La Lega che piacerebbe a Macbeth
- di: Diego Minuti
Cosa sta accadendo dentro la Lega è cosa difficile da capire perché, da sempre, come a Las Vegas, ''cosa accade nella Lega resta nella Lega''. La cortina del silenzio, però, che per tanti anni ha contribuito a rendere imperscrutabili le vicende del Movimento (che al dissenso interno, sebbene appena accennato, rispondeva con l'emarginazione quindi con il disinnesco di chi non la pensava come Bossi), oggi non regge perché sono cambiate le regole del gioco, anche se il capo resta uno. Senza volerci girare molto intorno, alla base di tutto c'è il potere e il suo esercizio, che Matteo Salvini vede come cosa propria, al punto da ''devitalizzare'' le strutture federali -come quella per gli affari esteri, in capo a Fontana - per crearsene delle proprie, cui di fatto affidare interi settori della Lega.
La vicenda del 'viaggio-non viaggio' di Salvini a Mosca, diventata per lui un'Isola che non c'è, è paradigmatica della confusione in casa leghista che, per questa vicenda, s'è messa acriticamente nelle mani di un persona, Antonio Capuano, la cui frequentazione oggi molti negano ripetutamente, come fece un tempo Pietro, ma con Gesù e non con un ex deputato, che vanta collegamenti con ambasciate e che, pare, ha fatto da battistrada all'improvvida iniziativa di Salvini in versione ''Gandhi'' della Padania.
Ma questa strana storia sta servendo a Salvini per cercare di rimettersi in carreggiata soprattutto nei rapporti interni, quindi con coloro che, rappresentando all'esterno ''l'altra Lega'', quella che non indosserebbe felpe con scritte incoerenti l'una con le altre, nemmeno sotto la minaccia di tortura, e che per i non leghisti rappresenta un volto diverso e dialogante.
La situazione del movimento è quella che è, con la base del consenso elettorale dimezzata rispetto ad appena pochi anni fa. Una frana di cui oggi Salvini e i suoi fedelissimi attribuiscono la responsabilità ai ministri leghisti (guarda caso, Giorgetti e Garavaglia non sono considerati obbedienti portavoce del pensiero del capo) con un ragionamento forse un po' troppo sbrigativo. Se, dicono, con Salvini ministro eravamo ai massimi storici e oggi non lo siamo, la colpa non può essere che di chi siede al governo per la Lega. Quindi, come spesso accaduto dalla notte dei tempi, la colpa è sempre di chi, gerarchicamente, sta sotto e non di chi comanda e decide. Anche Macbeth, che pure di trame e tranelli se ne intendeva, sarebbe in grandi difficoltà confrontandosi con quello che agita la Lega. Anzi, avrebbe fatto la figura del principiante a barcamenarsi tra cordate e correnti (esistono, anche se non lo si dice apertamente), tra iniziative estemporanee e che si stanno rilevando un boomerang per il Talleyrand milanista, tra bocciature e prese di distanza da chi sembra non avere capito che la politica è qualcosa che si fa con gli altri e non per sé stessi, soprattutto se si parla di guerra.