De Angelis, travolto dalle polemiche, si dimette e Rocca lo ringrazia
- di: Francesco Di Stefano
E' come quando un marito o una moglie scoprono il partner in flagrante tradimento e si sentono rispondere: non è come credi. Perché oggi, a ben rifletterci, a fare notizia non sono le (tardive) dimissioni di Marcello De Angelis dall'incarico di capo della comunicazione della Regione Lazio, quanto il fatto che il suo presidente, Francesco Rocca, nel ringraziarlo per avere messo ''a riparo'' le istituzioni, parli di ''ingiustificabili strumentalizzazioni'', come evidentemente è per lui il vespaio di polemiche scoppiato all'insorgere del ''caso''.
Si sa che in politica nulla è perenne come la sete di vendetta.
Ma qui dobbiamo necessariamente aggiungere la stima e l'amicizia. Come quelle che Rocca nutre per De Angelis (dai tempi in cui il primo era il presidente della Croce Rossa) e che lo portano oggi a continuare a difenderlo nonostante i problemi che gli ha creato (cosi come a Fratelli d'Italia, il partito di suo riferimento). Dimissioni dovevano comunque essere e dimissioni sono state. Però il ''nobile gesto'' di De Angelis, se sana una ferita politica sanguinante, certo non rimargina quella causata a Rocca da chi, in virtù di un passato che ha detto e ripetuto di avere cancellato, non ha certo scelto la strada della moderazione. Se da un lato alcune sue esternazioni sono abbastanza datate (come un brano decisamente antisemita scritto e cantato molti anni fa, quando era il frontman di una banda ideologicamente collocata alla destra dell'estrema destra) e quindi meritevoli di un giudizio che tenga conto dello sbandierato percorso di presa di distanza dal pensiero di un tempo, dall'altro ve ne sono di più recenti che giustificano un giudizio fortemente negativo.
Il bubbone è scoppiato quando De Angelis - di cui tutti, a cominciare da Rocca, conoscevano i trascorsi politici e anche giudiziari - si è detto certo dell'innocenza di Mambro, Fioravanti e Ciavardini, condannati per la strage della stazione di Bologna, sicuramente sapendo che le sue parole, venendo da chi ha un incarico pubblico di grande importanza, non sarebbero passate inosservate, né tantomeno perdonate. Da quel momento il ''De Angelis - pensiero'' è stato scandagliato e, siccome la Rete non perdona, è anche saltato fuori un suo messaggio, di certo non molto lontano, in cui veniva ritratto un candelabro celtico caro a Himmler, che lo faceva realizzare dagli ebrei che erano nei campi di sterminio per poi regalarlo alle SS a lui più fedeli.
Però, a dare credito a quel che scrivono oggi alcuni quotidiani, la vera pietra dello scandalo dei comportamenti di De Angelis non sono stati i suoi atteggiamenti e l'ideologia che ha sposato, ma il fatto che, incurante della tempesta mediatica che si era abbattuta su di lui, ha disinvoltamente assunto, in Regione, il fratello della sua compagna. Insomma, il cognato, una specie che, nella Destra italiana, sembra avere spianata la strada verso il paradiso. Un'assunzione fatta, Rocca ci ha tenuto a dirlo, a sua insaputa e che, quindi, traducendosi in un quasi tradimento del rapporto di fiducia, ha spinto De Angelis a prenderla a pretesto per dimettersi.
Dimissioni, quindi, ma non per la patente di innocenza appiccicata ai tre terroristi neri condannati per la strage di Bologna; non per la becera propaganda antisemita, intinta in una evidente connotazione razziale e razzista; non per la celebrazione del candelabro delle SS, ma per una semplice operazione familistica andata male. Senza tanto girarci intorno, De Angelis si sarebbe dimesso per un inciampo ''amministrativo'' e non invece perché, dimenticando il suo passato mai rinnegato totalmente, qualcuno lo ha piazzato in un posto di grande responsabilità e quindi, meritevole, di uno stipendio adeguato ad esso.
Come ormai tradizione, quando si è oggetto di accuse e polemiche, la difesa è quella di mostrarsi come vittima, in questo caso, come ha detto De Angelis, di una ''mostruosa macchina del fango'', definizione che, normalmente, viene intesa come una macchinazione che colpisce un innocente. Ma se lui stesso s'è pentito delle frasi delle in difesa della tesi dell'innocenza dei ''neri'' (rivendicando il ''diritto al dubbio''), se ha sconfessato la canzone a chiari contenuti contro ebrei e Israele, dov'è la ''macchina del fango''?