Romeo, Giulietta e lo gne gne a scoppio ritardato

- di: Barbara Bizzarri
 
Non bastavano le tardive del metoo, tutte belleaddormentate risvegliate mediamente venti anni dopo i supposti misfatti, oppure la carampana che ha appena denunciato Steve Tyler, cantante degli Aerosmith, cinquant'anni dopo la loro storia, sedici anni lei e venticinque lui: sono stati insieme per tre anni, però lei ha capito soltanto adesso di essere stata incantata dalla sua aura di rockstar, nonostante si fosse emancipata dalla madre per iniziare la loro convivenza. Insomma, in questa epoca di pezzenti, soprattutto morali, cosa (non) si fa pur di tentare l’assalto a quattro spicci. Ora dall'oblio sono emersi pure Olivia Hussey e Leonard Whiting, ovvero gli interpreti di ‘Romeo e Giulietta’ di Franco Zeffirelli, magnifico film con un cast di tutto rispetto (se non lo avete mai visto, è giunta l'ora di colmare questa lacuna vergognosa. Già il solo John McEnery, nel ruolo di Mercuzio, vale la visione). Ebbene, i due, dopo cinquantacinque anni, hanno chiesto un risarcimento di cinquecento milioni di dollari alla Paramount, colpevole, a loro dire, di averli sfruttati sessualmente per una scena di nudo nel film, manco avessero recitato in un pornazzo da quattro soldi e non in un capolavoro di Shakespeare, anche lui messo al bando da Università che, contrariamente alla loro missione, ormai grondano ottusità e ignoranza. Oltretutto si tratta di una scena d’amore, forse la più delicata e innocente che storia del cinema ricordi, difesa da Hussey con tutte le sue forze in un’intervista a Variety perché, affermò, era necessaria al film e sulla quale aveva perfino ironizzato: alla prima non le fu permesso di entrare proprio per il nudo incriminato, dato che era minorenne (ma, si presume, in grado di leggere un copione), e commentò che le era proibito vedere su uno schermo ciò che vedeva tutti i giorni allo specchio. Nessuno shock, dunque: “Tutti pensano: erano così giovani che probabilmente non si rendevano conto. Ma noi eravamo molto consapevoli”, affermava, qualche anno fa, la Giulietta d’antan.

Romeo e Giulietta, il nudo rinnegato

È triste, e amaro, che gli interpreti di un capolavoro del genere, i volti che hanno incarnato la bellezza e il dolore dei due “star-crossed lovers” narrati da un genio immortale, abbiano macchiato un’opera epica con argomentazioni squallide, riesumate ovviamente quando nessuno, soprattutto il regista, può pronunciarsi in proposito: il portavoce dei due, Tony Marinozzi – varrebbe un pezzo a parte soltanto per il nome – batte cassa stracciandosi le vesti conto terzi perché i due ragazzi non erano preparati, non potevano ribellarsi a quanto era stato chiesto loro, e niente abitini color carne a coprire le pudenda - anzi, nemmeno, dato che si parla del seno di Giulietta e delle chiappe di Romeo - come promesso inizialmente, e via di svolazzamenti pindarici fino a planare sugli ovvii danni emotivi e ansia paralizzante di cui i due attori avrebbero sofferto per i decenni successivi, poco importa che  Olivia Hussey abbia continuato a lavorare con Zeffirelli, nonostante lo shock: “Franco, voglio lavorare soltanto con te”, diceva la sventurata.  Ben altra sorte toccò a Maria Schneider, che Bertolucci ammise pubblicamente di aver ingannato per la scena del burro in Ultimo Tango: non fu avvisata della modifica apportata alla sceneggiatura perché durante le riprese sul suo viso “si vedesse l’umiliazione”, oppure a Shelley Duvall, bersaglio delle vessazioni di Kubrick perché si calasse appieno nel ruolo della moglie di Jack Torrance in Shining, tanto che la poverina, da allora, non se ne è più liberata.  A essere maligni, verrebbe da pensare che si tratti di una mossa strategica per tornare sotto i riflettori a rimpinguare tasche sguarnite dopo decenni di inattività: a meno che, essendo entrambi gli attori ultrasettantenni, siano male consigliati o peggio, gestiti, oltre che dai soliti avvocati famelici, anche da qualche adepto della cancel culture, pronto a dissacrare la bellezza e soprattutto a eliminare la dignità, in una delle epoche più ridicole che la storia ricordi.
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