Agcm sanziona società energetiche, spingendole verso il disastro

- di: Redazione
 
Quattro-cinque miliardi: a tanto ammonterebbero le perdite che, nel giro di pochi mesi, colpirebbero le sette società energetiche entrate nel mirino dell'AGCM, sulla base di una considerazione che si sta esponendo già a forti critiche. Bersaglio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, sono Enel, Eni, Hera, A2A, Edison, Acea ed Engie ''per presunte modifiche unilaterali illegittime del prezzo di fornitura di energia elettrica e di gas naturale''.
Già la formulazione della contestazione, quando se ne discuterà nelle sedi competenti (perché riteniamo le società in questione non accetteranno un responso così ultimativo senza difendersi) si presta a qualche considerazione perché se la stessa Autorità garante per la concorrenza avverte l'esigenza di definire ''presunte'' le modifiche ''unilaterali illegittime'' non lo fa sicuramente per rispetto del galateo.
Intanto, anche se le violazioni contestate sono definite ''presunte'', la sanzione irrogata ha una motivazione durissima perché contesta la ''mancata sospensione delle comunicazioni di proposta di modifica unilaterale delle condizioni economiche, inviate prima del 10 agosto 2022 e, in seguito, le proposte di aggiornamento o di rinnovo dei prezzi di fornitura, di carattere peggiorativo, giustificate sulla base della asserita scadenza delle offerte a prezzo fisso''.

L’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato sanziona società energetiche

Una condizione - ovvero avere subìto un aumento ingiustificato di prezzo - nella quale si troverebbero, secondo Agcm, la bellezza di 7.546.963, tra consumatori, condomini e le microimprese interessati dalle comunicazioni di variazione delle condizioni economiche, di cui circa 2.667.127 avrebbero già subito un ingiustificato aumento di prezzo.
Quindi l'Autorithy ha deciso che Enel, Eni, Hera, A2A, Edison, Acea ed Engie ''dovranno sospendere l’applicazione delle nuove condizioni economiche, mantenendo o ripristinando i prezzi praticati prima del 10 agosto 2022 e, inoltre, dovranno comunicare all’Autorità le misure che adotteranno al riguardo''.

Un colpo durissimo, al quale le società potranno opporsi nell'arco di appena sette giorni, termine abbastanza stretto entro il quale dovranno trovare argomenti per difendersi.
Una prima risposta è arrivata da Elettricità Futura e Utilitalia che, con una nota congiunta, chiedono al Governo e al Parlamento di intervenire sulla delicata questione, chiarendo, come è previsto dall’art. 3 del DL Aiuti-bis, che, contrariamente a quanto sostenuto dall'Agcom, ''è possibile aggiornare le condizioni economiche dei contratti di fornitura di energia alla scadenza delle stesse se si rispettano i termini di preavviso contrattualmente previsti e fermo restando il diritto di recesso dell’utente''. Se, quindi, la decisione dell''Autorità garante dovesse diventare esecutiva, gli operatori, a fronte della differenza tra prezzi attuali e quelli fissati nei contratti ben prima della crisi energetica, ''sarebbero costretti ad erogare il servizio sotto costo, senza che sia stato previsto alcun ristoro ai sensi del Regolamento europeo in materia di caro energia''. Cioè vendere a meno di quanto s'è comprato, cosa che è ''appena appena'' anti-economica.

Nel regolamento in questione, tanto per essere chiari, per l'Unione europea ''uno Stato che interviene sui prezzi dell’energia, di fatto regolandoli, è tenuto a risarcire le imprese''.
Se si pensa che nel 2022, per le purtroppo note tensioni internazionali, i prezzi all'ingrosso dell'elettricità sono aumentati di oltre sei volte e quelli del gas di sette volte, i calcoli - a livello di impatto economico - non sono difficili da fare.
Senza nemmeno apparire catastrofiste, ma appena legate alla realtà, le previsioni di Elettricità Futura e Utilitalia sono abbastanza nere, perché la decisione dell'Authority ''sta già producendo gravi conseguenze su un settore industriale strategico per la sicurezza e l’indipendenza energetica dell’Italia con ricadute negative per l’occupazione e l’indotto della filiera nazionale''.

Il motivo? ''Gli operatori sarebbero costretti fino ad aprile 2023 a vendere energia a un prezzo significativamente inferiore a quello a cui la comprano, dovendo continuare a venderla a prezzi definiti 12 o 24 mesi prima, prezzi che sono stati possibili solo in presenza di coperture oggi scadute''. Le sanzioni si tradurrebbero, oltre che nelle perdite, anche ''aggravando le difficoltà già fronteggiate da molti mesi (drammatico incremento della morosità, crisi di liquidità, esponenziale incremento delle garanzie da prestare sui mercati, altre misure sui presunti extra profitti). È concreto il rischio di fallimento per molti operatori di vendita medio-piccoli con conseguenti danni per lo Stato, il sistema e i consumatori''.
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