Cronache dai Palazzi: Mattarella a Brandizzo e Meloni a Caivano per dire che lo Stato c'è ancora
- di: Diego Minuti
Due tragedie che, come si dice sempre, ma solo dopo che accadono, potevano essere evitate. Perché se tutto, in termini di organizzazione e comunicazione, avesse funzionato, per come doveva funzionare, a Brandizzo un treno lanciato a 170 chilometri all'ora non avrebbe falciato un gruppo di operai, uccidendone cinque; perché se il degrado sociale e morale non avesse preso il sopravvento a Caivano, oggi due bambine continuerebbero a crescere non avendo conosciuto l'orrore della violenza sessuale. Ora è facile dire che l'accaduto poteva essere evitato, anche perché queste affermazioni preludono sempre ad un tentativo di strumentalizzazione, di essere oggetto di speculazioni politiche, mentre invece agire e non parlare sarebbe la migliore risposta. Ma l'azione non si improvvisa, perché altrimenti si corre il rischio di vanificarne gli obiettivi.
Quindi - mentre chi rappresenta lo Stato sulla linea di confine della legalità lavora per capire, accertare e, quindi, accusare - le Istituzioni si trovano nella scomoda posizione di chi deve dare delle risposte, sia pure a livello di comunicazione, alle domande che piovono da ogni parte. Per questo ieri, trasgredendo alla rigidità del cerimoniale e dell'agenda (era in visita ufficiale a Torre Pellice), il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, si è recato a Brandizzo per portare la testimonianza della sua vicinanza alle famiglie delle vittime e il cordoglio, suo e dell'Italia intera, per la morte di cinque uomini che stavano solo lavorando. Per questo - sia pure per una visita annunciata - Giorgia Meloni ieri ha visitato Caivano e l'inferno che di esso hanno fatto coloro che delinquono, ma anche e forse soprattutto coloro che l'hanno colpevolmente dimenticata.
Il massimo rappresentante della Repubblica e il capo politico del Paese hanno quindi scelto, a loro modo anche coraggiosamente, di essere i volti e le voci dell'Italia, anche se con responsabilità ovviamente diverse. E se Mattarella non s'è tirato indietro nel denunciare la piaga della sicurezza sui posti di lavoro, Meloni ha voluto accettare, andando a Caivano su invito di don Patricello, una sfida difficile. Perché le promesse vanno a mille, ma sono i fatti quelli che mancano. Di promesse, in questi mesi, ne abbiamo sentite tante (forse troppe, penserà la stessa premier) ed è quindi arrivato il momento di accantonare il fascino delle parole, per passare ai tanto attesi fatti. Ma, da donna intelligente e navigata della politica quale è, Giorgia Meloni sa benissimo che, anche per resistere alle bordate che le arrivano dalla sua stessa maggioranza, deve fare e soprattutto non dimenticare gli impegni che ha preso non solo con la gente di Caivano, ma con il Paese.
Le parole che ha pronunciato, sottolineando come quanto accaduto a Caivano sostanzi un fallimento dello Stato e delle Istituzioni, devono essere una sorta di manifesto programmatico dell'azione del governo che, se vuole veramente incidere sul futuro del Paese, deve cambiare registro rispetto al passato, il suo e quello degli esecutivi del passato. Magari con interventi non di facciata, perché ripristinare il centro sportivo, pur se opera meritevole, non servirà a nulla se non se ne garantirà la sicurezza, il primo passo per restituirlo alla comunità.