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Sotto il pelo, niente. Per tutto il resto, c’è il bancomat

- di: Barbara Bizzarri
 
Un giorno racconterò della sconfitta delle generazioni cresciute sulle ‘sudate carte’ e che non avevano onlyfans né cellulari a telecamera multipla. Un giorno lo farò, ma non oggi: oggi si discetta, prodromicamente, della tizia che vende i peli delle sue ascelle online per devolvere gli incassi a un canile (nobile intento), rasati alla bisogna da una  collega che proclama di non avere rapporti sessuali da sette anni (nobilissima missione), un duo che sottolinea in coro quanto sia da idioti perculare chi quei peli, effettivamente, li compra, perché i criticoni sono vittime del (trascrivo dal post di IG) “doppiopesismo ipocrita da cui sono pervasi per cui, al contrario, se spendi migliaia di euro per una Ferrari o per un rolex il tuo status cresce” (sì, ditelo a Shakira e a Piquè). 

Comunque colpa nostra, che ancora non sappiamo assimilare il valore dei peli di una sex worker (adesso si dice così, onore al merito per ‘After Life’ e Ricky Gervais) a Versace e che, soprattutto, sospettiamo che le opinioni (ammesso che siano davvero le sue) di una che va ancora a scuola possano essere, più spesso che talvolta, bellamente ignorate dato che, se a diciotto anni si ritrova su onlyfans a dibattere per le sex workers, a trenta, o forse anche prima, cercherà di metterci una pezza con il classico ‘ah, ero così giovane e immatura’, cercando di cancellare l’incancellabile (si sa, il web prende, il web -non- toglie), in particolare se la missione ‘arricchirsi alla svelta a spese dei boccaloni’ sarà compiuta. 

L’agiografia della ragazza è breve: Maria Sofia Federico, neodiciottenne che ha partecipato al reality “Il collegio”, dopo fiumi di retorica sulla mercificazione del corpo delle donne, appena divenuta maggiorenne si è aperta un account su OnlyFans, da dove, insieme ad altre varie amenità, difende e tenta di rendere socialmente accettabile l’incesto, ancora non si capisce perché. Si definisce militante, che a diciott’anni è un ossimoro, a meno che non si faccia le figuranti per cause altrui (Greta docet) e venticinque anni dopo Julia Roberts, ma pochi mesi dopo Giorgia Soleri (a proposito: finalmente la sceneggiata con Damiano è finita), considera non depilarsi le ascelle un gesto politico. Poi, però, ha venduto i peli perché, nell’epoca più cretina che storia ricordi, esiste chi li compra, e secondo lei non deve essere stigmatizzato. 

Giusto, visto che chi lo fa resta, anche se non nel caso specifico, la sua fonte di sostentamento e ci mancherebbe pure che non la accogliesse con spirito e comprensione da benefattrice. Del resto l’opera è a fin di bene, quindi, con quale cuore accusarla, fra qualche giorno, di reiterare per fatturare? D’altronde, non bastano le farneticazioni da social per cambiare davvero le idee del prossimo, soprattutto se certe prese di posizione sono dovute più a esigenze commerciali che a ideali rivoluzionari da nouvelle Saint Just. Insomma, vale tutto e tutto deve essere normalizzato: basta che paghino. Resta quel retrogusto un po’ amaro che fa pensare e canterellare ‘povera patria’, pensando al Paese ridicolo in cui viviamo. Ma, ut supra, di questa disfatta parleremo un’altra volta. 
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