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Dacci oggi il nostro pane quotidiano…

- di: Barbara Leone
 
Predicano bene, e razzolano male. Molto male. E la cosa più odiosa è che lo fanno di sguincio, camuffando ambiguamente un’elemosina per offerta di lavoro. Ha un che di paradossale la vicenda di TV2000 denunciata nei giorni scorsi dal Fatto quotidiano, e che in breve tempo ha sollevato un polverone indignando lavoratori e sindacati. L'emittente televisiva della Conferenza Episcopale Italiana, infatti, ha offerto a una quarantina di collaboratori (tra giornalisti, autori e programmisti) la ridicola somma di 500 euro in cambio della rinuncia a tutti i loro diritti pregressi. Una proposta che non solo è inadeguata a compensare i diritti e le retribuzioni non ricevute nel corso degli anni. Ma che appare quasi offensiva, perché si tratta di una cifra che non riflette minimamente il valore del lavoro svolto e dei sacrifici fatti da questi professionisti. Una vera e propria umiliazione per chi, da anni, lavora con dedizione e professionalità sotto un contratto a Partita Iva: il che vuol dire senza diritti, tutele e quasi sempre con stipendi da fame.

La proposta, che arriva con la pretesa di una “pietra tombale” sulle possibili pretese future dei lavoratori, non garantisce nemmeno un’assunzione a tempo indeterminato, ma solo il rinnovo della “consulenza”. Abusatissima scorciatoia per salvare capre e cavoli. Un ricatto travestito da generosa offerta (quasi quasi tocca pure dire grazie), che pone i lavoratori di fronte a un ultimatum vergognoso: accettare e rinunciare a qualsiasi diritto accumulato nel corso degli anni, o rischiare di perdere anche l’unico lavoro precario che hanno. Una situazione che appare ancor più paradossale, se si considera che l’emittente in questione è legata a istituzioni religiose che predicano valori di giustizia e solidarietà. Alla faccia del bicarbonato di sodio, per dirla con Totò!  «Patti leonini a TV2000 non fanno onore alla Cei», è il duro commento della Fnsi, che evidenzia come la dignità del lavoro ricorra spesso nei discorsi del Cardinale Zuppi, presidente della Cei. Un tema, sottolinea ancora la Fnsi, ben presente anche nelle parole di Papa Francesco. Ma che, evidentemente, non riguarda il lavoro giornalistico, «che può essere precarizzato e al quale può essere tolta qualsiasi dignità con 500 denari».

Una pagina decisamente indecorosa per la Cei, e che mette in luce una problematica più ampia e diffusa: il ricorso massiccio ai contratti a Partita Iva e ad altre forme di lavoro autonomo per mascherare rapporti di lavoro subordinato. Uno stratagemma, questo, che permette alle aziende di risparmiare sui costi legati alla previdenza e alle tutele del lavoro, scaricando tutti i rischi sui lavoratori. Una situazione che, perdonate l’atto di campanilismo, è particolarmente critica nel mondo del giornalismo, dove precarietà e stipendi da fame sono ormai all’ordine del giorno. E dove invece un altro Ordine, quello con la O maiuscola dei giornalisti, fa troppe volte spallucce abdicando, di fatto, al suo ruolo di baluardo nella difesa dei professionisti dell’informazione. Semplicemente resta inerme di fronte ai tanti, troppi, freelance regolarmente esposti a ricatti e sfruttamento.

Quando poi ad adottare queste pratiche inique è un’emittente televisiva come TV2000, cui presumibilmente non mancano nemmeno i soldi per mettere tutti i lavoratori in regola, ecco che la disillusione è massima dal momento che, va da sé, da un’azienda che fa capo ai vescovi ci si aspetterebbe una condotta a dir poco esemplare. Perché l’emittente ha una grande responsabilità non solo verso i propri dipendenti, ma anche verso il pubblico che si aspetta che i valori cristiani di equità e solidarietà vengano applicati non solo a chiacchiere, ma anche, e soprattutto, a cominciare dalla gestione delle risorse umane. Ignorare queste aspettative significa tradire la fiducia non solo dei lavoratori, ma anche dei cattolici e del pubblico in generale. Forse è ora che le parole si traducano in fatti concreti, perché senza giustizia sociale anche la preghiera più sincera perde il suo valore. Perché va bene “dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Ma che non sia amaro, e condito col veleno dell’ingiustizia e dell’oltraggio di ogni dignità. 
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