Il fenomeno del momento fra i ragazzi? Parlare in corsivo
- di: Barbara Leone
È il fenomeno del momento. Il tormentone dell’estate 2022. Per molti una tortura. Per la sottoscritta una scemata. Che, come quasi tutte le scemate degli ultimi anni, arriva dritta da TikTok. E’ il cosiddetto “parlare in corsivo”, nuovo linguaggio nonsense adolescenziale nato per scherzare e dileggiare la cadenza meneghina un po’ troppo cantilenata. Un esempio? “Amïo” che sta per “amò” (alla romana) o “amore” (all’italiana). Insomma, una quattro stagioni fatta di vocali allungate alla signoramiaaaa. Quindi effettivamente nulla di nuovo, eh! Un tormentone che però è diventato talmente virale che ad oggi l’hashtag #corsivo è tra i più popolari sul web. Ora, è pur vero che ogni generazione ha avuto il suo slang. Ai miei tempi (oddio, l’ho detto!) andavano di moda espressioni del tipo: che strizza (che paura), ti ho sgamato (ti ho scoperto), tamarro (persona rozza) fino alla parola che è l’emblema per eccellenza degli anni Ottanta (Timberland a parte). Ovvero: paninaro. Praticamente intraducibile. Erano gli anni delle spalline, del walkman, dei jeans col risvoltino, del giro sul Ciao in due senza casco, di noi ragazzi di oggi… Vabbè, perdonate la parentesi di nostalgia. Canaglia, ovviamente.
Questo per dire che da sempre i ragazzi hanno il loro lessico, fatto di neologismi e di parole che capiscono solo loro. E forse proprio per questo per noi, di qua degli anta, è intellegibile. Che poi: perché corsivo? Il corsivo è quello del direttore in prima pagina, è lo scrivere in bella con ogni lettera tondeggiante e lievemente inclinata a destra, metaforicamente può esser finanche uno stato d’animo. Ma una parlata anche no, giusto per usare un modo di dire giovanile anche se oltrepassato, perché qui le cose sono tutte cotte e magnate in un attimo. Insomma, per capire questo fenomeno mi sono pure andata a guardare dei video tutorial. E lo ammetto. Sono più confusa di prima. Perché questa parlata strascicata caratterizzata da quell’intonazione orrida è a dir poco snervante. Stride come l’archetto sulle corde del violino di un bambino che lo suona per la prima volta. E’ cacofonica, disarmonica. Perché anche le parole hanno un loro suono.
E quello del cosiddetto corsivo parlato è veramente brutto. Ma brutto come una pernacchia. Talmente irritante che fa venire voglia di darti fuoco alle orecchie per quanto rimbambisce il cervello. Roba da matti allora? No, semplicemente roba da ragazzi. Un linguaggio identitario che loro usano proprio per escludere noi. E già dirlo mi ha fatto sentire molto vecchia. Ma diciamoci la verità: quante assurdità dicevamo noi da ragazzini? Per forma e sostanza, ed era giusto così. Eravamo stupidi, ci comportavamo da stupidi ed era fisiologico così. Ok, forse i ragazzini di oggi a volte sembrano un po’ più stupidi. Ma ci sta, perché ad essere stupida, ed infinitamente crudele, è la società. Una società peraltro che abbiamo creato noi adulti. E quindi ce la dobbiamo prendere solo con noi stessi. Ma guai a trasformarci nei vecchi che ci rompevano le balls ai tempi. Perché se ti dimentichi di essere stato un ragazzino stupido significa che sei diventato un adulto deficiente. Il che è molto peggio, e oltretutto non passa con gli anni. A differenza della stupidità della gioventù che ha un inizio e, si spera, una fine.