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Storpiatori d’Italia

- di: Barbara Leone
 
Ma noi… Noi, che diavolo abbiamo fatto di male per meritarci l’Inno di Mameli cantato da Gigi D’Alessio con la mano in tasca e Clementino che, berretto in testa, rappa un osceno “frate’”? Nel Paese del Bel canto, che ha dato vita al melodramma intarsiando il firmamento della lirica di stelle inarrivabili quali Beniamino Gigli, Tito Schipa, Pavarotti o Giuseppe Di Stefano, noi ci meritiamo questo? E ancor di più: nella città che ha dato i natali a Caruso e Carosone, giusto per citarne un paio, e che ha partorito le più struggenti canzoni di musica popolare, noi veramente ma veramente ci meritiamo Gigi D’Alessio e Clementino che storpiano il nostro Inno dalla prima all’ultima nota, pause comprese? Lo spettacolo andato in scena ieri allo stadio Maradona, ex San Paolo, di Napoli prima della partita Italia-Inghilterra grida vendetta. E manco sto a dire dei vergognosi fischi che hanno sommerso quello inglese di inno, peraltro interpretato ad capocchiam pure quello da una tipa che era stata rifiutata finanche ai casting di “Amici”. E ho detto tutto. Della serie, ieri per la musica non era proprio serata. Mancavano solo il falò e le salsicce alla brava e ci ritrovavamo dritti per dritti alla sagra della porchetta. Pardon, del casatiello. Ma dico io: l’Inno nazionale è una roba seria, solenne. E questi due che fanno? Lo trasformano in una marcetta remixata stile karaoke con tanto di beat in sottofondo.

D'Alessio e Clementino cantano?!? l'inno di Mameli

Fratelli/ tunz tunz /d’Italia tunz tunz/ l’Italia tunz tunz/ s’è desta tunz tunz. Povero Goffredo Mameli, si sarà rigirato nella tomba. Anzi, avrà fatto la break. Una cafonata pazzesca! Oltre che una cacofonia collettiva. L’Inno quello è e quello è. Stop. Non è tuo, caro Giggino, e nemmeno tuo, caro Clamentino. E’ nostro, di tutti gli italiani. Remixatevi le canzoni vostre, se proprio volete fare gli splendidi. Ok, non è esattamente un capolavoro. Perché, diciamo la verità, il nostro Inno è un po’ la brutta copia di quello maestoso e imponente dei cugini francesi. Sarà forse pure per questo che ci guardano sempre un po’ dall’alto in basso, chissà. Ma tant’è, è il nostro Inno, quello che ci rappresenta e merita rispetto. Dietro quei versi, dietro quel testo scritto da un giovane soldato ventenne, c'è la nostra storia, la storia di chi ha dato la vita per la nostra Patria. E’ un Inno che carica di emozione chi l'ascolta e chi l'esegue nella sua sacralità. E quando lo si esegue, anche se si tratta di una partita di pallone, resta comunque sacro. E’ un momento istituzionale, non la festa di tuo cugggino con venti birre in corpo. Che poi, proprio non lo vogliono capire che i napoletani veri provano una vergogna infinita quando a rappresentarli sono i vari Gigi D’Alessio e Clementino, lontani anni luce dal meraviglioso e nobile spirito della napoletanità. Una scelta pessima, insomma. Sponsorizzata, pare, direttamente da Aurelio De Laurentis, presidente del Napoli e amico di vecchia data dei due storpiatori. Scelta scellerata, e che non ha manco portato bene, visto il risultato della partita. Magari la prossima volta potremmo mettere le loro canzoni negli spogliatoi avversari. Vedi mai che magari li rincretiniamo un po’ e vinciamo.  

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