Il pudding rosicone

- di: Barbara Leone
 
Il panettone? Una “schifezza pesante”. Parola di Tony Turnbull, food editor del Times. A detta del critico, infatti, il più famoso dei dolci natalizi nostrani sarebbe troppo dolce, difficile da digerire e oggetto di troppe attenzioni. Una mezza ciofeca sopravvalutata, insomma. Il cui fascino, ispe dixit, “non sta nel mangiarlo ma nel regalarlo, come in una grande partita a non restare con la patata bollente in mano e quindi consegnare il pacco regalo per tempo”. E dire che appena pochi giorni prima sempre il Times dava conto dell’incremento delle vendite nei supermercati del Regno Unito proprio del vituperato lievitato milanese: +24% in più, un dato in grado di affossare il rivale indigeno natalizio. E cioè il tradizionale Christmas Pudding, immancabile re delle feste d’Oltremanica da almeno cinquecento anni e amatissimo dalla compianta regina Elisabetta II, che ne volle addirittura una versione speciale per il Jubilee. Trattasi, in parole povere, di una sorta di budino arricchito con (in ordine sparso): uvette varie, mandorle, spezie, rum, brandy, birra scura, latte, panna o crema, burro, uova, farina e, siccome stavamo scarsi, anche un po’ di grasso di rognone. Sì, perché originariamente, ovvero nel lontanissimo Medioevo, il pudding nasceva come un porridge a base di carne con l’aggiunta di uvetta, prugne, vini e spezie. ‘Na cosetta leggera, insomma, che nei secoli si è modificato ma non alleggerito più di tanto. Anche se poi a dire il vero la preparazione non è così laboriosa, tant’è vero che nel Regno Unito è usanza prepararlo in casa.

A differenza del panettone, la cui lavorazione è decisamente più lunga e complessa. Ragion per cui solo i più coraggiosi, e quelli che hanno tanto tempo, ci si cimentano. Che poi, se devo dirla tutta, per quanto mi riguarda non sono nemmeno una fan del panettun. Perché da meridionale doc preferisco di gran lunga struffoli, roccocò e mostaccioli vari. Ma dire ciò che ha detto Sir Turnbull è una vera e propria eresia. Roba da rosiconi, perché la sola colpa del panettone nel Regno Unito si chiama lesa maestà a re pudding. Tant’è vero che sempre il suddetto criticone ha aggiunto: “il panettone è buono solo quando in prossimità della scadenza di aprile si può preparare un gigantesco pudding aggiungendo del burro (e come te sbagli! ndr). A metterci il carico da dieci è arrivato poi un altro scienziato: Joe Bastianich, il famoso giudice di MasterChef che tramite un post pubblicato sul proprio profilo Instagram, ha voluto condividere la sua personale opinione sul lievitato natalizio. Il suo verdetto? “Panettone is a big muffin”, che tradotto: “Il panettone è un grande muffin”. Non ci sta, invece, il suo collega di talent nonché raffinato e celebre pasticcere Igino Massari, che elegantemente ha dato dell’ignorante cretino a Tony Turnbull dicendo: “La critica è sacrosanta. Ma ciò che ha scritto sul panettone è una scemenza e denota poca conoscenza di un dolce così complesso e elaborato”. Insomma, il panettone-gate continua. Che poi non c’è manco niente di male a voler tirar l’acqua al proprio mulino, sia chiaro. Chiamasi campanilismo, che sta. Ci sta pure. Ma non spargendo merda candita sull’avversario. Primo perché, caro il mio food editor dei miei stivali, tra pudding e panettone non c’è proprio storia. E secondo perché non è elegante. Il famoso fair play britannico? Non pervenuto. Sparito, puff… liquefatto come il burro del pudding. Per il resto ognuno mangi ciò che più gli aggrada, possibilmente non frantumando gli zebedei al prossimo. 
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