Ma una telefonata no?

- di: Barbara Leone
 
Che noia che barba, che barba che noia… Una querelle stucchevole e ridicola, quella che negli ultimi giorni ha infiammato i social. Protagonisti: Mara Maionchi e Tiziano Ferro. Ella, prima produttrice del cantante, nel corso dell’intervista a “Belve” lo ha accusato di irriconoscenza. Illo non solo ha negato il tutto, ovviamente a mezzo social perché una telefonata pare brutto. Ma ha rimpallato con una bella dose di veleno accusandola a sua volta di averlo costretto, ai tempi, a dimagrire e a nascondere la sua omosessualità. A questo punto ella che fa? Secondo voi prende in mano il telefono di cui sopra? Manco per niente: durante la conferenza stampa dell’Eurovision Song Contest risponde che pensa di avergli dato consigli giusti e gli augura tutto il bene del mondo con la sua famiglia. Manco il tempo di dirlo, che illo pubblica sempre sui famosi social una foto mano nella mano con i suoi pargoli. Nel mezzo, una segnalazione del Codacons che chiede alla sora Rai la rimozione immediata della Maionchi dall’Eurovision per i suoi messaggi pericolosi e diseducativi sull’aspetto fisico. Il tutto, ovviamente, condito da fiumi di parole, parafrasando i Jalisse visto che siamo in tema musicale, sui social e giornali. Dite la verità: solo a leggere la ricostruzione dei fatti incriminati vi torna su il pranzo di Natale del 2001.

Anno in cui Tiziano Ferro fece il suo exploit col singolo, bellissimo tra l’altro, “Rosso relativo”. Si parla, dunque, di oltre vent’anni fa. Quando i coming out si contavano sulla punta delle dita e l’unico artista di grido oversize si chiamava Luciano Pavarotti, non so se mi spiego. Il resto, era poca roba. Cosa poteva dire un discografico ad un esordiente dall’indubbia bella voce, ma che pesava oltre cento chili ed era pure gay? Non ci raccontiamo balle: ai tempi sarebbe stato un flop! Valeva per Ferro e per tutti, anche molto prima. Nei lontanissimi anni Settanta, ad esempio, Baglioni si sposò in gran segreto perché sull’onda del primo grande successo che fu “Questo piccolo grande amore” i discografici gli consigliarono di preservare l’immagine del ragazzo della porta accanto tutto acqua, sapone e passerotti che tanto piaceva alle ragazzine. Al contrario, ci sono stati artisti che sono esplosi anche grazie ad una immagine provocatoria e deflagrante, basti pensare a Renato Zero, e che poi ne sono rimasti “schiavi” per anni ed anni. Perché non ce la meniamo: nessun artista è veramente libero. Tanto meno può essere libero dalle maglie del suo produttore che, nel bene e nel male, ne decide le sorti. Vale per la vita personale, e per quella artistica. Ieri, ma pure oggi. Soprattutto se sei un esordiente. Hai successo col filone rap? Col cavolo che te ne puoi affrancare dall’oggi al domani per iniziare a fare canzoni, che ne so, pop o rock. E se sei sotto contratto, devi sfornare canzoni anche hai l’ispirazione pari a quella di un bradipo in piena estate. Perché le case discografiche investono migliaia e migliaia di euro, ieri lire, su di te. E anche sulla tua immagine. 

Quindi no. Non puoi fare come ti pare. Tutti i produttori, manager, discografici ed entourage vari di attori, cantanti e personaggi dello spettacolo in genere, danno consigli su come devi apparire. E ti pagano il dietologo se devi dimagrire, o l’hair stylist che ti decolora i capelli facendoti diventare una biondona pure se sei mora da quando c’hai tre anni. E i tempi sono sì cambiati, perché vivaddio oggi come oggi fa finanche figo proclamarsi gay, bisessuale, fuido o come vi pare. E fa pure figo essere in sovrappeso quando il messaggio artistico sottende lo sfondamento di certi stereotipi. Poi magari vuoi pure dimagrire, e l’impresario di turno di dice: anche no, se ne parla fra qualche anno. Nel caso del Tizianone nazionale, poi, il consiglio della Maionchi (che ovviamente non stava a fare beneficenza ma ci doveva e voleva guadagnare sopra) era mirato, come ella stesso ha dichiarato, al palco. Perché vatti a muovere su e giù per tre ore su di un palcoscenico con cento chili addosso. L’infarto è dietro l’angolo, altroché! Che poi… Tiziano Ferro ci ha sfrantumato per anni e anni gli zebedei coi suoi complessi di quando era un ragazzino ciccione. Ti ha costretto a dimagrire? Sinceramente, fossi nei lui panni (che oggi sono più che slim) le direi grazie. Perché anche qui, non ci raccontiamo balle che grasso è bello e ipocrisie simili. Grasso non è affatto bello, e soprattutto non è sano. E ve lo dice una (per fortuna) ex curvy. Perché mo’ è così che bisogna dire. E lo dico serenamente fuori dai denti: quando hai tanti chili in più, non si sta per niente bene. Né fisicamente, né tantomeno psicologicamente. 

Forse il buon Tiziano deve far pace col cervello, e magari cercarsi un analista migliore (lo ha detto lui eh che ha fatto anni e anni di analisi). Perché la sensazione è che, nonostante la fama, il successo (meritatissimo) ed una immagine piacevolissima sia ancora intrappolato nei suoi complessi. Che lo fanno troppo spesso cadere nel vittimismo: una volta suo padre, un’altra volta il marito, un’altra ancora le leggi italiane omofobe (anche se su questo ha ragione), un’altra volta ancora la discografica megera che lo ha costretto ad essere quello che non era… Poi vabbè, fa niente se ha creduto in lui, lo ha sostenuto (anche economicamente perché le case discografiche questo fanno) e lo ha lanciato contribuendo in maniera fondamentale al suo successo che è anche internazionale. E però gne gne. Mi ha messo a dieta e non mi ha i fatto dire al mondo intero che sono gay. Brutta e cattiva! Vecchia e saggia, invece è la Maionchi, che magari avrà i modi rudi e non brillerà di simpatia. Ma il suo lavoro lo fa, e lo ha sempre fatto, nel migliore dei modi. Resta una, una sola domanda irrisolta: ma una telefonata no?
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