Confindustria Moda: per ogni euro investito se ne generano tre e si stimola la crescita culturale

- di: Barbara Bizzarri
 
Lo studio intitolato "Il valore del settore Moda nell'Economia e nella Cultura", oltre a mettere in luce il valore strategico della filiera per tutto il Paese, evidenzia come un investimento pubblico porterebbe enormi vantaggi, da un punto di vista economico, sociale e culturale. Se il Made in Italy è oggi sinonimo di eccellenza nel mondo, questo è dovuto anche alla filiera italiana del tessile, moda e accessorio. Questo è il punto fermo che emerge dalla ricerca presentata oggi a Roma da Confindustria Moda, la federazione che riunisce le sette associazioni industriali italiane del settore Tessile Moda e Accessorio, e Censis, durante un evento che ha visto il contributo della Senatrice Lucia Borgonzoni, Sottosegretario al Ministero della Cultura.

Il comparto evidenzia nel 2021 un fatturato complessivo prossimo ai 93 miliardi di euro, e si compone di oltre 60 mila imprese con circa 550 mila addetti. Il valore dell'export è di quasi 68 miliardi di euro, di cui 40 miliardi di euro per esportazioni extra UE. La potenza economica del settore e il suo valore strategico sono confermate anche da altre indicazioni: il TMA è la seconda industria italiana per numero di occupati e nella graduatoria Ue relativa ai settori TMA è al primo posto per valore aggiunto: 21 miliardi di euro. "Tessile, Moda e Accessorio è una delle più grandi eccellenze italiane non solo per la sua portata economica, ma per la capacità di creare ricchezza diffusa anche da un punto di vista sociale e culturale. Non di meno, la nostra industria è uno dei propulsori del brand Made in Italy nel mondo il che significa essere un boost per il soft power di tutto il Paese. Da questo punto di vista, l'impatto che il Tessile, Moda e Accessorio ha, travalica i confini del settore, creando effetti trasversalmente positivi in ogni ambito dell'economia e della società italiana", commenta Ercole Botto Poala, Presidente di Confindustria Moda.

Lo studio presentato da Confindustria Moda e Censis 

Il ruolo nell'economia della filiera rappresentata da Confindustria Moda è trasversalmente riconosciuto dagli italiani che la ritengono importante nel 95,7% dei casi: di cui il 58,3% molto importante e per il 37,5% abbastanza. L'importanza attribuita al settore non rinvia ad un generico apprezzamento, poiché l'87,5% richiama la capacità del settore di creare occupazione e reddito, convinzione più diffusa al Centro (91,3%), tra i laureati (88%) e le donne (89,7%), che resta alta trasversalmente a territori e gruppi sociali. "Risulta fuori da ogni ragionevole dubbio il valore altamente strategico che avrebbe un investimento pubblico mirato al supporto e alla crescita dell'industria del Tessile, Moda e Accessorio. La tutela e la valorizzazione delle industrie nazionali, come ribadito anche dalle recenti crisi, ha il ruolo fondamentale di garantire l'autonomia del Paese e il benessere della nostra società. Traiamo quindi dai recenti avvenimenti l'insegnamento di quanto sia necessario progettare, programmare, pensare e preparare il futuro", sottolinea Massimiliano Valerii, Direttore Generale Censis.

Lo studio rileva che, se nel prossimo triennio si ritagliasse un pacchetto di investimenti per il settore di 6 miliardi, il ritorno in termini di crescita sarebbe enorme: la produzione industriale crescerebbe di oltre 11 miliardi e il fatturato di quasi 20. Ma le performance del settore non si risolvono solo nei suoi pur importanti dati economici, perché richiamano la materialità della relazione tra le attività produttive delle imprese e le comunità in cui operano, su cui hanno impatti rilevanti per occupazione, redditi, qualità della vita e, in certi casi, anche sulla stessa possibilità di buon vivere in una determinata area geografica. Inoltre, il report evidenzia il ruolo della moda nel favorire il benessere e la crescita sociale, a più livelli. In primo luogo emerge che il 48,1% dei cittadini è convinto che il settore moda promuova il rispetto del lavoro e dei lavoratori in ogni ambito di sua competenza, opinione che è condivisa da quote trasversali ai gruppi sociali, in particolare al Centro (50,5%) e al Sud e nelle isole (54,8%). Un risultato non scontato, che rende ragione dell'impegno in termini di rispetto di lavoratori e fornitori da parte di tanti operatori del settore, troppo spesso coperto da singoli casi eclatanti.

"La ricerca presentata oggi conferma quanto sostengo da sempre, ovvero che la moda è cultura. Se da subito come Governo dobbiamo intervenire per risolvere la questione madre dell'energia e dell'emergenza innescata dal rincaro delle materie prime, sul lungo periodo ritengo che sia necessario proseguire sulla strada della definizione di un quadro normativo che faccia sempre più leva sulla cultura come elemento distintivo del sistema produttivo italiano del tessile, dell'abbigliamento, dell'accessorio – ha commentato il Sottosegretario di Stato per la Cultura, Lucia Borgonzoni – Le aziende del settore moda vanno supportate non solo perché ne va del Pil del Paese: sostenerle significa infatti preservare l'unicità del saper fare custodito dai nostri artigiani e da tutti i professionisti che operano nella filiera. I loro prodotti sono espressione di quello straordinario patrimonio fatto dalla nostra storia, dalle nostre radici, dalla bellezza dei nostri territori. L'imperativo è dunque continuare con gli investimenti e i provvedimenti mirati al riconoscimento del valore culturale delle imprese della moda, perché è questo che ci rende unici nel mondo".
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