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Gli americani tirano il fiato in attesa della prossima Uvalde

- di: Diego Minuti
 
Gli americani tirano il fiato in attesa della prossima Uvalde
Nessuno, al di là dei texani e forse nemmeno, conosceva l'esistenza di Uvalde, cittadina che mai avrebbe pensato che la sua notorietà sarebbe stata causata dall'ennesima strage scolastica. E, purtroppo, anziché diventare un simbolo e quindi un monito, Uvalde, tra qualche tempo - speriamo comunque lungo - sarà dimenticata perché altre morti di bambini e giovanissimi ne affievoliranno il ricordo. Perché l'America è anche questa, un Paese sterminato che vive in modo bipolare il suo essere grande nazione perché si attribuisce questa condizione al fatto che ciascuno può armarsi, come se una pistola o un fucile d'assalto regalasse la libertà.

Spesso si sente dire, e con un pizzico di ragione, che non sono le armi ad uccidere, ma chi le usa. Una spiegazione che potrebbe essere filosofica, ma che nasconde un modo di pensare che è proprio degli americani, e non solo di quelli rurali, che credono fortemente nell'intangibilità del diritto, sancito dalla Costituzione, di detenerle. Non di farne uso indiscriminatamente, ma di averne disponibilità all'abbisogna. Che i Padri fondatori, nel secondo emendamento, definirono così: ''Essendo necessaria alla sicurezza di uno Stato libero una ben organizzata milizia, il diritto dei cittadini di detenere e portare armi non potrà essere infranto''.

Una formulazione inequivocabile e che è valsa, dal 1787, a garantire a tutti i cittadini il diritto di avere delle armi. Il punto è proprio l'universalità del dettato della Costituzione, che pone dei paletti solo formali e facilmente aggirabili e comunque non capaci di fermare la corsa ad armarsi, che sembra pervadere sempre ampie fasce della popolazione. Il caso di Uvalde ha riproposto, ma solo formalmente, solo a livello di semplice dibattito, il tema della libertà di accesso alle armi, consentito in modo talmente ampio e labile da permettere ad un ragazzo appena diciottenne, con evidenti problemi comportamentali e relazionali, di potere acquistare delle armi letali grazie a quella che da noi si potrebbe definire un'autocertificazione, che in Italia non supererebbe anche il più disattendo dei controlli. Ma negli Stati Uniti, la 'terra dei liberi e dei forti', basta uno straccio di dichiarazione e puoi armarti come più ti aggrada, facendoti arrivare magari per corriere dei fucili d'assalto, come se Uvalde, Texas, fosse una riedizione del Vietnam, dove essere costretto a restare barricato in casa per difendersi dal nemico. 

Ha quindi un senso la definizione di ''Paese più armato del mondo'' per gli Stati Uniti dove sarebbero presenti 357 milioni di armi o, secondo un'altra statistica, 120 armi per ogni 100 cittadini. E parliamo solo di quelle regolarmente registrate e non del fiume di armi clandestine che continuano ad arrivare soprattutto nelle zone frontaliere. Certo, se sei schedato come pregiudicato o malato mentale non puoi comprare delle armi, ma niente ti impedisce di comprare una pistola o un fucile da quella brava persona del tuo vicino di casa che, magari tornando da un viaggetto in Messico, ti dice che è il tuo giorno fortunato perché ti può vendere un oggettino uguale a quello usato dal killer di Uvalde. 

La battaglia politica sulla proliferazione de numero delle armi domestiche sembra non potere finire mai, anche perché, per brutale che possa apparire questa affermazione, ad ogni strage scolastica o d'altro tipo, aumenta in una parte degli americani la certezza che bisogna proteggersi e che questo lo si può fare solo con una pistola in tasca. Se poi si aggiunge che il governatore dello Stato del Texas, Abbot, lo scorso anno ha approvato una legge che consente a tutti - anche privi del porto d'armi - di girare armati, il cerchio è chiuso.   Resta poi il ruolo della Rna, l'associazione nazionale delle armi che, per il flusso di decine e decine di miliardi di dollari che ogni entrano nelle casse dei suoi soci, ha la possibilità di finanziare, lecitamente, i candidati che più si avvicinano ai suoi interessi. Che sono, per dirla in modo sintetico, condensati in un solo concetto: armi, più armi, sempre armi. Se la Rna si mette per traverso non lo fa solo a parole, ma indirizza fondi e finanziamenti ingentissimi solo verso i ''suoi'' candidati, come quelli che al Congresso, nemmeno davanti all'orrore delle stragi, a cominciare da quella di Columbine, continuano a parlare di libertà di armarsi, quasi che le urla di terrore delle giovanissime vittime e il pianto dei loro familiari, che li hanno portati a scuola e non li rivedranno più, fossero silenzio. 

Good mornig, Vietnam, gridava ogni mattina Adrian Cronauer, il mitico dj della radio delle forze armate americane dislocate nel Paese del Sud Est asiatico, ben sapendo che anche quello sarebbe stato un mattino di morte. Se oggi Cronauer potesse rivolgersi al suo Paese forse non troverebbe un aggettivo con cui sostituire quel ''Good''. 
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