Caso Ferragni: ci si sono rotte ben altro che le uova

- di: Barbara Bizzarri
 
Esiste un capo passepartout per esprimere dispiacere via social: è il maglioncino finto dimesso grigio pentimento e ‘made in astuzia’ (avranno assunto pure loro un armocromista?) indossato dalla Ferragni nazionale nel video di scuse da pandoro, tetramente simile a quello sfoggiato dal suo sodale d'ordinanza Soumahoro, il tipo del diritto all'eleganza, ma quanto vorrei vedere lui e le sue ladies arrivate nella Banana Republic senza denti e senza scrupoli, curvi nei campi a due cents l'ora: tutti generosi e piangenti con il cu...ehm, portafoglio degli altri, se fossimo nella Capitale un sonoro ‘tacci vostra, pezzenti che lucrate sul dolore degli altri, non ve lo leverebbe nessuno. Eppure, ancora non si è ancora spenta l’eco dei dolci natalizi che inizia lo stridor di denti sulle uova della Pasqua scorsa sempre sponsorizzate dalla furbetta del socialino, e già mi immagino i discorsi cinici da arricchiti con le pezze al didietro, ‘mettiamoci i bambini che si vende di più’, come gli sfigati che per sentirsi qualcuno mettono le foto dei figli minorenni su Facebook, tanto i bambini hanno sempre mercato. 

La faccenda delle uova di Pasqua di Dolci Preziosi è copia conforme a quella del pandoro Balocco, tanto da far pensare a una prassi consolidata: l’azienda che ha l’incauta idea di piazzare nostra ex signora del bosco verticale sulle uova di Pasqua o su qualsiasi altra cosa che non produca lei sperando in un ritorno di immagine (sai che fortuna) esegue il versamento alla causa prescelta, dopodiché paga anche l’onorario della tizia. Il che, al netto di situazioni drammatiche, in pratica è una doppia beneficenza. Se fossi un Ceo dovrebbero costringermi in ceppi a un simile suicidio mediatico e aziendale, ma Ceo non sono, ed ecco le conseguenze: il Codacons sta preparando un’altra sostanziosa denuncia perché, se le accuse fossero nuovamente confermate, dicono, “ci troveremmo di fronte ancora una volta ad una operazione commerciale della Ferragni mascherata da beneficenza, un vero e proprio inganno a danno degli acquirenti con l’aggravante di sfruttare i bambini affetti da autismo. Una sponsorizzazione che, stando alle indiscrezioni emerse, avrebbe fruttato in due anni la stratosferica cifra di 1,2 milioni di euro all’influencer, a fronte di una donazione “elemosina” di appena 36mila euro in favore del progetto benefico “I Bambini delle Fate”, per giunta eseguita dalla società Dolci Preziosi e non dalla Ferragni, senza alcuna correlazione fra le vendite delle uova e l’entità della donazione. Ci auguriamo che le indagini dell’Autorità confermino la piena regolarità dell’operazione e smentiscano quanto emerso in queste ore sui mass media, perché in caso contrario la vicenda potrebbe costare all’influencer una nuova sanzione milionaria da parte dell’Antitrust”. 

Ora, colei che ignorava Olocausto e Uffizi, dopo aver fatto tabula rasa delle aziende con cui ha collaborato a riprova del suo stato farlocco di imprenditrice di ‘stosocial, da Della Valle a Balocco (dove dalle email interne si intuisce che proprio le società della Chiaretta nazionale abbiano fatto pressione per puntare sui ragazzini, decisione contestata dai manager aziendali), tutte crollate a picco per una che, dubbia come la beneficenza che propina, dice che si è trattato di un errore di comunicazione. Tradotto: continuerò a fare come mi pare, ma col ciufolo che mi sgamate la prossima volta. Anzi, devolvo un milione, quello che ha guadagnato, ergo sta in pari. Del resto, fare beneficenza coi soldi altrui è un vizio di famiglia: e chi se lo scorda il buon Fedez in Lamborghini a distribuire in beneficenza i soldi versati dai suoi followers? Anzi, per quanto lo riguarda, dopo il balletto di dissociazioni e sostegni alla consorte, è arrivata anche un’altra sberla dalla Regione Lombardia. 

“Io e mia moglie abbiamo fatto una raccolta fondi da 4 milioni di euro e abbiamo costruito in 10 giorni una terapia intensiva da 150 posti letto che ha salvato delle vite seduta stante”, aveva dichiarato l’anima bella in un video sui social rispondendo a chi accusava la SpA formato famiglia di fare beneficenza in modo alquanto opinabile. E lui, in difesa della moglie, e pure sua, aveva ricordato le diverse azioni benefiche realizzate, tra cui la costruzione del reparto di terapia intensiva dell’Ospedale in Fiera Milano. Ma la succitata Regione ha fatto sapere che “i posti letto di terapia intensiva ricavati nella struttura realizzata grazie alle donazioni raccolte da Fedez e Ferragni erano 14 e non 150”. Mentre, all’ospedale in Fiera, “grazie alle donazioni di oltre 6.000 donatori privati, anche semplici cittadini, si è potuto realizzare un vero reparto di terapia intensiva con 157 posti letto, che ha potuto ricoverare e curare 538 pazienti”. Nessuna menzione dei due, che, considerata la shitstorm che si è abbattuta su di loro e lo stuolo di esperti che si presume sia al loro servizio, probabilmente hanno pestato i fatati piedini di qualcuno. Intanto, frignando frignando, la blonde salad ha già ripagato la multa e pure la donazione promessa: ma la colpa è davvero tutta di queste facce di triplatolla che per fatturare si venderebbero la madre? 

No, bellezze mie, perché loro fanno il proprio gioco, ma chi li segue che scusa ha? Quindi, la colpa è vostra: che seguite idioti prezzolati, gestiti da chi non potete manco immaginare ma che, a loro volta, in una catena tanto vomitevole quanto infernale vi tirano i fili come tanti burattini, gente a cui permettete di influenzare i vostri figli con le loro famiglie fasulle, di plastica, in vendita al miglior offerente, invece di chiarire a voi stessi e alla vostra beneamata prole che la maggior parte di questi piazzisti andrebbe soltanto presa a calci in culo. E quando volete fare del bene, invece di farvi i video con lo zucchero rosa della wannamarchi del web, comprate due pacchi di pasta e regalateli a chi ne ha bisogno, o pagate una bolletta a chi non se lo può permettere. Altrimenti non meritate altro che farvi trattare da imbecilli dai vuoti a perdere formato social.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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