Caso Gubbio, non mischiamo la popò con la cioccolata!

- di: Barbara Leone
 
Ma quale Meloni! Venerdì scorso passerà alla storia come il giorno che ha partorito la bufala del secolo: quella del tonno! Mentre al Quirinale erano in corso le consultazioni che avrebbero poi dato il risultato che tutti sappiamo, ovvero la prima donna alla guida del nostro Paese, gli italiani erano in tutt’altra faccenda affaccendati,  ipnotizzati com’erano dalla fake news più sorprendente di tutti i tempi. Una fake all’amatriciana, ovvio, perché sempre italiani siamo. Anzi, alla norcina, visti i luoghi. I fatti li conoscono tutti, o quasi. Anche perché è una storia che in un nanosecondo ha letteralmente fatto il giro d’Italia e di tutti i media. Per due giorni, infatti, il nome di Gubbio è stato al vertice delle tendenze di ricerca sui social. La vicenda parte venerdì, quando un gruppo di amici di Gubbio (un gruppone, perché erano in 40) se ne va a pesca di tonni e poi si riunisce in un ristorante eugubino per consumare (crudi) i frutti della battuta di pesca. Vattelappesca (è proprio il caso di dire) perché, i simpaticoni architettano uno scherzo trasformatosi poi nella bufala che ha letteralmente fatto impazzire il web. In perfetto stile “Amici miei” inscenano, o per meglio dire drammatizzano perché qualche problemuccio in toilette ce l’hanno pure avuto, un’intossicazione alimentare senza precedenti per numero (40, appunto) e forma. Tradotto: un cagotto apocalittico. Chi se la fa sotto in pubblico, chi corre in strada, chi vola a casa in auto e viene recuperato dai carabinieri in un lago maleodorante, chi urla e chi piange. Insomma: la fine del mondo. Il tutto raccontato dai file audio di altri amici, presunti testimoni dell’incidente intestinale, e da una serie di foto a dir poco raccapriccianti. Inverosimile, esagerato, incredibile…

Venerdì scorso passerà alla storia come il giorno che ha partorito la bufala del secolo

Nel senso letterale del termine: non credibile. Perché bastava ascoltare con attenzione quegli audio che giravano sui social per capire che qualcosa non tornava. E però i soliti webeti ci son cascati con tutte le scarpe, scompisciandosi (tanto siamo in tema) dalle risate e lanciandosi in battute, fotomontaggi e meme come se non ci fosse un domani. E come se, piccolo dettaglio, nel frattempo non si stesse facendo la Storia. Che popolo meraviglioso! L’impatto mediatico è stato tale che la vicenda è finita anche su giornali, tg e talk nazionali, che teoricamente dovrebbero verificare per bene le notizie. Una notizia però evidentemente troppo (dis)gustosa per relegarla a breve, o meglio ancora per lasciarla cuocere nello sconclusionato brodo del web. E su questo, magari, occorrerebbe sì riflettere. Perché forse sarebbe pure ora che il mondo dell’informazione s’interroghi al riguardo, e soprattutto agisca di conseguenza. Ma questo è un altro problema, che esula il caso Gubbio anche se forse esso ne rappresenta la punta dell’iceberg più eclatante. Fatto sta che per un paio di giorni la parola Gubbio è stata la più digitata in assoluto. Più della parola governo o Meloni.

E questo ce la dice lunga sull’interesse dei nostri connazionali sulla Cosa pubblica. Bene o male, basta che se ne parli? Non la pensa così il Comune di Gubbio, che evidentemente piccato e offeso da cotanto imbarazzante clamore ha addirittura deciso di far partire una serie di azioni legali contro i goliardici amici per difendere, dicono, l’immagine e l’onore della città. Sopra il cotto, insomma, l’acqua bollita. Una battaglia, quella delle Istituzioni eugubine, che appare esagerata al pari della fake news stessa. Se non di più. Perché puzza. E non di caxxa. Ma di vendetta, peraltro assolutamente inutile e fuori luogo. E invece no, caro sindaco di Gubbio. Nessun italiano assocerà mai la vostra meravigliosa città a questa bizzarra bufala. Che tale resta, seppur di pessimo gusto. Gli italiani hanno la memoria corta sulle cose importanti, figuriamoci sulle burle. E continueranno a pensare a Gubbio come la città di San Francesco, della Festa dei Ceri, del Palazzo Ducale. O, tutt’al più, penseranno ai Baci Perugina. Dia retta a me. Finiamola qua, e non mischiamo la popò con la cioccolata!

Nella foto: Massimo Casoli (a destra) titolare del ristorante Federico da Montefeltro di Gubbio, insieme a Claudio Casagrande, vero nome di 'Biscotto' 
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