Report EY: Milano, Bologna e Torino le città più vicine al modello della Human Smart City
- di: Barbara Leone
L’esperienza del lockdown, e più ampiamente l’impatto del covid, hanno modificato profondamente le priorità e le abitudini degli italiani generando nuovi valori e comportamenti caratterizzati da un ripensamento di luoghi e modalità di lavoro oltre che dal recupero del senso di comunità. Il tutto ha avuto impatti considerevoli sui lavoratori e, di conseguenza, sull’evoluzione delle città. È per questa ragione che la sesta edizione dello Smart City Index di EY diventa Human Smart City Index, integrando indicatori legati ai comportamenti ecologici, alle competenze digitali dei cittadini e all’inclusione sociale. “La domanda di città ‘a misura di persona’ - commenta Andrea D’Acunto, People Advisory Services leader di EY in Italia - sta emergendo in maniera molto forte e anche le aziende si trovano a dover comprendere e gestire l’impatto dei nuovi trend urbani sui loro dipendenti: lo smart working, una nuova visione del lavoro e dei valori a esso legato sono la parte più evidente, ma la maggiore attenzione all’ambiente, il desiderio di spostamenti più sostenibili e un miglior bilanciamento tra lavoro e vita privata sono trend irreversibili. Le città che saranno più capaci e più veloci nel riprogettarsi e nel riqualificare gli spazi residenziali e di lavoro diventeranno più attrattive. La Human Smart City è la città che (ri) progetta infrastrutture e servizi coniugando centralità della persona, innovazione tecnologica e sostenibilità e rappresenta un’opportunità sia per le aziende sia per le amministrazioni locali di attrarre lavoratori e cittadini. In questo particolare contesto storico le città non devono investire soltanto in infrastrutture e servizi, ma anche e soprattutto nell’ascolto dei cittadini e dei lavoratori. La componente sociale - dice in conclusione D’Acunto - è diventata centrale anche nella competizione tra le città per l’attrazione di aziende e talenti. Le nuove relazioni tra città e aziende devono essere reimpostate mantenendo le persone al centro”.
Ma qual è la situazione attuale in Italia? Incrociando i dati legati agli investimenti e alle iniziative delle città, che misurano quanto esse siano già pronte a ridisegnare spazi e tempi intorno alle esigenze delle persone (readiness) con i comportamenti dei cittadini (intesi nella più ampia accezione di lavoratori, consumatori, turisti, pendolari, studenti, imprenditori, etc.) sui tre assi strategici della transizione ecologica, della transizione digitale e dell’inclusione sociale, si delinea un vero e proprio ranking, che classifica le città italiane in base al loro processo di trasformazione in città “a misura di persona”. Ne viene fuori una fotografia dell’ecosistema urbano italiano non ancora maturo, ma in piena evoluzione e con ampi margini di miglioramento. “Nell’edizione di quest’anno - spiega Marco Mena, Senior Advisor di EY e responsabile dello Human Smart City Index -, che comprende 456 indicatori, abbiamo introdotto misurazioni legate all’inclusione sociale e preso in considerazione anche comportamenti ecologici, competenze digitali, propensione all’imprenditorialità e così via, perché i cittadini sono sempre più parte attiva della riorganizzazione urbana. Oggi il modello della metropoli ipertecnologica perde di slancio, a favore del modello più ‘umano’ delle città medie e piccole, dove le relazioni sociali sono più strette e i comportamenti sostenibili più facili. Tali città, secondo questa nuova visione, recuperano significativamente il gap rispetto alle città più grandi, anche se non riescono ancora a raggiungerle”. E così nel report EY troviamo Milano, Bologna e Torino sul podio delle città a “misura di persona”. E più in generale si riducono le distanze tra città metropolitane e centri più piccoli, anche se permane una forte differenza tra Nord e Sud. Nel dettaglio, rispetto alle due componenti dello Human Smart City Index, Milano si conferma la città in cima alla classifica sia per readiness (86,83 su una scala da 1 a 100) sia per comportamenti dei cittadini (83). Il punto di forza del capoluogo lombardo è legato perlopiù alla transizione digitale, sia per quanto attiene alle infrastrutture (ultra-broadband, 5G e IoT) sia per le competenze dei cittadini e l’utilizzo dei servizi online. Segue Bologna, grazie al primato in termini di inclusione sociale (soprattutto per le spese sociali e per il coinvolgimento dei cittadini nella vita pubblica della città), con una readiness particolarmente elevata (86,70). Torino consolida la presenza sul podio – pur passando dal secondo posto del 2020 al terzo posto del 2022 - grazie alla componente legata ai comportamenti dei cittadini (82,32), soprattutto in termini di transazione ecologica. Seguono cinque città medie: Trento, Parma, Bergamo, Padova e Brescia e chiudono la top ten Venezia e Firenze. Roma si posiziona al dodicesimo posto e cede cinque posizioni rispetto al ranking 2020. A penalizzare la capitale soprattutto un marcato ritardo nel processo di transizione ecologica. La prima città piccola (meno di 80 mila abitati) in classifica è Pordenone (21° posto), mentre le prime tre città del Sud sono Cagliari (19° posto), Napoli (34° posto) e Bari (36° posto). Enna, Barletta e Carbonia chiudono la classifica di questo rinnovato indice. La distribuzione geografica delle città mostra un notevole “human smart divide” tra Nord e Sud. Infatti, la classifica regionale (basata sul valore medio dello Human Smart City Index tra i capoluoghi di provincia) mostra un netto predominio del Centro-Nord: il Trentino-Alto Adige, l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia.
Le regioni del Sud si collocano in fondo alla classifica, in particolare con Molise, Puglia e Calabria agli ultimi tre posti. Tra le 40 città del Sud solamente 3 città metropolitane sono nella prima fascia: Cagliari, Napoli e Bari. Viceversa, al Nord, delle 47 città, ben 29 sono nella prima fascia del ranking e solo 6 nella terza fascia. Nel Centro, invece, la situazione appare più equilibrata: 5 città sono in prima fascia, 12 in seconda e 5 in terza. La dimensione delle città è infatti sempre stata una variabile determinante nella realizzazione della smart city e anche quest’anno, le città metropolitane prevalgono sui centri medi e piccoli. Le città con alto punteggio di readiness e basso punteggio di comportamenti investono e sviluppano iniziative, ma fanno fatica a coinvolgere i cittadini e hanno ottenuto finora una risposta largamente inferiore agli sforzi profusi. Si tratta di metropoli del Sud che hanno molto investito grazie ai fondi strutturali (come Bari, Palermo, Catania), ma che non hanno ancora prodotto risultati tangibili oppure di città medie del centro-nord che hanno molto investito in smart city negli ultimi anni (come Ravenna, La Spezia, Udine, Pisa, Siena), ma in modo ancora poco organico e senza ancora aver ottenuto significativi cambiamenti nei cittadini. Viceversa, le città con alto punteggio di comportamenti e basso punteggio di readiness vedono i cittadini più avanti delle istituzioni stesse. Sono città medie e piccole che investono poco in innovazione (come Como, Lodi, Varese, Terni, Caserta, Avellino) ma i cui cittadini, grazie soprattutto alla dimensione contenuta, sviluppano comunque comportamenti virtuosi, come se anticipassero le iniziative del comune e degli altri stakeholder. Nell’attuale contesto, tra gli obiettivi di impatto sociale che le aziende si trovano a perseguire, il contributo alla sostenibilità dell’ambiente urbano in cui operano diviene fondamentale: il vivere in una città più “a misura di persona” può rappresentare un fattore distintivo e una parte importante della gestione del capitale umano e le aziende possono giocare un ruolo determinante nel rendere le città in cui operano più a misura di persona. Dall’analisi emerge che le filiere quali Technology & Telco, Produzione Automotive, Dispositivi Medici, Farmaceutico, Media & Entertainment, concentrate perlopiù a Milano, Torino, Roma, Bologna e l’Emilia, sono più attente agli aspetti “human” e offrono pertanto ai lavoratori contesti urbani e di vita più a misura di persona, al contrario di filiere (quali l’Agrifood e il Retail Food) che invece scontano una certa concentrazione nelle zone più rurali del Paese.