Landini: su salari e pensioni, giù le tasse, passando per contributo di solidarietà

- di: Diego Minuti
 
Ogni qualvolta Maurizio Landini lancia le sue proposte, c'è da essere sicuri che avranno sempre una vasta eco, perché, spesso, rompono il fronte sindacale che, invece, avrebbe oggi forse bisogno di maggiore coesione per tornare a essere determinante. Come probabilmente non è più da tempo. L'ultima sortita del segretario generale della Cgil, affidata ad una lunga intervista a La Stampa, ha dato l'occasione al vecchio leone della Fiom di rilanciare non tanto le sue proposte - non sempre in sintonia con le altri centrali sindacali -, quanto per fare capire che non è disposto a compromessi al ribasso, pure se la situazione sociale del Paese resta delicata. Però, a rendere difficile l'accoglimento in toto delle proposte di Landini, è la situazione generale dell'economia italiana che non sembra oggettivamente in grado di sopportare il peso delle ''rivoluzioni'' che lui propone. Alcune delle quali, sebbene con una diversa formulazione, ricordano quelle di sempre, perché in fondo è questo quello che ci si aspetta dal capo di un sindacato nazionale: salari più alti e tasse più basse. Bellissima ricetta, anche se poi ci si deve chiedere come la si possa realizzare. Maurizio Landini qualche idea ce l'ha e qualcuno ha già storto il naso, come quando il segretario generale della Cgil dice che ''serve un contributo di solidarietà straordinario una tantum mirato ad aumentare i salari». Si badi bene, non ha parlato di ''patrimoniale'', ma la sostanza sembra la stessa traducendosi, nell'interpretazione più aderente alla realtà, di un aumento delle imposte sulle rendite finanziarie. 

L'interlocutore di Landini (ma anche di Sbarra e Bombadieri, sui quali c'è da chiedersi se condividano il perenne movimentismo del collega) è Mario Draghi, che ha fatto capire di ritenere importante un confronto con le parti sociali, ma anche con gli imprenditori, in questa delicata contingenza economica.  In cui il presidente del consiglio non intende certo svolgere il ruolo di cassetta della posta, dove infilare una raffica di proposte che saranno pure bellissime, ma che sono poco aderenti alla realtà, sic stantibus rebus, ovvero oggi in cui il Paese deve fare i conti con problemi gravissimi e irrisolti. I temi che Landini vorrebbe mettere sul tavolo a palazzo Chigi sono quelli tradizionali - salari e sistema fiscale - , ma non per questo condivisi, perché su di essi la divaricazione della Cgil e Uil con la Cisl ha portato quest'ultima a non partecipare allo sciopero generale dello scorso dicembre. A conferma che ancora il sindacato italiano è ben lontano dall'unitarietà di un tempo perché forse non accetta primazie di rendita e non fondate su realtà oggettive. Come sempre, Landini non cerca scorciatoie e quindi, parlando con La Stampa, ha detto quali siano i suoi obiettivi: rinnovo dei contratti nazionali, con conseguente aumento dei livelli retributivi; ridefinizione dell'ammontare delle pensioni; ''lotta alla precarietà nel lavoro e nella vita'', anche se quest'ultima definizione resta troppo indeterminata per potere essere gettata in una discussione con il governo.
Comunque, nel suo ragionamento, Landini ha attinto a piene mani ai numeri che, oggettivamente, gli darebbero ragione, se ci si fermasse alla loro analisi e non si formulassero delle ipotesi e proposte che abbiano un ragionevole tasso di fattibilità. Perché è bello e giusto avanzare delle proposte, ma non ci si può limitare a questo senza fare, contestualmente, delle ipotesi concrete e non legate alla solita formulazione che spesso fa capolino quando a parlare sono i vertici sindacali. Se Landini parla di aumenti di salari e pensioni,  è forse troppo vago poi indicare, come modo per trovare i fondi necessari,  ''le rendite finanziarie e gli utili (che) sono tassati la metà rispetto a lavoratori e pensionati, cioè quelli che la ricchezza la producono davvero. Chi ha di più deve contribuire di più''.

Non parla, Landini, di una patrimoniale, ma di un ''modello fiscale in cui tutti pagano in base a quello che percepiscono. L’85% dei lavoratori dipendenti e pensionati vive al di sotto dei 30mila euro annui. Non possiamo dimenticarli. Dobbiamo aumentare strutturalmente i salari e ridurre la precarietà''. L'apparente indeterminatezza delle argomentazioni diventa poi meno apparente, quando Landini va al dunque, proponendo la ''tassazione degli extra profitti andando oltre al 25% – il doppio o anche di più''. E siccome quando si comincia un ragionamento non lo si può lasciare a metà, il segretario generale della Cgil piazza il suo affondo, quando dice di pensare ''a un contributo di solidarietà straordinario una tantum mirato ad aumentare i salari. Senza escludere anche un possibile scostamento di bilancio''. Quindi un ''contributo straordinario di solidarietà'' e non una ''patrimoniale''. Se non è zuppa, è pan bagnato, diceva un vecchio adagio popolare. Tacendo delle difficoltà di passare da uno scostamento di bilancio in una fase come quella che il Paese attraversa.  Anche perché, quando dice, rivolgendosi a Confindustria, che ''aumentare i salari e le pensioni serve anche per sostenere i consumi e il mercato interno, quindi anche le imprese'', sembra non guardare a cosa in altri Paesi si sta facendo per combattere l'inflazione che l'aumento dei consumi pare alimenti. Ma il vero obiettivo di Landini, che su questo ha molti argomenti da spendere, alcuni dei quali condivisibili, è quello di cambiare il ''modello di competitività fondato su salari contenuti, precarietà, appalti, subappalti non regolati. È stato un errore. È questo il modello da cambiare. Abbiamo nel nostro Paese lavoratrici e lavoratori unici al mondo, una vera forza su cui investire fatta di impegno, creatività, intelligenza e senso del dovere''. Tutto bello, tutto interessante, ma forse non c'è il tempo per una  rivoluzione copernicana del sistema del lavoro in Italia per come Landini la concepisce. Perché la crisi è oggi e non possiamo tentare di trovarne una soluzione a chissà quando. Poi l'ultimo giro di walzer  Landini lo riserva a Confindustria (come sempre) e al suo presidente Bonomi (come sempre un'altra volta) che ha parlato del reddito di cittadinanza come una forma di concorrenza al mondo del lavoro. Una stoccata a Bonomi e una difesa del reddito di cittadinanza, tanto per confermarsi uno dei nuovi punti di riferimento della galassia a Cinque stelle. 
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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