(Foto: il presidente Usa Trump e il vice Vance).
È la vittoria politica di J.D. Vance. Non un dettaglio protocollare, ma una scelta che riscrive la geometria del potere: i parlamentari di Alternative für Deutschland tornano alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco. Dopo anni di esclusione, l’ultradestra tedesca rientra nel circuito più sensibile della geopolitica occidentale. E l’impronta americana è evidente. C0me è chiara. Come è chiaro l’obiettivo. Il trumpismo, di cui Vance è peraltro l’ala più estremista e fanatico di un movimento già estremista e populista di suo, ha l’obiettivo di colpire e distruggere l’Unione europea per tornare alle piccole patrie più deboli dell’Ue e quindi più facili da manovrare e mettere sotto. In questo contesto ci vogliono i cavalli di Troia, a cominciare dall’Afd passando per Òrban, Le Pen, Fico e in Italia la Lega, con la Meloni, grande amica di Trump come lo era di Bannon, in bilico.
Vance aveva preparato il terreno con un attacco frontale già dalla scorsa edizione: “Escludere un partito eletto dal Parlamento significa colpire la libertà di parola”. Una frase pensata per diventare linea politica, non semplice polemica da conferenza.
Il pressing Usa e la svolta di Monaco
Gli organizzatori spiegano la scelta come ritorno a un criterio “istituzionale”: inviti ai parlamentari dei partiti presenti al Bundestag, con particolare attenzione ai membri delle commissioni Esteri e Difesa. Ma la coincidenza politica è troppo precisa per passare come neutra: la pressione americana contro l’isolamento dell’AfD è stata costante e pubblica.
Nel frattempo, in Germania monta un secondo fronte: la discussione sul ruolo dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione, l’organismo che monitora l’estrema destra. Il tema diventa parte della stessa battaglia: chi controlla, chi legittima, chi decide cosa è “accettabile” nello spazio politico occidentale.
AfD, un ritorno che divide Berlino
Il rientro dell’AfD, forza guidata da Alice Weidel, spacca la politica tedesca. I critici parlano di normalizzazione e rischio reputazionale; i sostenitori ribaltano l’argomento: ignorare una forza rappresentata in Parlamento sarebbe un errore democratico e strategico.
La reazione più dura arriva dall’area conservatrice bavarese: “La loro presenza sarebbe un rischio per la sicurezza”, è l’avvertimento che rimbalza da ambienti CSU, con l’accusa di contatti e vicinanze con attori come Russia e Cina. Un punto che, a Monaco, pesa due volte: qui non si discute solo di politica, ma di accesso a reti e informazioni.
Il significato politico: Vance al centro
La mossa è un segnale transatlantico: non è soltanto “chi siede in sala”, ma quale idea di democrazia prevale. Per Vance, il rischio non è il confronto: è l’illusione che un partito scompaia perché lo si esclude. In questa logica, rompere il cordone sanitario diventa una scelta di metodo, oltre che di potere.
Risultato: Monaco si trasforma nel laboratorio di un nuovo equilibrio. Meno tabù. Più frizione. E un precedente che non resterà confinato a una sola conferenza.
Un precedente destinato a pesare
La Conferenza di Monaco sarà osservata al microscopio: incontri, fotografie, strette di mano, margini di conversazione. Perché l’invito all’AfD non è un episodio: è un test. E, soprattutto, è la prova che J.D. Vance ha imposto la sua linea.