Vino: quando il made in Italy fa la differenza. Il Focus On Sace sul settore vitivinicolo

- di: Barbara Leone
 
Il vino rappresenta un quarto dell’export dell’agroalimentare italiano. Un settore, quello vitivinicolo, che non conosce crisi. Ha resistito alla pandemia ed ancor oggi rappresenta uno dei prodotti di punta del made in Italy. Le vendite oltreconfine, infatti, sono cresciute anche nel 2021, con un incremento del 12,4% rispetto all’anno precedente per un valore complessivo pari a 7,3 miliardi di euro. E’ questo il quadro che emerge dall’indagine realizzata dall’Ufficio studi di Sace riportata all’interno del Focus On dal titolo “Vino: quando il made in Italy fa la differenza”, che analizza lo stato di salute di uno dei settori trainanti del made in Italy che si trova oggi a dover fare in conti con la guerra e il pericolo inflazione. I dati sono incoraggianti, anche se bisogna sottolineare il fatto che, stando alle ultime stime, il 2021 stata un’annata particolarmente scarsa per la produzione mondiale di vino.

La terza consecutiva sotto tono: 250 milioni di ettolitri (-4% rispetto al 2020 e -7% rispetto alla media ventennale), seppure di poco superiore al minimo toccato nel 2017. A guidare l’ottima performance dei vini italiani sui mercati esteri sono i vini fermi (5,2 miliardi di euro), che hanno chiuso l’anno a +9,1% dopo essersi mantenuti pressoché stabili nel 2020. Seguono gli spumanti (1,8 miliardi di euro), che dal 2011 riportano una crescita media a doppia cifra e nell’ultimo anno hanno segnato un marcato incremento (+23,7%); in particolare, è la domanda di prosecco a trainare il segmento con una crescita del 31,5% nel 2021 e del 14,1% in media negli ultimi quattro anni, a partire da quando è disponibile il dato disaggregato. I mosti, invece, continuano a rappresentare una componente residuale.

A trainare la buona dinamica delle esportazioni sono le peculiarità territoriali per cui l’Italia vanta numerosi riconoscimenti di qualità. In particolare, per valore, nel 2021 è stato il vino veneto quello che più di altri ha varcato i confini nazionali (quasi 2,5 miliardi di euro di  esportazioni). Un dato che si deve in particolar modo grazie all’ottima performance del Prosecco di Treviso (30% dell’export della regione), che nel 2021 ha esportato bollicine per quasi 830 milioni di euro, con una crescita quindi di oltre il 15% rispetto allo scorso anno. Seguono Piemonte e Toscana, che se la battono però anche con Trentino-Alto Adige, Emilia-Romagna e Lombardia che, grazie anche all’ottima performance estera del Franciacorta (+10,3%), presentano comunque buoni livelli di vendite oltreconfine.

Facendo un confronto internazionale, l’Italia si riconferma fra i primi Paesi esportatori, sia in termini di volume che di valore. Nel dettaglio, Francia, Italia e Spagna restano i principali esportatori mondiali di vino in valore. La quota italiana cresce nel tempo e si assesta saldamente al secondo posto, mentre Parigi vede il proprio peso scendere sotto il 30%; segue Madrid, con il 9% delle vendite globali realizzate oltre i confini nazionali. A giocare a favore dei cugini d’oltralpe sono i prezzi dei vini, mediamente più alti di quelli italiani, in particolare nel confronto tra “bollicine” con lo champagne francese da un lato e il prosecco italiano dall’altro. I dati in quantità mostrano, invece, un quadro differente, dove la quota maggiore è riconducibile alla Spagna (20,2%), seguita strettamente dall’Italia (20,1%), mentre la Francia rappresenta “solo” il 13,7%. C’è da dire che l’ottimo posizionamento dell’Italia beneficia anche di una consistente crescita dei consumi di vino, trainata sia da geografie più consolidate come quella americana (gli Stati Uniti sono il primo mercato di destinazione dell’export italiano di vini), ma anche da destinazioni meno presidiate ma dall’alto potenziale, come per esempio Cina e Giappone dove il valore delle vendite di vino italiano è già abbastanza rilevante anche se non al pieno delle potenzialità.

Resta da vedere cosa succederà ora con la guerra praticamente alle porte di casa nostra. Gli effetti dell’attuale conflitto bellico tra Russia e Ucraina, infatti, si riflettono anche sul settore del vino, sia da un punto di vista di approvvigionamento di materie prime (su tutti l’alluminio e i fertilizzanti) sia da un punto di vista energetico (la produzione di vetro e carta, per bottiglie, etichette e cartoni per imballaggi, è infatti energivora). Le ripercussioni di tali costi aggiuntivi si iniziano a intravedere, ma sarà la durata del conflitto a determinare la vera portata dei suoi effetti sull’andamento del settore. Senza contare il fatto che nel 2021 la Russia ha rappresentato il 12° mercato di destinazione per le esportazioni di vini italiani (con €149 milioni, pari al 2,1% del totale di vini esportati), dietro al Giappone e davanti alla Cina, con una crescita (+18,4% rispetto al 2020) superiore alla media.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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