In attesa di introdurre sostanziali novità basate sull’intelligenza artificiale e una serie di servizi ancillari tipo transfer e servizi per i bagagli entro il 2024, Airbnb ha scelto per l’estate un ritorno alle origini, ovvero ristrutturare l’offerta dando più rilevanza alle stanze: più economiche, si riconnettono allo spirito pionieristico degli inizi, quando gli allora 27enni Brian Chesky (oggi Ceo del gruppo) e Joe Gebbia, nel 2007, gonfiarono un materassino ad aria nel salotto del loro appartamento di San Francisco, trasformando così l’alloggio in un bed & breakfast.
Casa, ritorno alle origini: adesso è in voga la “staycation”
Oggi, la tendenza che sembra consolidarsi sta cambiando il mondo del turismo: si chiama staycation. Dopo un triennio di rivoluzioni personali e lavorative, segnato da “grandi dimissioni” e dalla voglia di ripartire dopo la crisi pandemica, moltissimi hanno deciso di «lavorare in vacanza». O almeno di viaggiare mentre lavorano: «Si tratta di un’offerta diversa, che risponde a esigenze che non sono quelle di chi sceglie un intero appartamento - ha dichiarato Giacomo Trovato, country manager di Airbnb per l’Italia e il Sud-Est Europa - se una famiglia preferisce trascorrere un soggiorno in un appartamento dove, oltre allo spazio, può avere maggiore tranquillità, chi viaggia da solo o in coppia può optare per questa alternativa. Proprio viaggiatori solitari e millennial, infatti, risultano più inclini a prenotare una stanza privata».
E aggiunge: «Tra le nuove tendenze che la pandemia ha portato con sé, quella che vediamo resistere, ormai da tre anni, è proprio quella dei soggiorni che superano i 28 giorni e che noi definiamo a lungo termine. Non a caso, i soggiorni di questo tipo rappresentano il 18% delle notti lorde totali prenotate nel primo trimestre del 2023. Spesso, infatti, i professionisti continuano a unire lavoro e vacanza grazie allo smartworking; in questo modo si fermano più a lungo in una località rispetto al classico weekend, portando vantaggi anche alle comunità locali».
A rendere la situazione in divenire, è anche il caro affitti, esploso in Italia nelle ultime settimane con un’ondata di proteste e manifestazioni nelle università, ma da sempre in cima alle criticità abitative del Paese, e non soltanto per il mondo degli studenti fuori sede. In molti accusano Airbnb e piattaforme simili di aver manipolato il mercato, spostandolo sulle locazioni turistiche a breve termine e penalizzando, quindi, le soluzioni per chi studia o lavora fuori dalla propria città d’origine o nuclei in difficoltà: «Crediamo che il numero delle case disponibili sulla piattaforma non sia tale da avere un impatto significativo sul mercato immobiliare – replica Trovato – stiamo parlando di pochi punti percentuali rispetto all’intero patrimonio immobiliare privato. Chiaramente, in alcuni centri storici di città ad alta vocazione turistica, la situazione è più delicata e bisogna avere un’attenzione maggiore nei confronti dei residenti. Auspichiamo che le regole non siano diverse da città a città e che tutelino il piccolo proprietario. Per quanto riguarda gli studenti, credo che le politiche per la casa siano e debbano restare prerogativa di chi governa la città, il mercato immobiliare privato non può supplire da solo a questo tipo di domanda. Gli studenti e gli studentati per i fuori sede rappresentano una forma di residenzialità specifica, con precise caratteristiche che non corrispondono a quelle del mercato residenziale privato».
L’obiettivo, insomma, secondo Airbnb non può che passare da una collaborazione con il governo e in particolare con i ministeri competenti: «La nostra proposta di collaborazione con il Ministero si basa su una regolamentazione quadro a livello nazionale del fenomeno degli affitti brevi, con tutele speciali per i centri storici delle città d’arte volte a gestire le situazioni di tensione abitativa, fino all’eventuale rimozione dell’annuncio, a patto che le nuove misure siano proporzionate e in linea con le proposte europee e non risultino punitive nei confronti di chi affitta, ad esempio, la casa di famiglia, soprattutto in un momento di crisi economica».
Ecco l’altro lato della medaglia: se da una parte gli affitti brevi alzano i prezzi, dall’altra la rendita costituisce comunque per molti l’unica fonte di entrate mensili. All’inizio del mese, non a caso, l’ultima trimestrale di Airbnb ha rispecchiato questo quadro contraddittorio. Nel primo trimestre 2023: il fatturato è stato di 1,8 miliardi di dollari, in aumento del 20% rispetto all’anno precedente. Le prospettive sul secondo trimestre, però, hanno prodotto un calo delle azioni intorno al 9-10 maggio, poi solo parzialmente contenuto: per il periodo in corso, infatti, la società prevede un fatturato di 2,35 – 2,45 miliardi di dollari, in aumento «solo» dal 12% al 16% rispetto all’anno precedente. Fatturato più alto, dunque, ma ritmo di crescita lievemente più basso rispetto al 2022, quando il ritorno alla normalità post-Covid fece d’altronde segnare soglie da record. In un contesto come quello turistico, tanto è bastato in quei giorni per scendere dai circa 127 dollari ad azione del 9 maggio ai 104 attuali. C’è anche da dire che lo scorso dicembre il titolo viaggiava intorno agli 82 dollari, ma chi segue il settore non considera la flessione particolarmente preoccupante.