Colussi: cassa integrazione per 300 dipendenti

- di: Barbara Leone
 
Una lunga storia, che inizia nel lontanissimo 1791 per arrivare sino ai nostri giorni. E’ da allora, infatti, che la Colussi sforna goduriosi biscotti da inzuppare nel caffelatte. E col tempo si sono aggiunti anche cracker, brioche, pan carrè, pasta e riso. Oggi, però, la storica azienda veneziana si ritrova a fare i conti la crisi economica internazionale che si è creata a causa del conflitto tra Russia e Ucraina, e che ha pesantemente colpito l’intero comparto agroalimentare italiano. A farne le spese è stata in particolare la sede di Petrignano di Assisi, dove trecento dipendenti sono stati messi in cassa integrazione per almeno tredici settimane. La mancanza di materie prime infatti, grano in primis, ha messo a rischio importanti commesse sulle linee di cracker e pan carrè. Ragion per cui l’azienda ha deciso per la cassa integrazione dei dipendenti, nella speranza di poter risalire la china. Nello specifico: 337 operai su 345 e 20 impiegati su 70.

Zurino, presidente Forum italiano export: per risollevare l’economia ci vorranno anni

“Come Forum Italiano dell’Export abbiamo lanciato l’allarme sin da subito - ha dichiarato dichiarato Lorenzo Zurino, presidente del Forum italiano dell’export -, fornendo i numeri reali e le conseguenze che la guerra tra Russia e Ucraina avrebbe causato al Sistema-Italia.  Per risollevare l’economia ci vorranno anni. Lo scorso 31 marzo, infatti, la Colussi ha condiviso un percorso di cassa integrazione ordinaria per 300 lavoratori della sede di Assisi, che diventeranno licenziamenti se la situazione non migliorerà. Questo non è comunque il solo caso: secondo i dati di Confindustria il 16% delle aziende ha già ridotto il personale o chiuso. Provate a fare un giro all’interno delle imprese italiane: manca la banda stagnata, mancano le scatole per i prodotti in scatola, mancano gli imballaggi e molte consegne vengono rallentate o addirittura non fatte. Manca tutto il mondo delle materie prime. Provate ad andare in un’azienda italiana che produce auto - aggiunge Zurino - e chiedete quanto tempo impiegano per consegnarle, e questo perché mancano i prodotti che consentono ad un auto di essere costruita. Proviamo a fare un’analisi della situazione industriale italiana ad oggi. Di certo non lascia bene sperare. Chiediamo pertanto un intervento immediato sugli aumenti così da incidere con forza sul problema, facendo sì che si possa salvare il tessuto produttivo italiano. Mai come in questo momento - conclude il presidente del Forum italiano dell’export -, bisogna aiutare le imprese a guardare oltre confine, questa è la chiave di volta”. 

Dai biscotti alla filiera dell’auto: aziende travolte dalla valanga guerra

La Colussi, però, è in buona compagnia (si fa per dire). Ad essere piegati sono soprattutto gli impianti siderurgici e dell’alluminio, cui si aggiunge drammaticamente la filiera dell’auto. Basti pensare che la Lamborghini di Sant’Agata Bolognese ha fermato la linea produttiva della Huracàn a causa della mancanza di cablaggi che arrivano dalla Leoni, azienda ucraina con siti produttivi a Stryji e Kolomyja dove, fino a prima dello scoppio della guerra, erano impiegati 7.000 lavoratori. Mentre l’Automotive Lighting di Tolmezzo, che produce fanali per auto, ha aperto la cassa integrazione per 837 lavoratori (su 930 dipendenti), anche qui per colpa della carenza di forniture dalla Leoni. E’ una valanga, che impietosamente travolge marchi come Bmw, Porsche, Audi, Volkswagen, Alfa Romeo, Maserati e Ferrari. Insomma, la situazione è veramente preoccupante. Confindustria prevede per il 2022 una crescita del Pil pari 1,9%, che vuol dire più che dimezzata rispetto alle previsioni. Mentre se il conflitto dovesse durare più a lungo, dicono gli economisti di Viale dell’Astronomia, lo scenario si farebbe decisamente più avverso. Recessione tecnica, avverte Carlo Bonomi, che necessita di misure strutturali e adeguate. Altro che condizionatori!
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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