembre

Guardando all’Europa, i futures azionari indicano un avvio più prudente dopo il rally delle ultime sedute. I contratti sull’Euro Stoxx 50 si muovono attorno a 5.660 punti, con un progresso contenuto, mentre i futures sul Dax tedesco e sul Ftse Mib milanese segnalano variazioni positive nell’ordine di pochi decimi di punto percentuale.

In parallelo, i futures su S&P 500 e Nasdaq appaiono poco mossi, in una giornata in cui Wall Street è condizionata dalla chiusura per il Thanksgiving e da volumi tipicamente ridotti.

“Le Borse europee arrivano a questa seduta dopo un novembre molto forte, spinto proprio dalla prospettiva di un cambio di passo nella politica monetaria Usa”, osserva un strategist di un grande gestore continentale. “È fisiologico che, con l’Asia in rally e Wall Street semi-chiusa, gli operatori preferiscano un approccio più selettivo, in attesa dei prossimi dati su inflazione e occupazione americana”.

Per gli investitori europei, il messaggio che arriva oggi dall’Asia è duplice: da un lato la conferma che il tema dei tagli Fed può continuare a sostenere i listini globali; dall’altro il promemoria che Cina, materie prime e valute restano variabili decisive per capire se il rally potrà trasformarsi in un vero cambio di regime nel 2026.

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