Ottanta Luci…o!

- di: Barbara Leone
 
Poche ore dividono la nascita di Lucio Dalla e Lucio Battisti. Dodici, per l’esattezza, o giù di lì. Entrambi quest’anno avrebbero compiuto ottant’anni, entrambi giganti della musica italiana. Quella cosiddetta leggera, che almeno sino a qualche decennio fa di leggero aveva poco o niente. Per entrambi, alla notizia della morte, ci fu un generale senso di incredulità, di smarrimento, di vuoto. Forse perché li credevamo immortali, come le loro canzoni. O forse perché già ci era piuttosto chiaro, soprattutto nel 2012 alla morte di Dalla, che non c’era ricambio generazionale. Che mano a mano, per citare un altro grande che risponde al nome di Rino Gaetano, stavamo rimanendo sempre più soli. Orfani di quella musica con la M maiuscola che non era solo un sottofondo, ma era nutrimento per l’anima. Musica che smuoveva le coscienze, che faceva riflettere, che portava con sé messaggi che andavano ben oltre le sette note. E’ forse proprio questo senso di vuoto che ci hanno lasciato, il legame più forte tra i due. Unitamente all’immenso talento che li ha baciati alla nascita, ed a quell’innata urgenza d’inventare universi paralleli a quel mondo, il loro, che stava cambiando.

Gli ottant’anni di Lucio Battisti e Lucio Dalla

Barba incolta e cappello a falde larghe l’uno, un cespuglio di capelli ricci ed un foulard al collo. Estroverso il primo, scostante l’altro. Uno uomo della gente, l’altro schivo, ai limiti dell’antipatico. Entrambi nati sotto quel segno dei pesci, cui Venditti dedicherà la famosa canzone. Due anime diverse, unite dallo stesso destino: appartenere alla grande storia della musica. E di tutti noi. Artisticamente molto diversi. Dalla era un vero e proprio prodigio della natura, che con impressionante disinvoltura si muoveva tra dinamiche jazz, prog, pop e sberleffi da perfetto mimo che sapientemente mescolava con la più pura ed intima poesia. Perché la sua anima, oltre che la sua musica, viveva di contaminazioni. Battisti, invece, ondeggiava tra emozioni più delicate, rarefatte e dai colori più tenui. Ma come Dalla era un curioso, ascoltava di tutto in maniera pignola, quasi maniacale, per poi trasferire tutto nella sue canzoni. Canzoni d’autore, sperimentazioni d’avanguardia, poesie tout court: c’è tutto dentro ai suoi capolavori cantati con quell’inconfondibile voce perfettamente imperfetta.  Quel che è certo è che entrambi seppero rimodellare, grazie alla loro poetica e alla loro opera, tutto il panorama culturale in cui fecero arte. E anche grazie a loro la canzone popolare è diventata lo strumento usato da intere generazioni per interpretare e narrare il mondo con tutte le sue contraddizioni e le sue criticità. Ottant’anni fa insomma, mentre l’unico sottofondo musicale era il deflagrare delle bombe, qualcosa di buono e speciale stava già germogliando nell’Italia dilaniata dalla guerra. Uno spiraglio di Luci…o.
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