Confindustria: audizione Dl sicurezza energetica

 
Marco Ravazzolo, direttore dell’Area Politiche per l’Ambiente, l’Energia e la Mobilità, è intervenuto in audizione presso le Commissione riunite Ambiente e Attività produttive della Camera dei Deputati sul Decreto-Legge 9 dicembre 2023, n. 181, in materia di disposizioni urgenti per la sicurezza energetica, la promozione delle fonti rinnovabili, il sostegno alle imprese energivore e in materia di ricostruzione nei territori colpiti dagli eventi alluvionali.

Nel complesso, Confindustria esprime apprezzamento per il provvedimento, poiché contribuisce a intercettare tutte e tre le dimensioni rilevanti dell’energia, ossia la decarbonizzazione, la competitività e la sicurezza degli approvvigionamenti, in linea con le nostre proposte. Infatti, il decreto contiene disposizioni in materia di energy e gas release, produzione di energia da fonti rinnovabili e potenziamento delle infrastrutture energetiche che vanno nella giusta direzione.

Anzitutto, preme rilevare che i mercati energetici stanno seguendo in larga misura l’andamento dei prezzi delle materie prime che, a partire dalla prima metà del 2023, hanno registrato in generale vistosi cali rispetto ai picchi raggiunti nel 2022. In particolare, i prezzi del gas naturale nei principali hub europei si sono attestati su una media di circa 40 €/MWh. Nonostante la forte discesa resta elevato il differenziale di prezzo tra il mercato europeo e quello dei paesi produttori, come il nord Africa, il Medioriente, la Turchia e gli Stati Uniti. Per quanto riguarda l’elettricità, a novembre si rafforza il differenziale di prezzo tra Italia ed estero. Differenziale che continuerà a rimanere alto, guardando anche alle quotazioni futures 2024 e 2025. Per quanto riguarda il gas, invece, sebbene i prezzi abbiano fatto registrare un calo rispetto al 2022, ci troviamo di fronte a costi ancora alti rispetto al 2019. In questa cornice a soffrire di più sono le imprese energy intensive, che rappresentano i settori di base della nostra industria da cui si snodano tutte le filiere produttive del nostro Paese e che, essendo esposti alla concorrenza internazionale, sono a rischio delocalizzazione per effetto dei costi energetici non competitivi.

Per queste ragioni abbiamo sostenuto l’approvazione delle misure contenute nei primi due articoli del provvedimento, ossia l’energy release e la gas release. Si tratta di misure strutturali che superano la logica degli interventi emergenziali, costosi e a carico del bilancio pubblico. Tali misure, quindi, non vanno assolutamente depotenziate o snaturate nel percorso di conversione del decreto. È fondamentale concentrare ogni sforzo ora per assicurare la loro operatività già a partire dall’inizio del 2024, anche attraverso chiarimenti e precisazioni da apportare perlopiù in sede di decretazione attuativa.

In particolare, per quanto riguarda la misura del gas release si rende necessario un meccanismo di anticipazione dei benefici che le nuove attività di estrazione possono garantire alle imprese della manifattura già da gennaio 2024 fino all’avvio della consegna fisica contrattuale.

Per garantire la competitività dei costi energetici a carico delle imprese riteniamo opportuno richiamare l’attenzione sull’istituzione di un Fondo di compensazione e di riequilibrio ambientale e territoriale da ripartire tra le regioni, allo scopo di incentivare l’installazione di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili e l’adozione di misure per la decarbonizzazione e lo sviluppo sostenibile. Il Fondo sarà finanziato dai proventi delle aste CO2, e riguardo tale disposizione desideriamo soffermarci su due aspetti.

Anzitutto, considerato che la norma contiene già una disposizione in merito alla destinazione di una quota-parte dei proventi delle aste ETS l’occasione è utile per sfruttare il percorso di conversione del decreto-legge al fine di correggere una criticità del nostro ordinamento in materia di compensazione dei costi indiretti. Al fine di mantenere nel tempo un livello sufficiente di protezione dal rischio di rilocalizzazione delle emissioni (carbon leakage) delle imprese energivore eleggibili, è pertanto necessario adeguare lo stanziamento di risorse, in funzione delle variazioni del prezzo della quota ETS prevedendo una quota complessiva pari a 600 milioni di euro annui a partire dal prossimo anno. 

Con riferimento invece al contributo annuo a carico dei titolari di impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili di potenza superiore a 20 KW da versare al GSE, riteniamo che tale disposizione avrà un impatto negativo sulla sostenibilità finanziaria di tali impianti. Per tale ragione richiamiamo l’attenzione sull’opportunità di sopprimere tale previsione normativa.

Si ritiene, poi, necessario potenziare il decreto con un’ulteriore misura fondamentale per garantire una gestione ordinata e graduale per il passaggio dalle misure congiunturali a quelle di carattere strutturale. Il riferimento è alla necessità di una norma interpretativa che chiarisca, con effetto retroattivo, l’impatto delle coperture finanziarie sul calcolo dei crediti di imposta energia riconosciuti fin dai primi mesi del 2022 alle imprese.

Inoltre, si richiama l’attenzione sull’articolo 11 del decreto, che reca numerose modifiche alla disciplina per l’individuazione del Deposito nazionale dei rifiuti radioattivi da realizzare nell’ambito del Parco Tecnologico. La maggior parte di tali modifiche appare finalizzata ad agevolare la predisposizione della Carta nazionale delle aree autocandidate (CNAA). Sul punto, esprimiamo apprezzamento per l’iniziativa, che va inserita in una cornice più ampia del dibattito sull’energia nucleare. Affrontare con efficacia il tema dello smaltimento dei rifiuti radioattivi contribuisce sicuramente ad una seria ripresa delle riflessioni su questa fonte energetica, su cui Confindustria ha già avuto modo di esprimersi in più occasioni favorevolmente con riferimento alle nuove tecnologie che sono state sviluppate, come i mini-reattori, o alla ricerca in corso riguardante la fusione.

Infine, una riflessione sulle misure che il DL dedica al tema della ricostruzione nei territori colpiti da calamità naturali e, in particolare, agli ultimi eventi alluvionali verificatisi in Toscana.

Al riguardo, segnaliamo anzitutto che, rispetto ad analoghi precedenti, per l’alluvione in Toscana  è mancata un’azione organica di sostegno alle imprese colpite, che tenesse conto, peraltro, dell’alta densità produttiva dei territori interessati, così come sono mancate incisive misure di rinvio di versamenti e adempimenti. Il nostro auspicio è, dunque, che l’iter di conversione in legge del DL rappresenti l’occasione per completare e rafforzare il quadro di misure a sostegno dei territori alluvionati. E’ necessario definire uno schema per il ristoro dei danni arrecati agli operatori economici dall’alluvione del 2 novembre e sostenere la liquidità delle imprese, in particolare mediante l’accesso agevolato al Fondo di garanzia per le PMI. Dall’altro, occorrono misure ritagliate sulle specificità produttive dell’area. In proposito, è necessario prorogare ulteriormente i termini di consegna dei beni strumentali ordinari e 4.0 e  analogamente, occorre prorogare il termine per concludere gli investimenti oggetto dei contratti di finanziamento agevolati ai sensi della c.d. nuova Sabatini, a fronte dell'impossibilità per molte imprese di completarli entro i termini previsti.
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