Amministrative: il centrodestra corre, la sinistra insegue, i Cinque Stelle non pervenuti
- di: Redazione
Se c'è una cosa che, ciclicamente, si ripete, sull'italico palcoscenico della politica, è che ogni elezione, da quella del presidente della Repubblica e, giù giù, fino a quella di un condominio, sembra non rispettare le regole dell'oggettività. Se uno vince, c'è chi perde e anche se, per caso, si arriva alla assoluta parità, ci sono elementi chiari su cui ragionare, senza fare prevalere le proprie emozioni.
Anche oggi, in occasione dei commenti sull'esito delle elezioni amministrative, che comunque hanno interessato un significativo campione di italiani, il dato oggettivo è quasi un elemento collaterale, lasciando le analisi non all'elencazione dei numeri, ma alla loro motivazione.
Amministrative: il centrodestra corre, la sinistra insegue, i Cinque Stelle non pervenuti
Eppure i risultati sembrano indicare, con tutta evidenza, che a vincere sono state candidati e liste che hanno come riferimento la maggioranza di governo (4 a 2 nei capoluoghi), anche se la presenza di candidati civici rende difficile una collocazione inequivocabile su un determinato schieramento.
Ma, anche dicendo che il centrodestra ha sostanzialmente vinto, non si può dire che abbia sfondato, perché la sinistra, nelle città dove si è schierata ufficialmente, ha difeso le sue posizioni. Certo, ha anche prese sonore bastonate (come a Latina, dove la candidata della destra, Matilde Celentano, ha letteralmente schiantato il sindaco uscente, Damiano Coletta), ma ha comunque evitato il tracollo.
Quello che comunque è chiaro è che la destra, questa destra, sembra destinata a reggere ancora per molto tempo, non tanto per i suoi meriti (è ancora presto per esprimersi, visto che i suoi programmi muovo ora i primi passi), quanto perché le forze di opposizione, piuttosto che trovare un terreno comune e arrivare ad una intesa, hanno scelto di beccarsi, di combattersi tra di loro, davanti alla faccia divertita della maggioranza.
Nell'analisi generale, le elezioni hanno dato un responso che, al di là di qualche vittoria seppure significativa (come a Brescia, con Laura Castelletti) della sinistra, sembra essere inequivocabile: il credito che gli elettori concedono a Giorgia Meloni è ancora solido segnando, peraltro, l'allargarsi del solco di consensi di Fratelli d'Italia rispetto agli alleati, che, oggi più di ieri, non possono ignorare che è il presidente del consiglio a trainare la coalizione, con una personalizzazione del ''potere'' su cui Lega e Forza Italia devono necessariamente aprire una riflessione.
Quando si parla di elezioni amministrative, che interessano una miriade di centri piccoli o piccolissimi, il processo di disaggregazione del voto e quindi di analisi è pressoché impossibile, ma in qualche modo il fatto che, tradizionalmente, le liste civile sono espressione di una politica assolutamente sganciata da quella nazionale, non può cancellare la sensazione che il Paese stia scommettendo sulla maggioranza nazionale.
Ora, tutto è capire sino a quando questa ''scommessa'' reggerà, e qui il discorso torna alle alleanze nazionali.
Se a destra tutto sembra chiaro (forse anche troppo), sull'altro schieramento è in corso un processo di scientifica eutanasia, in cui a reggere il gioco è Giuseppe Conte che, alla ricerca di visibilità e consensi, ha imposto una netta cesura ad ogni ipotesi di cammino comune con il Partito democratico.
Questa situazione giova certo alla destra. Alcuni segnali, che oggi appaiono di inequivocabile dialogo tra Cinque Stelle e maggioranza di governo (come nel caso dell'elezione del nuovo ad della Rai, con l'astensione decisiva del movimento di Conte) , indicano che i comuni mortali poco capiscono delle dinamiche di un certo modo di fare politica. Forse l'esito delle elezioni di ieri qualche consiglio dovrebbe pure darlo a Conte, visto che i Cinque Stelle sono praticamente spariti dal territorio.