Fridays for Future: un altro mondo è possibile

- di: Barbara Leone
 
Superficiali, viziati, arroganti. E’ così che molto spesso si parla dei giovani. E un po’ è anche vero, ma le eccezioni ci sono. Anzi. I ragazzi educati, attenti e sensibili sono la maggioranza. Una maggioranza silenziosa. Perché, come si dice, fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. E invece i ragazzi di Fridays for Future di rumore ne hanno fatto eccome, e sinceramente è musica per le nostre orecchie. Settantotto cortei, da Udine a Palermo, per chiedere ai governi di tutt’Europa soluzioni ecologiche concrete, ma anche di fermare la guerra in Ucraina. Perché, dicono, non ci potrà essere pace né giustizia climatica in nessuna parte del mondo finché i nostri sistemi saranno legati ai combustibili fossili forniti da governi autoritari e dittature. Guerra e crisi climatica, si grida dalle piazze, hanno la medesima soluzione: fermare la nostra dipendenza tossica da quei combustibili. E come dargli torto?

Settantotto cortei per fermare la guerra in Ucraina

Sa quello che vuole, questa bella gioventù. E sa anche cosa rischia perché, come giustamente sostiene da anni Amnesty International, l’immobilità dei governi di fronte alla crisi climatica potrebbe diventare la più grande e grave violazione intergenerazionale dei diritti umani della storia. Sono loro, i giovani, che pagheranno le nostre incurie, le sciatterie ed i continui, insopportabili rinvii. Del resto l’aumento della temperatura globale è sotto gli occhi, e sulla pelle, di tutti. Che vuol dire incendi, siccità, tempeste tropicali e disastri idrogeologici. Quanti morti ci devono ancora essere per arginare finalmente quest’orribile situazione? La verità è che siamo solo bravi a lamentarci noi adulti: e fa troppo caldo, e non si respira, e le zanzare a febbraio, e le bombe d’acqua, e le frane… Ma poi? Silenzio di tomba, e ritorniamo tutti alle nostre care, vecchie abitudini. Perché ogni cambiamento costa fatica, e la fatica non ci piace. Dal canto loro, i governi ammollano qualche contentino qua e là, e poi fanno i pesci in barile. Tanto il problema non li riguarda, che gli frega. Nel 2050 i governanti vari, e noi pure, saranno belli che andati all’altro mondo. E oggi l’argomento è solo un grattacapo, una fissazione di Greta e dei figli dei fiori 2.0.

Il futuro è subito non è più solo uno slogan dei Fridays for Future, ma un’urgente realtà

Peccato che l’Organizzazione mondiale della sanità prevede che tra il 2030 e il 2050 la crisi climatica causerà 250mila morti in più all’anno. E che il Programma alimentare mondiale sottolinea come entro il 2050 ci potrebbe essere un aggravamento della condizione di fame e malnutrizione nell’ordine del 20% rispetto ai livelli attuali. E che con un aumento medio di 2 gradi della temperatura del pianeta più di un miliardo di persone soffrirà di gravi carenze di risorse idriche. Che vuoi che sia! E che facciamo noi? L’avveleniamo l’acqua, di plastica e schifezze varie. E la sprechiamo nei modi più assurdi. Allevamenti intensivi in primis. Perché, sì è scomodo e fa pure arrabbiare le lobby dei produttori di carne, ma è un dato di fatto. Se vogliamo bene al pianeta, e ai nostri figli, dovremmo cambiare anche le nostre abitudini alimentari. Ma soprattutto non si può più procrastinare. Il futuro è subito non è più solo uno slogan dei Fridays for Future, ma un’urgente realtà. La crisi climatica non può aspettare, esattamente come non può aspettare la popolazione ucraina sotto le bombe russe. Forse, però, un altro mondo è possibile. Ed è proprio da queste piazze, che dovremmo tutti ascoltare, che può nascere. Perché questi ragazzi sono la nostra speranza, non sono rassegnati e inermi come noi adulti, che sappiamo solo riempirci la bocca di belle parole. Loro fanno i fatti, consapevoli d’avere il loro destino tra le mani. E che un domani migliore può nascere solo dalla pace, dalla giustizia e dal rispetto del Creato che ci ospita.
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