Salario minimo, assemblea CNEL approva documento finale

 
L’Assemblea del CNEL, nella seduta che si è svolta questa mattina a Villa Lubin con la partecipazione della pressoché totalità dei consiglieri (62 su 64), ha approvato il documento finale sul lavoro povero e il salario minimo. Il via libera al testo è giunto a larga maggioranza, con 15 voti contrari.

Il documento approvato oggi è il frutto di un serrato lavoro istruttorio della Commissione dell’Informazione, più volta riunitasi per mettere a punto la versione definitiva. Un iter che si è avviato sostanzialmente all’indomani della richiesta del Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, l’11 agosto scorso, e poi in modo formale dal 22 settembre, giorno di insediamento della nuova Consiliatura.

Il documento, costituito da una prima parte di inquadramento e analisi e una seconda parte con conclusioni e proposte, arriva quindi in dirittura d’arrivo entro i 60 giorni indicati da Palazzo Chigi.

“All’esito del lavoro istruttorio e del voto in Assemblea – ha dichiarato il presidente del CNEL, il prof. Renato Brunetta – desidero per prima cosa ringraziare il Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, che ha inteso dare seguito alla felice intuizione dei nostri padri costituenti di dare vita al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro quale luogo di incontro e confronto tra esperti e rappresentanti delle categorie produttive cioè dei portatori dei saperi e dei portatori di interessi. Un incontro e confronto che, pur nella varietà dei punti di vista e delle opinioni, non è mai scontro ma un contributo di “osservazioni e proposte” per facilitare il compito di Governo e Parlamento nella elaborazione della legislazione economica e sociale. È pertanto con un senso di profonda soddisfazione personale e di orgoglio istituzionale che registro la capacità del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro di realizzare in poche settimane di lavoro un contributo di grande spessore tecnico e progettuale che prospetta per il nostro Paese un piano nazionale di azione che, su una materia così complessa e fortemente viziata da apriorismi ideologici, tende a far leva su un ampliamento e consolidamento degli spazi della contrattazione collettiva di qualità. Nulla di sorprendente se si guarda alla storia del nostro Paese e dello stesso Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro che ha sempre avvertito il legislatore dei rischi di un intervento legislativo in materia preferendo piuttosto seguire la via indicata dalla Costituzione di affidare alle parti sociali il compito di governare le dinamiche del mercato del lavoro intrecciando i temi del salario a quelli della produttività e della qualità del lavoro. Sono certo che, una volta affievolita la contesa politica, che vede una estrema e ingiustificata polarizzazione tra chi è a favore e è chi contro il salario minimo, sarà possibile apprezzare il documento approvato oggi a larga maggioranza dal Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro che individua una “cassetta degli attrezzi” per gestire, in modo articolato e mirato le diverse criticità del lavoro povero e dei salari minimi adeguati per tutti i lavoratori (non solo i dipendenti e non solo i livelli più bassi delle scale di classificazione contrattuale) che non possono certo essere risolti attraverso soluzioni semplicistiche che non sanno poi fare i conti con la realtà e con i bisogni delle persone in carne e ossa. È la mia storia personale a confermare che ho sempre seguito una sola strada che è quella di stare “dalla parte dei lavoratori” e sono convinto che questo documento confermi la coerenza di una storia che assegna al Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro un compito istituzionale che non intende entrare nelle dinamiche della contesa politica”.

“L’intera rappresentanza datoriale, pur nelle sue diverse espressioni di settore, si è dimostrata compatta nel difendere il sistema della contrattazione collettiva, rispetto a soluzioni semplicistiche di un problema complesso, come quello del lavoro povero”. Così si è espresso il vicepresidente Floriano Botta, di Confindustria. “Le imprese che aderiscono alle associazioni di rappresentanza più rappresentative ha aggiunto – sono impegnate al rispetto dei contratti e della legalità e non possono non segnalare le situazioni di alterazioni della concorrenza, da parte di soggetti datoriali che non applicano i trattamenti retributivi complessivi previsti nei contratti collettivi. Guardiamo pertanto con estremo favore l’idea di un piano di azione nazionale, che potrebbe essere anche un utile contributo per consentire a Governo e Parlamento di riorientare, in termini di maggiore efficienza ed effettività, le risorse economiche a sostegno della contrattazione collettiva, dell’occupazione di qualità, del welfare aziendale e della produttività. Si tratta di ingenti risorse pubbliche che andrebbero indirizzate, in termini selettivi, verso i soli sistemi di contrattazione collettiva e bilateralità più consolidati e la cui fruibilità si suggerisce venga subordinata alla condizione della integrale applicazione dei trattamenti retributivi complessivi garantiti dai contratti collettivi più diffusi, a livello nazionale di categoria”.

“Il lavoro istruttorio e di analisi svolto dal CNEL – ha evidenziato il vicepresidente Claudio Risso, della CISL – contribuisce a chiarire come l’introduzione di un salario minimo legale non risolverebbe la grande questione del lavoro povero che va ben oltre il tema delle retribuzioni. La povertà lavorativa riguarda, infatti, la quantità di lavoro nell’arco dell’anno per chi vive di contratti precari e intermittenti, la composizione del reddito all’interno del nucleo familiare e l’azione redistributiva dello Stato. Quanto ai trattamenti retributivi giusti e dignitosi, il CNEL ritiene che la contrattazione collettiva sia ancora oggi la sede da privilegiare e valorizzare sottolineando l’importanza di controlli e interventi di vigilanza nell’estesa area della parasubordinazione e del finto lavoro autonomo. Questa posizione era condivisa da tutte le confederazioni sindacali sino a pochissimi anni fa. E sarà pertanto doveroso, su un tema così importante e nell’interesse dei lavoratori, lavorare da domani, quando si spegneranno i riflettori sul tema del salario minimo, per ricomporre l’unità del sindacato, che è forte se rimane autonomo dalla politica”.
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