Un'America divisa aspetta l'ultimo giorno della presidenza Trump

- di: Brian Green
 
Donald Trump vede che la sua Amministrazione si sta chiudendo in un modo ben diverso da quello che aveva sperato per tutto il suo mandato, che riteneva sarebbe stato coronato da un consenso plebiscitario, anche per i successi che ha ottenuto in economia.

La sua prospettiva, "Rendere l'America nuovamente grande", ha mostrato le prime crepe nel momento in cui ha ritenuto che la sua carica gli consentisse di stare un gradino sopra la legge, quasi a contatto con Dio. Ed invece non ha capito per tempo che certi suoi atteggiamenti avevano presa in una parte dell'elettorato legata a stereotipi della grande frontiera, ma poco spendibili nei gradi agglomerati urbani, interessati da un nomadismo demografico che comincia a modificare gli equilibri politici.
Ma sarebbe un errore pensare che Trump quattro anni fa abbia vinto facendo leva su valori "antichi", figli di un modo di intendere e sentire l'America come entità distante e distaccata dal resto del mondo.

In questo Trump, se ha saputo cogliere le pulsioni più reazionarie della sua gente, ha sbagliato nel momento in cui ha cercato di dare valenza politica ad ogni suo atto, anche al meno significativo.
Non ha colto, il presidente-miliardario, l'impatto che la sua spregiudicata dialettica politica ha avuto su gran parte degli Stati Uniti che, ma è solo l'ultimo esempio, lui ha tacciato di comunismo e terrorismo nel momento in cui la la gente ha cominciato ad interrogarsi sulla violenza a senso unico esercitata dalle forze di polizia nei confronti della popolazione di colore. Ed il suo ingerirsi in faccende che non gli riguardavano, come la protesta dei giocatori neri della NFL (la lega professionistica di football americano) che lui ha minimizzato, irridendo il giocatore - Colin Kaepernick - che l'aveva iniziata, inginocchiandosi alle prime note dell'inno americano. Una protesa che ha poi visto la partecipazione anche di moltissimi giocatori bianchi, che non sono rimasti insensibili al problema.

Scontrandosi come lui ha fatto non certo involontariamente contro una componente importantissima della società americana (lo sport professionistico), Trump ha cercato di allargare ulteriormente il già evidente solco che, nella società statunitense, divide progressisti e conservatori. Una catalogazione, quest'ultima, che negli ultimi anni ha cominciato a comprendere anche frange estremistiche, come le milizie bianche (dai Proud Boys ai Boogaloo) che fanno delle armi sbandierate quasi una connotazione etnica.

E quando c'è stato chi, come la quasi totalità dei giocatori della NBA, ha assunto una posizione critica nei confronti dei suoi atteggiamenti, Trump ha risposto a modo suo, non ignorando le critiche o facendone base per un dialogo, ma usando parole durissime, al limite dell'insulto.
Cose che la gente d'America - sia i suoi detrattori che i suoi incensatori - non dimentica.
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