Elisabetta Franchi, parla la dipendente (che conferma tutto)

- di: Barbara Bizzarri
 
Ah, che meraviglia la sorellanza, questa isolachenoncé di cui tutte le donne parlano, specialmente le più canaglie, ma che nessuno ha mai visto, meno che mai chi scrive: a parte poche, pochissime eccezioni che coltivo amorevolmente come rose di serra, le peggiori infamie della mia vita me le hanno perpetrate proprio le donne, spesso le stesse che blaterano di solidarietà femminile a ogni piè sospinto in pendant col coltello infilato fra le scapole delle malcapitate che prendono di mira: direi che, a parte l’omicidio, alla mia veneranda età in questo senso ho visto di tutto, anche se, come si suol dire, ne uccide più la lingua che la spada, soprattutto se la proprietaria di quella lingua ha messo gli occhi su qualcosa che, accidentalmente, vuole pure lei: che sia un partner, un lavoro o un talento non cambia granché. Perciò mi stupisce poco, anzi per nulla, la storia dell’impiegata che narra le meraviglie della corte di Elisabetta Franchi, l’imprenditrice che ha ammesso con nonchalance di assumere esclusivamente over 40 perché, detto in breve, non danno noie come maternità e altri accidenti e sono disponibili 24/7, epperò lei assume soltanto donne, eh. Vero è che ognuno nella sua azienda fa quello che gli pare, in barba anche a una certa etica del lavoro, però direi che in Italia, ormai, spesso si confonde il lavoro con lo schiavismo, oppure lo si intende come un’elargizione generosa per cui essere grati sine die, come se tempo e competenze fossero, in effetti, quisquilie a cui attribuire il minimo valore possibile.

Sembra di rivedere il cinico personaggio interpretato da Sigourney Weaver nel film “Una donna in carriera

Quasi ordinaria amministrazione, che diventa però più amara quando è una donna ad agire così nei confronti di altre donne: sembra di rivedere il cinico personaggio interpretato da Sigourney Weaver nel film “Una donna in carriera”, che si fa strada con le idee della sua segretaria, e intanto la rassicura, sono buona, giusta e se meriti, ti promuovo: credici. In concomitanza con la sentenza del tribunale di Bologna che condanna l’imprenditrice per condotta antisindacale nella vertenza sostenuta da Filcams-Cgil, una dipendente della Franchi ha deciso di vuotare il sacco e, come prevedibile, dietro il glam c’è di più, e di peggio: “Lavoro per la Betty Blue da più di dieci anni e gli straordinari li ho sempre fatti, compresi il 25 Aprile, l'8 dicembre e l'Epifania. Mi sento offesa perché ci ha dato delle inadempienti, delle irresponsabili, di quelle che le minano il business. Invece siamo professioniste e abbiamo sempre preso il lavoro molto seriamente: se oggi l'azienda è arrivata a questi livelli è anche merito nostro". Si è arrivati alla vertenza perché "in ottobre ci è arrivata una mail che diceva, dovete fare gli straordinari, o l'azienda prenderà dei provvedimenti disciplinari nei vostri confronti.

Quando hanno cominciato ad arrivare le prime lettere di richiamo, ci siamo rivolte alla Cgil. Non è stato un passo facile perché la gente ha paura: su 150 dipendenti, ci siamo iscritte al sindacato in una quarantina. Abbiamo scioperato, rifiutandoci di fare gli straordinari. Il risultato è stato che le settimane erano così: il lunedì mattina ricevevamo la lettera di richiamo per gli straordinari non fatti la settimana precedente, il mercoledì la richiesta di straordinari nuovi, minimo otto ore a settimana. E il venerdì l'ordine di servizio per intimarci di essere al lavoro il sabato. C'è chi ha ricevuto lettere di richiamo per avere fatto mezz'ora di straordinario in meno. Alcune di noi sono in malattia da Natale, con lo psicologo e il resto. A me a dicembre è venuto un attacco di panico e sono finita in ospedale". Alla notizia delle dichiarazioni impopolari della sua capa, la donna non si scompone:”lei è esattamente così”, conferma. Che possiamo farci? È come la direttrice del Conad di Pescara che ha preteso di controllare le mutande delle dipendenti per scoprire chi avesse lasciato in giro un assorbente (assodata la maleducazione dell’incauta, si deve arrivare a questo?), è come la team leader che misurava col cronometro la pausa per andare in bagno delle telefoniste di un call center, è la parabola discendente della sorellanza, bellezza.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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