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Burattini in tenda (ma non da circo)

- di: Barbara Bizzarri
 
Buona notizia: i ragazzini allevati con condiscendenza simile a terrore dalla generazione di genitori più inetti che storia ricordi (la mia) sono finalmente cresciuti. Cattiva notizia: avendo avuto la strada spianata fin dalla culla e l’unico ‘no’ sentito in vita loro è quello che descrive un tipo di teatro giapponese, un’ora in treno per raggiungere l’ateneo dove si ritrovano comodamente parcheggiati in attesa della deflagrazione (italica) finale, li devasta, li distrugge, li annienta. Impedisce loro di affrontare esami e lezioni a mente fresca, impedendo le connessioni neuronali a causa della mancanza di riposo. E quindi, giustamente turbati, i teneri virgulti escono allo scoperto e si infilano nelle tende da campeggio opportunamente piazzate intorno ai vari atenei per dire che no, non ce la fanno più a fare i pendolari, a svegliarsi presto, a fare la vita tapina dei miseri che si alzano al sorgere del sole per andare a lavorare. C’è da capirli se si sentono dei poveri inetti, quando una delle cosiddette influencers, ovvero scappate da casa di vario tipo oppure figlie di portiera di coheniana memoria, frigna che il corriere l’ha svegliata alle 9.30 del mattino (per lei l’alba) e poi torna a fatturare coi tè dimagranti. 

La maga Merlino conduce in tv una sceneggiata in tenda

Eppure, sorge un sospetto e ci si chiede perché, improvvisamente, problemi che affliggono la popolazione italica da anni siano diventati nodi gordiani da risolvere proprio in questa contingenza storica. Natalità colata a picco (avete mai provato a prenotare un asilo al Comune di Roma? Fa passare la voglia pure di avere un paio di pesci rossi a casa, altro che figli), rialzo dell’anidride carbonica, affitti esorbitanti con tanto di Myrta Merlino, sempre pronta a cavalcare l’onda del politically correct, che ai suoi collaboratori tira le scarpe in fronte, però a favor di telecamera si inginocchia per la rava e la fava, per il Black Lives Matters e poi si accuccia in una tenda per solidarietà con gli studenti, dopodiché a lucina rossa spenta se ne torna confortevolmente in quel della sua magione multimilionaria e chi s’è visto s’è visto, roba che se fossi ancora una studentessa mi interrogherei a lungo sul significato di una simile espressione di consenso (da adulta, invece, mi interrogo sul perché ci sia posto per certa gente in tivvù mentre io ancora aspetto il ritorno di Guzzanti. Mistero).  Tregende tutte vere, tutte drammatiche, tutte da segnalare e vox populi vuole che si debba farlo ora, laddove prima c’era soltanto silenzio, dalla penuria dei posti letto agli studenti contrari al green pass e cacciati dagli atenei senza che gli eroi del giorno facessero una piega. 

Resta il fatto che questi villeggianti ad anno accademico concluso, sono sinistramente, in tutti i sensi, simili ai minus habentes degli ecologisti imbrattatori d’arte, quelli che per combattere l’inquinamento distruggono testimonianze storiche di un passato che a quanto pare deve essere raso al suolo per favorire una transizione più indolore da esseri umani a utili idioti, e sorprende che le vere proteste siano state soffocate con mezzi “di cui si verifica la forza ondulatoria” mentre i propugnatori di idiozie faraoniche, invece, pur incapaci di formulare un solo pensiero di senso compiuto, debbano essere ascoltati, coccolati, intervistati, giustificati e santificati in un coro unanime di ‘bisogna capirli’, ergo per loro niente idranti e sindaci con la manina in aria in pose tristemente memori di un passato, quello sì, da dimenticare.  

In Italia il caro affitti è una piaga in suppurazione da decenni, assecondata da una politica senza scrupoli che ha privilegiato, per l’edilizia popolare, migranti e clandestini nel chiaro intento di costruire una base elettorale a discapito degli autoctoni, e il prezzo lo fa il mercato. Una dinamica del tutto ignorata da Ilaria, la prima ad accamparsi davanti al PoliMi, che non arriva, come si potrebbe pensare, dallo Zen di Palermo bensì dalla più vicina Bergamo, e che dopo aver scoperto la situazione disastrosa delle locazioni in Italia (buongiorno, ragazza), proclama: «La battaglia è rappresentare chi non può permettersi una casa a Milano», però sa, sappiamo tutti, che la battaglia vera è far parlare di sé coi soliti metodi dei bambini viziati della democrazia. Una buffonata propedeutica a quello che già accade in Catalogna, dove l’esproprio è già cominciato in ossequio all’Agenda 2030: confisca delle case sfitte da parte dello Stato, allo scopo evidente di attaccare la proprietà privata. La tendenza italica a investire nel mattone all’Europa è sempre stata un po’ sul gozzo, e lo hanno pure dichiarato in tutte le lingue, però, finora, qui da noi trionfa la politica attendista e nessuna risposta chiara e certa se non l’obiettivo di ricostruire i Paesi altrui, mentre L’Aquila e Amatrice ancora piangono. Del resto, è acclarato che, senza azzerbinarsi, ormai non si va più da nessuna parte. 

Dei vacanzieri in tendopoli, diventate rapidamente baraccopoli e svuotate alla bisogna nel weekend perché la protesta va in scena soltanto nei giorni feriali, resta soltanto l’impressione fondamentale di vivere in tempi gattopardeschi e alquanto ipocriti, in cui questi rivoluzionari formato camping, manipolati da individui senza scrupoli, inclusa ArmocromElly che è stata rispedita al mittente con un comunicato dagli echi molto Seventies, saranno sì protagonisti di un cambiamento, ma non quello auspicato.  Purtroppo, se ne accorgeranno appena vedranno gli effetti dei trenta denari con cui sono stati pagati e, naturalmente, sarà troppo tardi, mentre loro inseguono la scia salmastra di sardine varie e compagnia natante, tutti ansiosi di saltare sul Titanic dal lato della politica prima che la barca tricolore affondi.

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