Draghi dice no a cessione di tecnologia italiana alla Cina

- di: Diego Minuti
 
Sembra un secolo fa quando il governo italiano stendeva pregiati tappeti davanti al cinese di turno che, con una borsa carica di denaro, veniva a comprare aziende, anche strategiche. Bei tempi (per i cinesi) quando l'Italia - quasi ne fosse solo ed esclusivamente gratificata -  accettava con entusiasmo di entrare a fare parte attiva del grande progetto di Pechino di creare una rete di Stati che partecipassero alle sue iniziative, con particolare attenzione a quelle legate alla logistica, molto cara alla Cina che sta investendo ovunque, in ogni angolo del mondo.

Ma, come diceva Ornella Vanoni, la musica è finita e il governo italiano, guidato da Mario Draghi e non più da Giuseppe Conte che di quell'accordo (denominato Belt and Road Initiative)  fu sostenitore, non ha più alcuna remora a mettersi per traverso in progetti che metterebbero in mani cinesi la migliore espressione della tecnologia italiana. 
Ecco quindi che non deve sorprendere più di tanto che Mario Draghi abbia deciso di esercitare il diritto di veto che ha il governo per impedire il perfezionamento di operazioni di acquisizione o di crescita nel capitale azionario di nostre aziende ritenute fondamentali in termini di tecnologia. 

Come ha fatto utilizzando il diritto di veto - nella terminologia finanziaria si chiama golden power - per impedire che la società cinese Efort Intelligent Equipment desse una sostanziale scalata all'italiana Robox, leader nel campo della tecnologia robotica, che ha la sua sede nel novarese. 

In base all'accordo, la società cinese, con un investimento di circa due milioni di euro, avrebbe acquisito il 9% delle azioni di Robox, raggiungendo così il 49%. Su questo il governo non ha eccepito granché, ma s'è invece opposto alla cessione di tecnologia da Robox a Efort, che fa parte di un gruppo che, secondo alcuni, sarebbe legato direttamente al governo di Pechino, come la quasi totalità delle aziende tecnologiche cinesi.  L'esercizio del diritto di veto è giustificata dal fatto che l'accordo prevedeva che Robox autorizzasse Efort a utilizzare alcuni dei suoi codici sorgente. 
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