Confimprese, Resca: la finanza torna a investire nel retail

- di: Barbara Leone
 
Dopo due anni di pandemia, in cui il numero di operazioni di private equity e venture capital nel retail ha subìto una battuta d’arresto passando dai 33 deal del 2019 ai 19 del 2020 (ovvero -42%), il 2021 ha ripreso a correre e ha messo a segno 45 nuove operazioni. Che si traducono in un +36% rispetto al 2019, per un ammontare investito di 557 milioni di euro. E’ quanto è emerso dall’incontro che si è svolto oggi a Milano presso Palazzo Mezzanotte nel corso dal titolo “Finanza &Retail. La trasformazione digitale e gli impatti sugli investimenti nel retail” promosso da Confimprese. “C’è un rapporto sinergico tra finanza e retail, con la prima che fornisce le risorse necessarie per stimolare la crescita in Italia e all’estero delle reti commerciali - ha spiegato Mario Resca, presidente Confimprese -. L’asset vincente che può orientare il private equity verso operazioni nel retail è la capacità dei retailer di abbinare lo sviluppo della rete fisica alla proposta di e-commerce con strategie in grado di integrare servizi alla semplice rivendita di prodotti. Anche settori, in cui il punto di somministrazione fisico sembrava imprescindibile e centrale come la ristorazione, oggi propongono fruibilità dei propri prodotti /servizi sia in loco sia con formule di consegna a casa”. E così se il 2021 è stato l’anno record anche come peso sul totale delle operazioni di private equity nel retail con il 7% di quota sul numero degli investimenti, il 2019 ha fatto segnare il 9% di quota, drasticamente calato al 4% nel 2020. Nel primo trimestre 2022 sono state annunciate 81 nuove operazioni (72 nello stesso periodo 2021), di cui 5 nel retail dove si registrano Fra Diavolo e Gruppo Landoll (Nashi Argan) associati Confimprese (dati Pem-Private equity monitor). Gli Associati Confimprese attualmente partecipati da fondi sono 13 rappresentativi di 41 marchi commerciali.

La ristorazione è predominante con 8 aziende partecipate, seguono abbigliamento con 3 e cura persona/servizi con 2. In totale rappresentano un fatturato di circa 1 miliardo di euro e sono, nella ristorazione, Alice Pizza, Rossopomodoro, Cigierre, La Piadineria, Cioccolati Italiani, My Chef, Dispensa Emilia, Forno D’Asolo. Nell’abbigliamento Conbipel, Pittarosso e Velasca. Nella cura persona/servizi Gruppo Landoll e Facile.it. Dal 2015 al 2021 sono 165 i deal realizzati nel retail con un ammontare investito di 1,668 miliardi di euro su un totale mercato di 2.829 investimenti e 56 miliardi di investimenti (dati Aifi-Pwc). Sono dati che inducono gli investitori a considerare le imprese retail come potenziali target di investimento, a cui è necessario fornire capitali e competenze utili a sostenerne lo sviluppo di multicanalità o di servizi da integrare alla proposta tradizionale, per cogliere le potenzialità che possono esprimere e sfruttare l’attuale rallentamento dei player dell’online, che deve comunque essere interpretato come una leva di business e non come una minaccia. Alla luce di ciò, si impone una riflessione sui due protagonisti, retail e finanza, della rinnovata stagione di operazioni di Pe. Da un lato, vi sono i retailer, baluardo della intera filiera che va dalla produzione di beni primari alla trasformazione dell’impresa manifatturiera che realizza prodotti, riesce a stimolare l’innovazione necessaria a fare evolvere tutti gli operatori a monte. Il retail, in tempi critici come quelli che stiamo attraversando, stimola forme di solidarietà di sistema che partono dall’attenzione per il consumatore per consentire al mercato di calmierare, almeno per periodi di assestamento, fenomeni inflattivi a tutela della collettività.

E per questo è ritornato appetibile. Dall’altro lato vi è il Pe, che guida investimenti per lo sviluppo di eccellenze italiane la cui notorietà e valore hanno contribuito a supportare sui mercati borsistici aziende come Sesa, Italian Wine Brands, Pharmanutra, Digital Value e tante altre. L’esperienza sul campo ha aiutato gli investitori a comprendere l’importanza degli elementi distintivi e della multicanalità. Tuttavia, resta il fatto che i fondi italiani investono solo in Italia e sono ancora di piccole dimensioni rispetto a Paesi come Francia, Spagna e Germania. Nel 2021 la Francia, che guida la top dei best perfomer, ha investito 27 miliardi di euro (+53%) contro i 12,6 della Germania (-16%), i 7,5% della Spagna (+19%) e i 7 dell’Italia (+33% – dati Aifi). I fondi domestici devono dunque cambiare marcia e ambire a operazioni di livello internazionale. Per farlo devono svincolarsi dalla durata dell’investimento e puntare non solo su un progetto a medio/lungo termine che tenga conto delle variabili economiche e finanziarie del Paese dove si investe, ma anche su team polifunzionali in grado di vestire i panni dell’investitore e del manager. “È una sfida - ha detto in conclusione Resca -, che potrebbe permettere il salto di qualità sia della finanza italiana per superare le ciclicità dei singoli mercati, sia del retail italiano per crescere sullo scacchiere internazionale e portare alta la bandiera del made in Italy che tutto il mondo ci invidia”.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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