Non se ne può Piohh!
- di: Barbara Leone
Si può essere amici per sempre. Parola dei Pooh, che per oltre cinquant’anni ci hanno accompagnato con la loro bella musica fatta di memorabili successi. Perché, anche se moltissimi non lo ammetteranno mai, i Pooh sono l’evergreen musicale italiano per eccellenza. E tutti, ma proprio tutti, conosciamo almeno un paio delle loro canzoni. E magari le canticchiamo pure sotto la doccia. Certo: gli inglesi avevano i Beatles e i Rolling Stones, gli americani i Nirvana e i Doors e noi ci siamo dovuti accontentare dei Pooh. Ognuno ha la band che si merita. E però, alla faccia dei detrattori con la puzza sotto il naso, hanno resistito alla grande. Fino a che, nel 2020, improvvisamente è venuto a mancare Stefano D’Orazio, batterista e autore di molti dei loro successi come “Dimmi di sì”, “Ci penserò domani” e molte altre ancora. A dire il vero, però, il gruppo si era ufficialmente sciolto qualche anno prima, e più precisamente nel 2016, proprio per volontà dello stesso D’Orazio che, disse allora, non aveva più nulla da dare alla band. Ma, come tutti i grandi amori, non si sono mai veramente lasciati ammorbandoci inun tira e molla infinito. E così, un anno sì e un altro pure, puntuale come le cambiali arrivava l’annuncio dell’attesissima reunion. La prima proprio in occasione dei 50 anni di carriera, e a mo’ di famiglia allargata. Visto che al gruppo s’è aggregato anche Riccardo Fogli, che se n’era andato da quel dì e pure sbattendo la porta. Ma agli amici per sempre si perdona tutto. Pure le corna. Soprattutto se c’è un pubblico pagante. Fin qui la storia. Oggi ad annunciare l’ennesima reunion è il buon Amadeus. Uno che, tomo tomo cacchio cacchio e senza peraltro essere sto mostro di talento e grinta, si è praticamente impossessato, e con mugliera al seguito, della rete ammiraglia Rai e di tutti (o quasi) i suoi programmi di punta.
Sanremo, Amadeus annuncia la reunion dei Pooh
A cominciare dal Festival di Sanremo. Ebbene l’Amadinocomodino nazionale ha annunciato in pompa magna che quest’anno ad aprir le danze sul palco dell’Ariston saranno proprio loro: i mitici Pooh, freschi freschi dell’ennesima reunion. Ora, detto de core, io ai Pooh gli voglio pure bene. Ed ammetto che certe sere, Brachetto alla mano, mi sparo pure a palla i loro “Uomini soli”. Così, giusto per tirarmi su di morale. E però, tra le tante reunion delle reunion, questa giuro che non la capisco. E mi piace zero. Molto semplicemente perché dalla morte di Stefano D’Orazio i Pooh non esistono più. E scusate la rima. Sì, lo sappiamo: lo ricorderanno con tanto di video strappalacrime e mega applausone con pubblico commosso in piedi. Ma non è esattamente la stessa cosa. E, in tutta onestà e con immutato affetto, quest’ospitata qui a sto giro ha il retrogusto amaro della marchetta fatta solo per batter cassa. Perché cosa cavolo vi riunite ancora, che ve ne manca uno? Che, tra l’altro, oltre ad essere il batterista era anche la testa commerciale della gallina dalle uova d’oro Pooh. Uno che non sbagliava mai un colpo, complici le sue capacità manageriali e di comunicatore che, ci dispiace per gli altri, difettano nei rimanenti tre. Perché Fogli non lo prendiamo minimamente in considerazione in veste di Pooh. La verità è che esibirsi, e proprio su quel palco lì che li vide vincitori nel lontanissimo 1990, in versione monca solo per il gusto di esserci è quantomeno, a mio modestissimo avviso, inopportuno. Verrebbe quasi da cogliere al volo il macabro assist che in tal modo ci offrono, e che mi fa dire: vabbè, infondo a Sanremo sono anni che continuano a riesumare cadaveri. Cantanti, però. Nel senso di participio presente. E però c’è un limite a tutto. Così come c’è un tempo per tutto. Anche per essere amici per sempre. Ma fuori dal palco.