G7, new dress code: buona camicia a tutti

- di: Barbara Bizzarri
 
La recente foto dei capi di Stato europei riuniti intorno al tavolo con un laudatissimo abbigliamento casual che contribuisce parecchio a differenziarli dall’orchestrina di Titanic, colata a picco in smoking, ha scatenato una ridda di osservazioni piuttosto ridicole, prima fra tutte la fantasiosa teoria che si tratti della prova evidente del loro impegno. Basta una camiciola slacciata per confermare che stiano lavorando per il martoriato popolo europeo nonostante la calura: niente cravatte, maniche tirate su, di certo nessuna doccia né aria condizionata e, ci scommetterei, grilli arrosto al posto dei salatini. A parte che se proprio si vuole cavalcare questa narrazione sarebbe più adatta una t-shirt, meglio se verde, ma come non pensare guardandoli all’Obama di Yes We Can, quando in piena campagna elettorale fu il primo a proporre un’alternativa all’immagine austera dei rappresentanti delle istituzioni per convincere che un mondo nuovo e più libero era possibile, in cui fossero azzerate discriminazioni e differenze di classe (in USA? Come no) presentandosi in maniche di camicia e un’aria vitaminica e rassicurante, talmente azzeccata da essere stata copiata da tutti ancora oggi, come si nota appunto dallo scatto diffuso urbi et orbi dai potentati del G7, il cui messaggio più o meno subliminale vorrebbe essere siamo puri duri e senza fronzoli incuranti del caldo che soffriamo come voi e fatichiamo senza sosta, seduti gagliardamente a un tavolo di dialogo e progresso, senza mascherine, senza cravatta e pure un po’ senza vergogna. Ci si deve davvero sentire rassicurati da storielle tanto goffe? Onestamente non credo e rimpiango i tempi in cui presentarsi in giacca e cravatta era un segno di rispetto anche verso coloro che si rappresentava.

L’abito fa il monaco: lo fa, chiosava Manuel Fantoni, uno dei miti della mia generazione, per cui sarà colpa dell’imprinting ma stento a credere che farsi fotografare in tuta dimostri attaccamento alla gente e sacrificio alla sua causa. Mi piace l’arrosto, e del fumo non so che farmene, faceva dire Carlo Goldoni alla sua pragmatica locandiera Mirandolina: ebbene, questo nuovo peana sa tanto di fondali di cartapesta da quinte teatrali, perché la volontà e l’impegno di risolvere le gravi problematiche che attanagliano il vecchio continente non si dimostrano con le narrazioni di pura apparenza in un ennesimo show in salsa europea: per quale motivo un presidente senza giacca dovrebbe essere percepito più vicino dalla gente, forse perché si rende conto che a breve non potrà permettersi neanche il pane, figuriamoci l’abbigliamento e quindi solidarizza dimostrando che toh, non ce l’ha neanche lui? Non bastano le maniche arrotolate della sempiterna camicia bianca atta ad illuminare il volto per sentirsi vicini a chi invece si dimostra ogni giorno più lontano dalla realtà comune e per credere a un lavoro matto e disperatissimo che puntualmente approda a un nulla di fatto se va bene e a un disastro se va male: sono i fatti a parlare e con la gente che fra poco dovrà coprirsi di stracci come nei bei tempi andati, il minimo è che chi può ancora vestirsi decentemente, soprattutto per rappresentare il suo Paese, ebbene, faccia almeno questo sforzo dato che non se ne vedono altri.  Comunque finché sono soltanto le camicie ad essere sbottonate, poco male: andrà molto peggio quando lo saranno le brache.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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