Giletti a Mosca: quando il giornalismo è il nemico di se stesso

- di: Diego Minuti
 
L'ultima trasmissione di ''Non è l'arena'', da Mosca, avrebbe dovuto celebrare il  ''modello Giletti'', ovvero un modo di fare giornalismo che - giusto o sbagliato che sia - si celebra con un meccanismo autoreferenziale, ovvero creando una grande attesa per i suoi contenuti, ma che alla fine si riduce a un fiume di congetture, prese di posizione, analisi non  sempre fondate, ma ad effetto, e non invece parlando di fatti concreti e, per questo, verificabili. L'ultima puntata del talkshow gilettiano ha però varcato, e non è la prima  volta, il confine che purtroppo divide il modello giornalistico italiano da quello anglosassone (quello di livello riconosciuto) abbandonando l'analisi della realtà per cedere il passo alla propaganda più becera, più scontata, utile forse all'audience - a cui tanto, troppo si tiene - , ma non certo al perseguimento della realtà. Oggi si parla del fatto che Giletti ha dato fiato ai tromboni meno attendibili, perché spudoratamente schierati, del culto di Vladimir Putin, contro il quale non s'è levato anche un solo vocabolo, un'alzata impercettibile di sopracciglio, un ammiccamento. Interventi in lode perenne di un capo di Stato che da vent'anni guida la Russia (se democraticamente o no, spetta ad altri dirlo) e che oggi veste i panni dell'aggressore.

Ma per Giletti evidentemente la strada da seguire era quella di fare parlare tutti, ma veramente tutti quelli che da  Mosca potevano commentare la guerra in Ucraina. Come se in Russia oggi ci siano persone disposte a dire la loro sul conflitto senza temere che una anche solo accennata critica non li faccia finire in galera. 
Però, se il fine - sentire anche l'altra campana - era lodevole, i risultati sono stati sconcertanti, al punto tale che uno degli ospiti che Giletti ha fortemente voluto (pur se collegata in video)  , la portavoce del ministro degli Esteri di Mosca, Maria Zacharova, non ha gradito alcune considerazioni del conduttore cui ha rinfacciato di ''parlare come un bambino''. Se parole del genere Giletti se le fosse sentite rivolgere in Italia ci sarebbe stato un putiferio. Ed invece  no, perché la tigre Giletti a Mosca è diventato un gattino, per di più di peluche, senza unghie e voce. Poi c'è stata la sfuriata di Alessandro Sallusti che ha mandato tutti a quel Paese, da Giletti ai suoi ospiti - tutti russi, tutti allineati, tutti a difendere Putin per quanto sta facendo - , guadagnando molti punti nel giudizio generale, anche da parte di chi l'ha sempre contestato.

Forse per qualcuno è stata una serata di grande giornalismo, condita anche dal ''dramma'' di Giletti e del suo malore (con Myrta Merlino che, da studio, come un tempo fece Sandra Milo, ha cominciato a gridare affinché qualcuno andasse a soccorrere il collega).  Per noi, e lo diciamo con il massimo rispetto per le finalità, ma non certo per il modo in cui la trasmissione è stata condotta, è stata invece la peggiore liturgia di un giornalismo che si piega alle esigenze di una porzione di telespettatori e non invece alla verità. Organizzare una trasmissione, sapendo che coloro che vi sono stati invitati ''da russi'' avrebbero fatto solo da megafono delle tesi di Putin e non approntando una ''contraerea'' in studio (perché a Mosca non è accettata la presenza di voci dissenzienti) significava dare spazio solo a certe idee,  perché a parlare erano quasi esclusivamente quelli che la pensano come lo zar. Il giornalismo, almeno quello che intendiamo noi, è essenzialmente condensabile in due parole: libertà e rispetto. Libertà di parlare, ma nel rispetto degli altri e, soprattutto, della verità, su cui si può anche discutere, ma che non può essere manipolata ad uso e consumo della propaganda.

Che poi Giletti accetti d'essere ridicolizzato in diretta è affare suo. A noi, umanamente, spiace che non si sia difeso, lasciando ad una attivista pro-Putin, come Maria Zacharova, di fare strame della sua professionalità, su cui nessuno può muovere dubbi, anche se i sentieri che sceglie per aumentare ascolti sono spesso pericolosi.  
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli