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Esselunga, siamo alla frutta!

- di: Barbara Leone
 
Commossi o scandalizzati. Si può banalmente riassumere così la reazione dei media al nuovo spot di Esselunga in onda da lunedì sulle principali reti televisive. Più che uno spot  cortometraggio vero e proprio, firmato da Rudi Rosenberg e Small ed andato in onda per la prima volta in una fascia oraria molto ambita dagli investitori: l’access prime time, ovvero dopo i principali telegiornali. Il che fa pensare che l’investimento da parte dell’azienda sia stato particolarmente importante. Protagonista una bimba messaggera d’amore che, con la complicità nientepopodimeno che di una signora pesca, cerca di far riconciliare i genitori evidentemente separati. In men che non si dica si son levati scudi pro e contro. Fondamentalmente buttandola in politica come se lo spot rappresenti l’adattamento della comunicazione ala nuova Italia meloniana. Mentre chi l’ha osannato paragonandolo addirittura alle pellicole della Nouvelle Vague francese. Come sempre la verità sta nel mezzo. Sicuramente a livello di marketing l’operazione è più che riuscita, visto che se ne parla in tutte le salse: da quella sociologica a quella politica fino all’immancabile disquisizione psicanalitica. Quindi ha vinto, perché come si dice bene o male basta che se ne parli no? Nessuno però ha mirato al punto secondo me fondamentale: ma quanto può essere triste questo spot? Cioè quella bambina con gli occhioni da cerbiatto tutti lucidi mette addosso un’angoscia che levete proprio!

Lo spot di Esselunga divide sui social

Ti viene proprio voglia di abbracciartela forte forte e dirle: andrà tutto bene piccola mia. Anzi, vedrai che tra poco sarai pure contenta perché i tuoi genitori si sentiranno talmente in colpa che ti riempiranno di attenzioni e regali. Ma ve la immaginate una coppia che sta sul punto di separarsi quale angoscia può provare a vedere sto benedetto spot? Come minimo gli si blocca la digestione, visto che va in onda negli orari dei santi pasti. Eddai signor Esselunga, un minimo di sensibilità! Questi proprio non si rendono conto dei danni che fanno. Che se sono diventata gattara è pure colpa della bambina della pasta Barilla che in uno spot degli anni Ottanta raccattava un gattino nel bel mezzo del temporale e se lo portava a casa. Questi sono traumi, eh! Altro che pubblicità progresso e frescacce del genere. Siete cattivi, punto. E la cattiveria non è né di destra né di sinistra. Tutto questo per vendere quattro buatte di pummarola in più. Meno male che a Roma di Esselunga ce n’è una sola, e sta pure in culonia. Non mi ci vedranno mai. E non perché come dicono questo spot è un inno alla famiglia tradizionale, che peraltro è pure vero. Laddove nel 2023 di tradizionale nelle famiglie c’è rimasto forse solo il campanello di casa. Non mi ci vedranno perché quella pesca è uno schiaffo in piena faccia. Il che dopo i tg che sono praticamente un bollettino di guerra, vera e metaforica, non è esattamente il massimo. No. Io preferisco restarmene nel mondo del Mulino bianco, almeno in tv. Che tanto poi ci pensa la realtà a riportarci con i piedi per terra: alle liti, alle recriminazioni, alle assenze e pure al listino dei prezzi dei supermercati. Tutti, nessuno escluso. Che poi, come sempre, tutto ciò che è finalizzato al profitto sposta la comunicazione su un piano inclinato. Magari, per esempio, sarebbe meglio se Esselunga e le altre catene della grande distribuzione tutelassero i lavoratori nei giorni festivi e nella contrattazione, in modo da preservare davvero la serenità delle famiglie. Bimbi compresi. Una cosa è certa: tra pomo della discordia e pesca della pace c’è una sola realtà: siamo alla frutta!

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