"Dimissioni irrevocabili" chiudono in fretta il caso Sangiuliano, immediatamente sostituito da Giuli

- di: Francesco Di Stefano
 
Era partito con un preciso mandato: quello di riscrivere il copione della cultura italiana, affrancandola da quella che, nella narrazione dei patrioti, è stata per troppo tempo la dittatura della Sinistra. Un mandato che non potrà onorare perché Gennaro Sangiuliano si è dimesso da ministro della Cultura,  sotto le scudisciate di una vicenda che, da personale, è assurta a uno scandalo dalle forti connotazioni morali e politiche che hanno portato il Paese all'attenzione internazionale.

Le sue, ha scritto, sono dimissioni irrevocabili, rinnovando il suo ringraziamento al presidente del consiglio che lo ha difeso ben oltre il pensabile, ma che ha dovuto prendere atto che la polemica è diventata ben più grande di quello che si pensava di potere ridimensionare con qualche frase di solidarietà al suo ministro sotto attacco. 

Ma nelle ultime ore qualcosa deve essere accaduto (forse la netta percezione dell'enormità della vicenda), anche se, appena nel primo pomeriggio, Sangiuliano era apparso determinato a difendersi in ogni sede, compresa quella giudiziaria, dalla congerie di mezze accuse, allusioni, ammiccamenti, in un clima da ''io so che tu sai che io so'' che ha reso non più difendibile la sua posizione. E quindi la sua permanenza in un governo che forse, al di là delle pacche sulle spalle e delle pubbliche attestazioni di stima, tutte formali, quasi fredde, non è che si sia speso più di tanto. 

Non ha avuto quindi fortuna la strategia di Fratelli d'Italia di ridurre tutta questa storia a semplice gossip (come ha detto uno dei più fidati luogotenenti del premier, Giovanni Donzelli), anche perché, per effetto delle rivelazioni incrociate di Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia, di pettegolezzo c'è stato ben poco, trattandosi di fatti certi. Interpretati dai due in base alla rispettiva convenienza, ma comunque accertati, con annesso lo sbandieramento o la pubblicazione di documenti, estratti conto e altre carte. 

La stessa lettera che Sangiuliano ha inviato a Giorgia Meloni per comunicare la sua decisione  sembra più la sintesi di una resa - come unica soluzione rimasta - e non l'annuncio della volontà di proseguire, su altri campi, la sua difesa o la battaglia politica. Forse gli resta quella culturale, ben poca cosa rispetto alle ambizioni mostrate nell'assumere il ruolo di demiurgo del nuovo pensiero di destra.  

''Caro presidente, cara Giorgia - ha scritto Sangiuliano -, dopo aver a lungo meditato, in giornate dolorose e cariche di odio nei miei confronti da parte di un certo sistema politico mediatico, ho deciso di rassegnare in termini irrevocabili le mie dimissioni da Ministro della Cultura. Ti ringrazio per avermi difeso con decisione, per aver già respinto la prima richiesta di dimissioni, e per l'affetto che ancora una volta mi hai testimoniato''.  La lettera continua affermando che ''le istituzioni sono un valore troppo alto per sottostare alle ragioni dei singoli'', cercando di dare una spiegazione a quanto accaduto: ''Sono consapevole di aver toccato un nervo sensibile e di essermi attirato molte inimicizie avendo scelto di rivedere il sistema dei contributi al cinema ricercando più efficienza e meno sprechi. Questo lavoro non può essere macchiato e soprattutto fermato da questioni di gossip. Andrò fino in fondo per verificare se alla vicenda abbiano concorso interessi diversi e agirò contro chi ha pubblicato fake news in questi giorni. Ora cerco tranquillità per stare accanto a mia moglie che amo''. 

La lettera si presta a qualche considerazione, la prima e più scontata delle quali è che Sangiuliano ha voluto pagare il debito di riconoscenza nei confronti di Giorgia Meloni, per averlo dapprima voluto come ministro, quindi, allo scoppiare del caso, difeso al punto da respingere le dimissioni che pure lui aveva presentato. 

Dove la lettera - che non tocca se non marginalmente la vicenda che lo ha visto protagonista, sia pure perché tirato in ballo da una persona alla quale era sentimentalmente legato - diventa ''politica'' è quando Sangiuliano addebita l'accaduto non ai suoi comportamenti privati e a come essi abbiano avuto riflessi sul suo profilo pubblico, ma adombrando l'esistenza di un ''deep state'' o di una conventicola di speculatori che si sono ribellati alla sua agenda (''più efficienza e meno sprechi''), orchestrando trame misteriose contro di lui. 

Come fa intendere quando preannunzia che vorrà capire se ci siano stati registi occulti e se quindi la sua amica di ieri e nemica di oggi sia stata strumento, più o meno consapevole, di un complotto.

Comunque, umanamente, si può anche comprendere che, per il suo passo d'addio alla politica, Gennaro Sangiuliano abbia fatto ricorso ad uno stratagemma caro a chi esce di scena, ma non lo accetta. 

Ovvero: trovare qualcuno da accusare, senza ammettere i propri errori. Di quello che, in questi giorni, non solo l'opposizione, ma anche influenti media stranieri hanno detto e scritto di lui, l'ex ministro non fa menzione, preferendo fare capire di essere pronto a tutto pur di uscirne pulito. Ma se sei coperto dal fango e non ammetti d'esserti tuffato volontariamente in una pozzanghera è difficile che ti si creda.

Forse ammettere di avere dato fiducia a qualcuno che gli si è rivoltato contro avrebbe aiutato Sangiuliano a uscirne meglio; forse spiegare se nelle sue scelte abbia pesato il rapporto con Maria Rosaria Boccia gli avrebbe dato una credibilità diversa. 

Nella lettera, infine, manca una assunzione di responsabilità, cui tanto si fa ricorso quando c'è da autoincensarsi, ma che quasi sempre manca quando qualcosa va male. 

Una assunzione di responsabilità che invece oggi avrebbe dovuto spingerlo a scrivere, non solo a farlo capire parlando in televisione, di avere sbagliato.  Cosa che gli avrebbe restituito un afflato di normalità, quella che in fondo ci rende quasi tutti eguali. 

Ora Gennaro Sangiuliano esce di scena, tornandosene in Rai con la qualifica che aveva all'atto della sua nomina, direttore, e creando anche qualche problemino in ordine alla sua futura collocazione, essendo l'uomo ''ingombrante'' in termini di personalità. A prenderne il posto, al Ministero, è Alessandro Giuli, presidente della fondazione Maxxi (la grande struttura museale di Roma), intellettuale di destra, scrittore e giornalista, che ha già giurato, quasi a sancire che il ''capitolo Sangiuliano'' fa parte di un libro ormai chiuso e che, nella ''biblioteca'' del governo, finirà nascosto e impolverato.
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