Il pacchetto antiriciclaggio dell’UE: tra le proposte al vaglio anche i requisiti di tracciabilità delle criptomonete

- di: Gianmarco Piccoli
 
L’appena trascorso mese di Marzo ha visto la Commissione Europea per la politica economica (ECON) e la Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni (LIBE) impegnate sul progetto di legge contro il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo. Una ricca proposta legislativa pubblicata lo scorso settembre dalla Commissione Europea. Al centro del pacchetto di proposte legislative troviamo le criptovalute che, come noto, sfuggono ai sistemi di controllo centralizzato. Proprio per questo l’UE vorrebbe applicare il sistema di controllo ordinario, con i dovuti adattamenti, alle cripto-attività. L’obiettivo dichiarato infatti è quello di porre degli obblighi in capo ai fornitori di criptovalute, antecedenti alla loro messa a disposizione dei beneficiari, tesi a verificare che la fonte del bene non sia soggetta a misure restrittive e che non vi siano rischi di riciclaggio di denaro o finanziamento del terrorismo. Verrebbe dunque creata un’autorità ad hoc che, tra gli altri compiti, dovrà essere in grado di tracciare i trasferimenti di cripto – attività. 

Oggi, i trasferimenti sono regolati dal REG. UE 2015/847 destinato, in caso di approvazione della proposta, ad essere modificato dalla nuova normativa. L’attuale Regolamento si applica, infatti, esclusivamente al trasferimento di fondi in qualsiasi valuta (banconote e monete, moneta scritturale e moneta elettronica), inviati o ricevuti da un prestatore di servizi di pagamento o da un prestatore intermediario di servizi di pagamento stabilito nell'Unione. La finalità era quella di garantire la trasmissione dei dati informativi attraverso tutto l'iter di pagamento, prevedendo un sistema che imponesse ai prestatori di servizi di pagamento l'obbligo di corredare i trasferimenti di fondi, di dati informativi relativi all'ordinante e al beneficiario Tale normativa non può invece applicarsi al trasferimento di virtual asset ovvero beni virtuali. Nello specifico, un asset virtuale è una rappresentazione digitale del valore che può essere scambiato o trasferito digitalmente e può essere utilizzato per scopi di pagamento o di investimento. La finalità è dunque di estendere la normativa anche ai trasferimenti di cripto-attività effettuati dai prestatori di servizi per le cripto-attività. Come si legge dalla Relazione illustrativa le nuove norme si applicherebbero “ai prestatori di servizi per le cripto-attività ogniqualvolta le loro operazioni, in moneta fiduciaria o cripto-attività, comportano: a) un trasferimento elettronico tradizionale o b) un trasferimento di cripto-attività tra un prestatore di servizi per le cripto-attività e un altro soggetto obbligato”.

In soldoni, si vorrebbero estendere alle criptovalute gli obblighi informativi già previsti per le ordinarie transazioni, salvo adeguamenti determinati dalle peculiarità di tali tipi di monete. Per citare alcuni degli obblighi imposti ai fornitori di servizi di criptovalute: “… Il fornitore di servizi di criptovalute deve garantire che i trasferimenti di criptovalute siano accompagnati dal nome dell'originatore, il numero di conto dell'originatore, se tale conto esiste e viene utilizzato per elaborare la transazione; e l'indirizzo dell'originatore, il numero del documento personale ufficiale, il numero di identificazione del cliente o la data e il luogo di nascita; il fornitore di servizi di criptovalute dell'originatore deve inoltre garantire che i trasferimenti di criptovalute siano accompagnati dal nome del beneficiario e dal numero di conto del beneficiario, se tale conto esiste e viene utilizzato per elaborare la transazione ...”.Le autorità competenti avranno pertanto l’accesso alla fonte del trasferimento e al suo beneficiario ma le regole riguarderanno solamente, come detto, le cripto-attività e i CASP, ovvero i fornitori di servizi di cripto attività, mentre non riguarderà i fornitori che agiscono per proprio conto o i trasferimenti da persona a persona fatti senza fornitore, come le piattaforme di scambio Bitcoin.

L’art. 3, comma 1, n. 2), fornisce una definizione abbasta generica di cripto attività identificate come “rappresentazioni digitali di valore o di diritti che possono essere trasferite o conservate elettronicamente utilizzando le distributed ledger technology o tecnologie similari”. Restano esclusi gli strumenti finanziari, la moneta elettronica (tranne che nei casi in cui questa non venga tokenizzata), il deposito, il deposito strutturato o cartolarizzazione.

Le tre categorie di cripto-attività individuate nella Proposta sono: 

• gli “utility token”, cripto-attività emesse allo scopo di fornire l’accesso digitale a un bene o a un servizio, disponibile su una rete DLT e accettate esclusivamente dall’emittente;

• gli asset-referenced token (“ART”), cripto-attività che mantengono stabile il proprio valore grazie al collegamento con il valore di valute aventi corso legale, panieri di beni, altre cripto-attività o da una combinazione di questi. Si tratterebbe di una sorta di  stablecoin, ovvero criptovalute il cui valore è mantenuto “stabile” attraverso il riferimento a monete aventi valore legale, beni oppure grazie all’impiego di particolari algoritmi che ne gestiscono l’offerta e quindi il valore;

• e gli “electronic money token” o e-money token (“EMT”), cripto-attività utilizzate per lo scambio di beni e servizi e che mirano a mantenere fisso il proprio valore tramite un collegamento esclusivo con monete aventi corso legale. Anche gli EMT, quindi, possono essere considerati come una particolare tipologia di stablecoin il cui valore è esclusivamente collegato a una moneta avente corso legale. 


Quanto al prestatore di servizi in cripto-attività, l’art. 3 lo definisce come un soggetto che esercita, su base professionale, uno o più fra i seguenti servizi in cripto-attività: servizi di custodia e amministrazione di cripto-attività per conto terzi; la gestione di piattaforme per lo scambio di cripto-attività; lo scambio di cripto-attività per altre cripto-attività o per moneta avente corso legale; l’esecuzione di ordini aventi a oggetto cripto-attività per conto terzi; la distribuzione di cripto-attività; la ricezione e trasmissioni di ordini aventi a oggetto cripto-attività per conto terzi; la consulenza su cripto-attività.

È evidente l’intenzione di equiparare i prestatori di servizi in cripto-attività agli intermediari finanziari e proprio per questo sembra difficile applicare la disciplina alle criptovalute prive di un emittente come i Bitcoin. Ciò che però lascia più perplessi è l’assenza di qualunque allusione al DEFI, ovvero ai sistemi di finanza decentralizzata oggi in larga espansione nel mondo delle cripto, che replicano i servizi bancari o di borsa agendo senza intermediari e in anonimato. Sembrerebbe dunque “semplice” per questi sistemi poter eludere facilmente la nuova proposta legislativa laddove venisse attuata così come prospettata. Ovviamente, salvo introduzione di divieto assoluto di questo genere di transazioni (non previste dalla nuova disciplina) e dunque di un declino dell’esordiente DEFI. Al tempo, come sempre, il responso.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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