Acciaio: tra calo della domanda e crisi dell’ex Ilva, prodotti piani alla ricerca di un nuovo posizionamento

- di: Barbara Bizzarri
 

L’analisi di Mercato & Dintorni, il webinar di siderweb dedicato alla congiuntura siderurgica che si è tenuto questa mattina, parte dalla premessa che i prodotti piani, ovvero coils, lamiere e derivati, stiano tentando un riposizionamento sul mercato nazionale dell’acciaio. Dato il calo produttivo dell’ex Ilva di Taranto (-5 milioni di tonnellate circa tra il 2013 e il 2023), la filiera si è rivolta all’import e, soprattutto nell’ultimo quadriennio, i prezzi sono lievitati in tutta Europa.

Acciaio: tra calo della domanda e crisi dell’ex Ilva, prodotti piani alla ricerca di un nuovo posizionamento

Emanuele Norsa, analista di Kallanish e collaboratore siderweb, ha spiegato chedopo aver sfiorato i 600 €/t lo scorso ottobre, i prezzi dei coils a caldo in Nord Europa hanno fatto registrare una ripresa, sostenuta essenzialmente da un aumento dei costi delle materie prime; a cui si aggiunge un miglioramento del sentiment dopo un lungo periodo di debolezza della domanda. Tra novembre e gennaio, il principale produttore europeo, ArcelorMittal, ha alzato le proprie offerte quattro volte. Tuttavia, l’ultimo prezzo-obiettivo (800 €/t) non è ancora stato raggiunto, con i prezzi che sono rimasti per ora attorno ai 750 €/t.

Il livello produttivo dell’acciaio italiano nel 2023 è stato il peggiore degli ultimi 15 anni, 2020 escluso, con 21,1 milioni di tonnellate: in calo del -2,5%, secondo i dati Federacciai. I prodotti piani si sono mantenuti su volumi identici a quelli del 2020. “A questi è perlopiù dovuto il calo della produzione nazionale di acciaio”, chiarisce Stefano Ferrari, responsabile dell’Ufficio Studi siderweb. I prodotti lunghi hanno avuto una performance migliore.  Quanto all’import, nei primi 10 mesi del 2023 (Istat, ultimi dati disponibili) sono arrivati in Italia 10,2 milioni di tonnellate di prodotti piani (-1 milione rispetto allo stesso periodo del 2022) e 2,3 milioni di tonnellate di lunghi (-200mila tonnellate). Nello stesso periodo, l’Italia ha esportato 5,1 milioni di tonnellate di piani (+300mila tonnellate) e 5,2 milioni di tonnellate di lunghi (-200mila tonnellate). 

In questo quadro, il consumo apparente tra gennaio e ottobre 2023 è sceso di 1,8 milioni di tonnellate, di cui 1,3 a carico dei piani, persi soprattutto nel primo semestre, e 500mila dei lunghi: “Stiamo registrando movimenti di mercato che mostrano un riposizionamento dei prodotti piani rispetto al passato e anche nel loro stesso segmento, che andranno verificati nei prossimi anni – ha aggiunto Ferrari -. In termini di volumi e prezzi, attualmente i piani sono nettamente al di sopra del valore medio pre-Covid di circa 250 €/t e i loro derivati hanno aumentato il differenziale con la materia prima, i coils a caldo. Livelli di prezzo che potrebbero venire riassorbiti o diventare strutturali”. 

Antonio Marcegaglia, presidente e amministratore delegato di Marcegaglia Steel, ritiene che “la domanda apparente in questo inizio d’anno è su un livello migliore rispetto a fine 2023, quando aveva rallentato, forse anche eccessivamente, nel secondo semestre, con il destoccaggio che, a seconda dei segmenti, ha giocato un ruolo importante”. Se la domanda, e anche i prezzi, sono in controtendenza rispetto alla fase di debolezza di fine 2023, “il consumo finale resta sostanzialmente stabile e variegato. Ci sono alcuni settori in buona dinamica: le infrastrutture, soprattutto nel Nord Europa; le energie, in particolare le rinnovabili; ma anche l’agricoltura stanno performando bene; l’automotive e la meccanica si difendono. Altri segmenti sono invece un po’ più rallentati, in particolare l’edilizia civile, le costruzioni in generale e i beni di consumo durevoli”. Il quadro, ha sottolineato Marcegaglia, è di “sostanziale stabilità, con un’aspettativa, specie per il mercato italiano, che la messa a terra degli investimenti del Pnrr possa risvegliare la domanda nella seconda parte dell’anno”. In questo contesto, un’offerta contenuta “per la diminuzione dell’import e l’autodisciplina dei produttori europei fa sì che ci sia un equilibrio comunque sostenibile a livello europeo. Non saranno gli anni brillanti del’21 e del ’22 - ha osservato il presidente Marcegaglia -, ma mi aspetto una redditività e una marginalità discreta per tutta la filiera”.  

Quanto ad Acciaierie d’Italia, Marcegaglia ha sottolineato che “Taranto e la filiera nazionale, anche da ciclo integrale, sono un asset da preservare assolutamente. Oggi, è sotto gli occhi di tutti, la situazione è complessa e delicata, siamo nel mezzo delle discussioni e leggiamo le difficoltà sotto il profilo impiantistico, organizzativo, in parte anche finanziario. Occorrono atti di grande pragmatismo da parte di tutti gli attori coinvolti: credo sia sacrosanto il tentativo di fare sintesi tra l’interesse degli stakeholder. Se ciò non sarà possibile, spero che l’amministrazione straordinaria possa non essere troppo traumatica, per preservare la produzione e soprattutto le tante imprese dell’indotto. Uno stop sarebbe drammatico, anche dal punto di vista impiantistico, tecnico e operativo. Credo che una soluzione si troverà, magari pensando anche a un’Ilva ridimensionata rispetto ai volumi storici. L’asset non può essere abbandonato”.

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